Diario di un brutto anatroccolo approda in Romania

Continua la tournée internazionale dello spettacolo “Diario di un brutto anatroccolo” della salentina Factory compagnia transadriatica e della modenese Tir Danza, per la regia di Tonio De Nitto e la collaborazione al movimento coreografico di Annamaria De Filippi. Domenica 8 ottobre lo spettacolo sarà presentato (con una doppia replica alle 11 e alle 18) sul palco del Teatro Comic Opera di Bucarest nell’ambito del prestigioso festival internazionale di teatro per ragazzi “100, 1000, 1.000.000 Stories”. A luglio lo spettacolo ha conquistato, invece, due importanti riconoscimenti al Festival di Teatro Ragazzi di Kotor in Montenegro, una tra le più importanti manifestazioni europee dedicate al teatro per bambini e giovani. Lo spettacolo si è aggiudicato il premio della giuria “Città di Kotor” e il riconoscimento per la migliore interpretazione con Francesca De Pasquale, l’anatroccolo-cigno protagonista con Ilaria Carlucci, Fabio Tinella e Luca Pastore.

Diario di un brutto anatroccolo – che ha già all’attivo una sessantina di repliche nei principali festival e teatri italiani e che nei prossimi mesi sarà, tra gli altri appuntamenti, alla Fira de Igualada di Barcellona e al Festival vetrina internazionale Segni d’infanzia di Mantova – coniuga il teatro e la danza a partire da un classico per l’infanzia di Andersen. Uno spettacolo attraverso il quale Factory continua l’indagine sul tema della diversità/identità e dell’integrazione attraverso un linguaggio semplice ed evocativo.
 Un anatroccolo oltre Andersen che attraversa varie tappe della vita e compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di se stesso e del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso. La nascita e il rifiuto da parte della famiglia, la scuola e il bullismo, il mondo del lavoro, l’amore che arriva inatteso e che presto può scomparire, la caccia e poi la guerra come orrore inspiegabile agli occhi di chiunque, tappe di un mondo ostile, forse, ma che resterà tale solo sino a quando il nostro “anatroccolo” non sarà in grado di guardarsi negli occhi e accettarsi così come è, proprio come accade all’anatroccolo della fiaba di Andersen che specchiandosi nel lago scopre la propria vera identità.