La poesia di Lara Carrozzo

I Luoghi della Parola/spazio recensione

Quando l’eco è luce.

Ovvero: nel rimbalzo è il riflesso

di Francesco Pasca

 

Oggi vado per Alchimie di eventi (che) “scan-da-glià-no bi-sb[i]-glì(i)/e fruscii, in movimento/…” (fra e dove) “… Il dinamismo primordiale/dello specchio atavico/scandisce i battiti/sul pentagramma emotivo …”

Sono sul come poeta Lara Carrozzo e leggo di Luce, di Poesie per altri “moventi”.

 

Oggi cerco particolari per altre cause che possano spingermi a compiere un’azione nel riflesso.

Non propriamente “i moventi” così come utilizzati da Lara Carrozzo e descritti da Emma Favia, per poesia nel PLUS, per scrittura di poesia di Bhoomans Editore.

I miei non saranno “della storia”, e non per agire nel contraddittorio, ma, più semplicemente, per mordere meglio nel diverso e rigenerarmi nell’assecondare con la voglia di lettura, per trovarmi in amore|dolore|meraviglia, per il silenzio dei, nei particolari.

Nella mia precedente recensione, per le liriche di più suono, in quel cercare “rumore” per scrivere, terminavo nel suono che s’attende alla luce di un tuono. Era il presagio del prima nel dopo.

Ero certo che ci sarebbe stato e voluto, anche costruito, il necessario per assecondare altro ritmo poetico, il primario usato al “bianco” e sedimentarlo, costringerlo al plus.

Da premessa emerge che, per leggere poesia occorre predisposizione. Non è semplice trovarla se è da essere per solo diversificare. Mi “spiego”. Cioè volgo il pensiero nel verbo di quel transitivo, di un detto necessario con: per “Chi?” e come fosse l’imperativo del leggere! Interrogarsi: Per “Cosa?” e giungere al secondo imperativo, scrivere!

Ottenere è l’aprire, il voltare le pagine, per cantare, e la soluzione è presto trovata.

Necessario il tempo, è l’indispensabile del supporre, ma si è già dinanzi all’accomodamento, proprio in quella predisposizione.

Per dove? Sì, proprio nei primi versi, in dissolte esistenze, lì, dov’è descritta per mia |pre …|, dove ritrovo le mie ossessioni di scrittura in lettura. 

Lara me le concede, da subito, nel 9° verso, dove “immergono/l’intimo (mio) mosaico dell’anima, …”.

Breve o lunga che sia stata, ch’è la premessa per una lettura, con calma ho digiunato su tutte le poesie di Lara Carrozzo. Ho voluto percorrere il dapprima, il colmo del volutamente per mordere meglio e ritornare a riempirlo.

Infatti, finito il percorso dei miei settantatré passi, compiuti per le liriche di una voragine emotiva, la motivazione nell’ossessione per il digiuno l’ho trovata.

Non è accaduto per merito mio. Le molliche per nutrirmi erano già state lasciate da un Pollicino tra le eco di luce in un fucsia brillante, adagiate indifferenti per come può cadere una mollica di pane, forse come per essere virgola, come pausa leggera.

Chiedermi il perché di quella luce colore era nell’ovvio, era del |ri|leggere|.

Infatti, per me che “piccio e in me bisticcio” per rendere, non solo il “ma” alla parola o al suo colore, erano più semplicemente i colori, lì, per sosta “obbligata”, non per riposo.

Lara aveva predisposto nel suo incrocio verbale due plus stop indispensabili.

Il primo nei versi: nei particolari(pag..81). Il secondo in La bambola (pag.87). Ciò accadeva non per solo guardarsi intorno ma per cadervi, come può (accadere|cadere): “Nei particolari dello sfondo mondano/” (ed) “ho denti aguzzi/per mordere meglio/il letamaio acerbo/di questo strano mondo/che non denuncio, /in assenza di tribunali reali.”

Bene! L’inciampo è stato un ottimo mostrarsi poetando nella forza e nella disperazione. Sette sono stati i versi da me mordicchiati nell’aguzzo, tanti quanti possono essere i dolori per spade che trafiggono nel cristiano e nel laico.

Francesco d’Assisi è quel:” Nell’eterno ritorno dell’alba/entrate, nella dimensione dell’attesa/e mangiate il vostro ‘dentro’/sino alla frutta.”

Alberto Moravia è quell’uguale esordio, il come può essere in: “Guardate come si dilegua la verità/povera e innocente/dinanzi all’emisfero cronico dell’indifferenza.”

Versi pieni, dunque, e indispensabili per additare i particolari di una chiave all’indefinito mondano.

Il mio “obbligato”, secondo abisso, è in La bambola. La bambola artefice e vittima.

Da sempre è l’effimero, la trasposizione per un gioco al femminile. Per la bambola è il gioco del vestirla e denudarla, pettinarla, parlarle, coccolarla in mille e una ninna nanne, smontarla per ricostruirla, etc.

Lara invece va oltre tale egoistica umanizzazione, l’aggredisce nel suo stereotipo con: “No … sta fingendo, /si nasconde dietro gli alberi …/una schiera indefinita di alberi/che sussurrano…”

Fa meraviglia la scrittura che tratta delle umane biasimevoli cose del mondo e le attribuisce al disincanto, alle colpe di un esercito schierato, ad una bambola e al contempo pretendere altre visioni: “Uomo senza accento sfiora/il deserto del desiderio/e inciampa come la bambola …”

La poesia può. Tutto questo … è il suo surreale: “il cerchio non si chiude mai/mentre tu sorridi parca /d’avanzi interminabili d’amore.”(pag.92)

Può farlo se è: Nel (rim-bàl-zo) ch’è il riflesso (di una eco)di più Luce.