Bosh a Palazzo Grimani

BOSCH A PALAZZO GRIMANI

Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa

19 dicembre 2010 – 20 marzo 2011

a cura di Vittorio Sgarbi

Prosegue l’esposizione di collezioni statali a Palazzo Grimani, con tre dipinti del pittore più visionario della storia dell’arte: Hieronymus Bosch

 

Dopo il grande successo della mostra dedicata alle celebri opere di Giorgione, La Vecchia, La Tempesta e la Nuda, che hanno inaugurato l’apertura di Palazzo Grimani, come spazio espositivo permanente a Venezia, in questa magnifica sede, saranno esposti altri tre capolavori assoluti che da anni non si vedono in pubblico.

 

Protagonista, questa volta, il pittore fiammingo più noto e intrigante della storia dell’arte: Hieronymus Bosch (‘s Hertogenbosch, Olanda 1450 – 1516), di cui si potranno ammirare la Visione dell’Aldilà (1500 – 1503), il Trittico di santa Liberata (1505) e il Trittico degli eremiti (1510), provenienti da Palazzo Ducale di Venezia.

Promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Musei e le Gallerie Statali di Venezia, organizzata e prodotta da Arthemisia Group, la mostra sarà aperta a Palazzo Grimani dal 19 dicembre 2010 al 20 marzo 2011.

 

Il Soprintendente Vittorio Sgarbi ha scelto di rendere accessibile al pubblico tre straordinarie opere di Bosch, due delle quali in deposito da anni a Palazzo Ducale, rendendo omaggio alle opere del sublime artista conservate a Venezia, dove soggiornò con molta probabilità tra il 1499 e il 1502. Per mantenere una linea di continuità tra le collezioni periodicamente esposte a Palazzo Grimani, resterà inoltre allestita la bellissima Nuda (1508) di Giorgione, dalle Gallerie dell’Accademia, e contestualmente, per gennaio, si prepara l’esposizione del Breviario Grimani, volume capolavoro appartente alla Biblioteca Marciana.

Figura molto discussa per la forte carica espressiva nonché per la bizzaria e inquietudine dei suoi dipinti, Jeroen Anthoniszoon van Aken, che si firmava e divenne noto come Bosch, proviene da una famiglia di pittori olandesi e si ditingue per i suoi lavori fantastici, nati per illustrare la morale e i concetti religiosi dell’epoca. Il suo fantasioso immaginario, non sempre di facile interpretazione, si avvale dei Bestiari medioevali e protagonista costante dei suoi dipinti è l’umanità condannata all’inferno per via del peccato. La meditazione sulla vita dei Santi e sulla Passione di Cristo sembrano le uniche vie per riscattare il genere umano dal peccato universale.

Le tre opere esposte a Palazzo Grimani facevano parte della collezione del cardinale Domenico Grimani e giunsero nelle collezioni di Palazzo Ducale dopo la morte del prelato, grazie al suo lascito testamentario alla Serenissima. Il Trittico di santa Liberata e il Trittico degli eremiti passarono per un periodo a Vienna, prima nelle collezioni imperiali fra il 1838 e il 1893, poi al Kunsthistorisches Museum fino al 1919, e fecero poi ritorno a Palazzo Ducale, dove sono attualmente conservate.

La Visione dell’Aldilà si compone di quattro pannelli realizzati ad olio su tavola, forse ali di un trittico, raffiguranti il Paradiso terrestre, l’Ascesa  all’Empireo, la Caduta dei dannati e l’Inferno.

L’opera è assegnata al medio periodo (1500-3) della produzione di Bosch, per via della grande libertà di impaginazione spaziale e per la sofisticata e misteriosa trama di rimandi sapienzali che sostituisce la tessitura allegorica più calata nell’aneddoto delle opere precedenti.

Probabilmente l’artista fu influenzato dal pensiero mistico brabantino dei secoli XIV e XV e in particolare dal clima di tensione rigoristica dovuto all’opera di Jean van Ruysbroeck e al movimento della Devotio moderna. Un testo di Ruysbroeck, l’Ornamento delle nozze spirituali, sembra potersi leggere dietro alle soluzioni iconografiche dei dipinti perché vi si trova la connessione Dio-abisso di luce, qui identificabile nel magnetico risucchio luminoso del tunnel verso cui tendono i beati accompagnati dagli angeli nell’Ascesa all’Empireo.

Un’immagine che lascia ampie interpretazioni in chiave gnostica ma che è altresì l’immagine frequentemente richiamata nei ricordi di chi esce dal coma o per converso nella regressione onirica che arriva a rievocare l’evento della nascita. Il conflitto tra chiari e scuri, fra raffinata crudeltà e felicità estatica si traduce in queste tavole in una grafia rapida e graffiante; ma anche l’orchestrazione tonale si arricchisce rialzandosi di inaspettati balzi luministici, bagliori improvvisi nei cieli e guizzi nell’atmosfera infernale, densa e cupa, che preannuncia gli sviluppi inquietanti dei successivi Trittico delle Delizie (Madrid, Prado) e Tentazioni di sant’Antonio (Lisbona, museu de Arte Antiga).

 

Il Trittico di santa Liberata si compone dei tre dipinti su tavola Sant’Antonio, Martirio di santa Liberata e I viandanti e il porto (1505).

L’opera non presenta problemi attributivi né di ricostruzione, ma ha destato non poche difficoltà di interpretazione  iconografica. L’opinione più condivisa è quella che rappresenti la Liberata, Virgo Fortis, secondo la leggenda condannata al supplizio della croce proprio da suo padre, un re del Portogallo. Anche quest’opera è stilisticamente vicina alle Tentazioni di sant’Antonio di Lisbona e quindi riferibile al periodo di mezzo della carrirera del maestro.

Nella tavola con Sant’Antonio, la bellissima veduta della città nordica sullo sfondo è illuminata, ma non devastata dall’incendio; la tentazione della carne è rappresentata da un piccolo grillo che potrebbe alludere all’omosessualità conventuale.

Nel pannello di destra un monaco pellegrino si accompagna a un soldato dall’aspetto poco raccomandabile. Alle loro spalle si svolgono piccole scene di violenza e sullo sfondo una nave mostruosa, simbolo della Chiesa, corazzata con un aculeo di scorpione e le chele di un granchio, sembra aver massacrato tutte le altre imbarcazioni che le stavano intorno nelle acque di un porto tranquillo. Il monaco, indicando la scena centrale con il martirio della santa, sembra esortare il viator ad abbandonare una vita di violenza e a intraprendere la via della virtù.

 

Il Trittico degli eremiti, infine, si compone dei tre dipinti su tavola raffiguranti Sant’Antonio, San Girolamo e Sant’Egidio. Il trittico subì importanti ridipinture che ne offuscarono a lungo i meriti. La datazione si colloca nel terzo periodo maturo, vale a dire verso il 1510, data la grande importanza del paesaggio, così straordinariamente lirico in contrasto con i turbamenti dei santi eremiti, personificati in piccoli indizi di violenza e di mostruosità, come nelle coeve Epifania o San Giovanni Battista, entrambi a Madrid (Prado e Museo Làzaro Galdiano).

Le piccole dimensioni e la tematica fanno pensare ad un altarolo per devozione privata. Il crocefisso a cui tende il santo sta accanto a una stele in cui la vergine ha conquistato l’unicorno, mentre Giuditta fa riporre la testa di Oloferne sul rilievo architettonico accanto.

Sant’Egidio, nel pannello di destra, forse consolato della sua solitudine dalla timida apparizione di una cerva, viene trafitto da una freccia. Probabile artefice il Diavolo, il misterioso personaggio che lo osserva da una fenditura della roccia.

Nella scena del romitaggio di sant’Antonio, il suo desiderio ha preso la forma di un nudino femminile dall’apparenza dolce e rassicurante ma che si trova accanto ad un albero secco, secondo la cabala simbolo di Lilith, l’anti-Eva. Al di sotto si apre infatti una sfilata della haute couture dell’Inferno, con “grilli” dagli stivati affusolati e vesti ornate di piume di struzzo, o carichi di raffinati gioielli.

Il pensiero dell’effimero che gli eremiti tentano di scacciare dalla loro anima, cercando la salvezza, prende forma all’esterno, in un mondo di incantevole preziosità e nefandezza, fra dirute architetture e idoli misteriosi, fra scheletri e spini.

 

Un’occasione unica dunque e di grande significato resa possibile dagli sforzi congiunti di Soprintendenza, Arthemisia Group e Assicurarte, sponsor dell’evento.

Infoline T 199 500 200

www.arthemisia.it

(fonte: comunicato stampa)

www.polomuseale.venezia.beniculturali.it