“Se non matura la spiga” di ANGELO LIPPO

“Se non matura la spiga” di Angelo Lippo, edizioni Il Raggio Verde


 

Sempre riemerge la secolare domanda cos’è la poesia, serve o non serve, addirittura  alcuni anni fa, in coincidenza del fine millennio, fu avanzata l’anatema o la quasi esecranda certezza che quegli anni sarebbero potuti essere gli ultimi per la poesia, alla deriva ormai nel periglioso mare dei marchingegni tecnologici. Addio alle illustre triadi Ungaretti, Montale, Quasimodo e più vicini Caproni, Spaziani, Luzi e ancora Gatto, Sereni, Pasolini per ricordare appena i segni più vitali colti nei giardini letterari italiani da cui i tantissimi germogli che tuttora contribuiscono alla crescita della poesia. I poeti costituiscono un magma incandescente e la poesia risulta necessaria in quanto permette di <<vedere>> il divenire, ne coglie la necessità dell’esistenza e ritengo che essa continua a circolare liberamente malgrado i divieti, a volte banalmente, nel progresso tecnologico. Si tenta, tuttavia, una collaborazione fra istanza umanistica ed esigenza scientifica, una sorta di convivenza, ma, a mio parere, la lingua poetica è il nostro humus, l’estrema positiva vitale risorsa. Da queste generali considerazioni per entrare nello specifico del recente libro del poeta tarantino Angelo Lippo dal titolo metaforico e significativo <<Se non matura la spiga>> nelle sobrie edizioni “Il Raggio Verde” di Lecce.

<<Nel passo lento dei giorni

ho scoperto le radici del tempo…>>

(da “Con alterna fortuna”)

Anni addietro Giacinto Spagnoletti scriveva di Lippo: <<…Il suo dettato si svolge in un ampio spazio metaforico…inserendosi sino alle più oscure scaturigini nel vasto ambito della natura>>.

Ha ragione Dante Maffia nella prefazione quando afferma: <<Questo suo nuovo volume ha in più il dono della persuasione, quel pacato passo che si conquista con la maturità…La vera poesia nasce soltanto se è frutto di un distillato autentico che arriva dalle radici>>.

 

Ogni poeta è un’apertura linguistica sul mondo e la sua capacità, di Angelo Lippo, è quella di restituirci emozioni, interessi, vibrazioni di vita. Il segno è la parola, il senso è la poesia. Si riscontra nel prosieguo della lettura una sorta di biografia a margine, ma alternata ad altri segni e momenti che allargano sentimenti universali, è anche vero che ogni libro di poeta rivela tracce autobiografiche, ma è anche vero che è la poesia a prendere il sopravvento. Poesia dell’anima, dunque, insieme poesia dei luoghi dove il luogo deputato è la propria città, Taranto, già onusta di gloria magnogreca, ancora bella con il full di <<Tre ponti, due mari, una città: Taranto>>:

 

Purtroppo, <<…Ora qui è più difficile viverci

polmoni rotti dalla diossina…>>

Per colpa di <<viltà inerti>>.

Si eleva altissimo il canto, l’eco del grido che pretende salute e rispetto della parola, la parola del poeta Lippo che è anche denuncia e contestazione, perché chi ama vuole migliorare. Amore e speranze pure in un mondo affollato e globalizzato. Scriveva recentemente Claudia Spaziani, docente della Comunicazione, nel suo articolato saggio sulla cultura tarantina, come Taranto nella continuità col suo passato, può vantare oggi enormi risorse, basta individuarle e lavorare insieme, perché <<la poesia è parte di ogni servizio d’amore>>. Infatti Angelo Lippo è da decenni orientato in queste direzioni, <<.. Questo suo essere uomo ancestralmente legato agli umori e ai sapori della sua terra e del suo mare…>> scrive ancora Maffia.

E ben sappiamo l’impegno di Lippo inteso a promuovere e valorizzare il ricambio generazionale senza fermarsi al dejà vu, per le tante attuali potenzialità e validi fermenti che Taranto sa offrire.

<<Se non matura la spiga>> di Angelo Lippo non vuole essere un bilancio, ma dà conto all’autore e ai suoi lettori di un resoconto vitale e propositivo al di là della cifra poetica altamente lirica e personale, che qualifica il pensiero contemporaneo, che apre spazi di nuova luce, la sua parabola è già iniziata, ai posteri il resto del percorso.

La sua penna è un sismografo sulle pagine, una penna essenziale, allusiva, ritmicamente asciutta, pur fermentando una  irrequietezza malinconica, il poeta pare un solista di jazz col suo sassofono incalzante, contorto e dal coro si eleva con il riff ossessivo portando la parola e le istanze in un volo di note altre.

Credo che l’ode pindarica continua la sua cifra ispirativi nel nostro secolo e Angelo Lippo, poeta moderno, scartando la retorica e l’artificio formale, si ispira alle originarie verità umane e della natura. Ho un sogno che sia ancora la poesia il nostro necessario collante.

Tommaso Mario Giaracuni