Le incantevoli visioni del rococò

Nella Galleria del Palazzo Ducale dei Castromediano a Cavallino dal 21 settembre al al 15 dicembre

Dipinti tra Rococò e Neoclassicismo da Palazzo Chigi in Ariccia e altre raccolte

Si è aperta ieri, sabato 21 settembre, con l’intervento del critico d’arte Vittorio Sgarbi la mostra d’arte “Dipinti tra Rococò e Neoclassicismo da Palazzo Chigi in Ariccia e da altre raccolte”, presso la Galleria del Palazzo Ducale dei Castromediano a Cavallino.

 

Promossa dal Comune di Cavallino guidato da Michele Lombardi e in particolare dal vicesindaco e assessore alla Cultura, l’On. Gaetano Gorgoni, la mostra è curata dal Conservatore di Palazzo Chigi in Ariccia, architetto Francesco Petrucci. Una rassegna nata anche dall’intuizione del Principe Fulco Ruffo di Calabria, si volge alla pittura del Settecento, il secolo dei lumi, l’età d’oro del Grand Tour d’Italie, che ebbe in Roma un focale centro attrattivo per artisti e viaggiatori. Tuttavia, oltre a pittori attivi nella capitale pontificia, sono presenti in mostra anche esponenti di altre scuole, soprattutto meridionali, provenienti o attivi nel Regno di Napoli, altro grande centro culturale del ‘700.

In esposizione 40 dipinti del Settecento, il secolo dei lumi, che ebbe non solo in Roma, ma in tutto il Meridione, un centro culturale di grande attrazione. Ben rappresentata anche la scuola pugliese, con Corrado Giaquinto, nativo di Molfetta, tra i massimi esponenti del rococò italiano, attivo tra Roma, Napoli e la Spagna, dove fu chiamato come pittore di corte.

Le opere esposte provengono in buona parte da Palazzo Chigi in Ariccia, sia dalla collezione Chigi, che dalle donazioni Ferrari, Laschena e soprattutto Lemme.

La collezione Lemme, che segue l’evoluzione della pittura romana in particolare dal Rococò fino al Neoclassicismo, costituisce la struttura connettiva del “Museo del Barocco Romano” di Palazzo Chigi, che ha acquistato con la donazione dei coniugi  Fabrizio e Fiammetta Lemme del 2007 particolare forza e coerenza. La mostra è dedicata alla memoria dell’avvocato Fiammetta Luly Lemme, collezionista e storica dell’arte, scomparsa nel 2005. Sono presenti anche opere inedite provenienti dalla collezione privata di Fabrizio Lemme, “l’avvocato dell’arte”, e da altre raccolte.

A partire dal fondamentale contributo di Voss del 1924 basato su una visione estremamente dilatata del Barocco che arrivava fino a Mengs, numerosi sono stati gli studi che hanno inquadrato in maniera più specialistica e restrittiva la pittura del ‘700.

 

Vari studiosi hanno cercato di definire la pittura romana del secolo, tra “Barocchetto”, “Tardo-barocco”, “Rococò classicista”, “Proto-neoclassicismo”, “Classicismo arcadico”, fino alla coerente affermazione del vero e proprio Neoclassicismo, manifestatosi compiutamente a partire dagli anni ’80, con gli arrivi di Jacques-Louis David ed Antonio Canova.

Effettivamente l’eredità del Barocco fu dura a morire, come ben dimostra il capolavoro del siciliano Francesco Manno raffigurante Carlo Marchionni presenta a Pio VI il progetto per la Sagrestia di San Pietro, appartenuto al papa, che è una fastosa allegoria delle sue virtù.

Una prima sezione della mostra presenta alcuni ritratti di personaggi di casa Chigi, tra cui il ritratto eseguito da Domenico Duprà del Principe Augusto Chigi in veste di Maresciallo di Santa Romana Chiesa e Custode del Conclave, la più alta dignità laica dello Stato Pontificio che la famiglia ha detenuto ereditariamente fino a Paolo VI. Notevoli gli autoritratti di Marco Benefial e Francesco Trevisani, oltre ad un intenso ritratto di Laura Altieri di Pier Leone Ghezzi.

Sono presenti prezioselivree di servitori e abiti d’epoca appartenuti alla famiglia Chigi.

Alcuni artisti sono esponenti della cosiddetta “scuola mista”, per la loro formazione partenopea e romana. Paolo de Matteis, seguace a Napoli di Luca Giordano e a Roma del Morandi, molto documentato con vari suoi quadri e pale d’altare in Puglia, è in mostra con due dipinti, tra cui la sensuale Danae, unica sua opera sino ad oggi ricomparsa del periodo francese, che manifesta l’influsso esercitato dal pittore napoletano su artisti come Boucher e Fragonard.

Esponenti di spicco del rococò furono Francesco Trevisani, di cui è esposta un’inedita Betsbea al bagno, e Sebastiano Conca, artista di cultura napoletano-romana presente con quattro dipinti. Fu allievo di entrambi Andrea Casali, attivo per molti anni in Inghilterra ove ebbe un considerevole successo, di cui esponiamo un bozzetto per la Cappella Ottoboni in San Lorenzo in Damaso a Roma.

Il pugliese Corrado Giaquinto, nativo di Molfetta, fu tra i massimi esponenti del rococò italiano, attivo tra Roma, Napoli e la Spagna, ove fu chiamato come “pittore di corte”. In omaggio alla Puglia sono presenti in mostra cinque suoi dipinti, tra cui due bozzetti inediti ed uno a lui attribuito in questa occasione, idea preliminare per l’affresco realizzato dall’allievo siciliano Vito D’Anna per la volta della chiesa di Santa Maria del Piliere a Palermo.

La corrente marattesca, che ebbe un grande peso sulla pittura tardo-barocca romana e l’interpretazione in chiave classicista di quel linguaggio, è rappresentata da opere di Giuseppe Bartolomeo Chiari, Agostino e Lorenzo Masucci, che diffusero quei modi anche oltre la metà del secolo.

Il proto-neoclassicismo è espresso da due capolavori: Ettore e Andromaca di Francesco Fernandi detto “L’Imperiali”, dipinto attorno al 1740 e che sembra già opera neoclassica, e l’impressionate San Bartolomeo di Pompeo Batoni, massimo pittore del ‘700 romano e uno dei maggiori del secolo, richiesto da committenti inglesi, tedeschi e di tutta Europa. Il dipinto, che ripropone la rara iconografia michelangiolesca del santo che tiene la propria pelle scuoiata,è l’unico esemplare tornato in Italia della famosa “serie degli apostoli” della collezione Merenda di Forlì. Gli altri sono negli Stati Uniti e in Inghilterra.

Si inquadrano tra pittura tardo-barocca, rococò e classicismo, le opere in mostra di Michele Rocca, Marco Benefial, Antonio Mercurio Amorosi, Stefano Parrocel, Domenico Antonio Vaccaro, Paolo Monaldi, tra cui spicca la raffinata Allegoria della Pittura di Franceso Mancini, che fu anche Principe dell’Accademia di San Luca, opera a lui appartenuta  ed esposta alla prestigiosa mostra del Pantheon del 1750.

La dinastia degli Stern, famiglia di artisti e architetti romani di origine bavarese attivi dal ‘700 al ‘900, è rappresentata da una Veduta della piazza di Corte di Ariccia di Giovanni Stern e una elegante Diana ed Endimione di Ludovico Stern, esponendo singolarmente il quadro e il suo bozzetto provenienti da una collezione privata inglese.

Chiudono la mostra e virtualmente il secolo le opere di Antonio Cavallucci e Giuseppe Cades, due talentuosi e originali artisti difficilmente inquadrabili in correnti e scuole precise, sebbene attivi nel periodo neoclassico, che rappresentano con la loro produzione il declino del Barocco e il volgere della pittura romana verso istanze preromantiche e ottocentesche.

Infine, una sorta di mostra nella mostra, l’esposizione di un libro monumentale contenente i progetti di Luigi Vanvitelli per la realizzazione della Reggia di Caserta (piante, sezioni, prospetti…). Si tratta di un’opera editoriale di grande importanza artistica e storica. A tutti gli effetti costituisce un capitolo rilevante dell’impresa che riguarda la costruzione di uno dei più grandiosi e significativi monumenti architettonici del ‘700. Dedicato a Carlo di Borbone e stampato nel 1756, il volume divenne ben presto una rarità, richiesta in tutta Europa da principi, sovrani e collezionisti.

La mostra resterà aperta fino al 15 dicembre.

(fonte: comunicato stampa)