Il linguaggio in movimento

Todos Marxistas di Gianni Cervetti 


 

di Francesco Pasca

Chi legge sa che non sempre è facile leggere, e, che ciò non è dovuto al tempo, alle opportunità che non soddisfano o non solo per una pratica di mancato esercizio ma, soprattutto, per la complessità degli argomenti e per il nostro continuo guardarci nello specchio con la speranza di trovare soluzioni che si materializzino. Non è pratica voyeuristica di Narcisi lettori, piuttosto di necessità, trattandosi di letture che rimandano ad altre letture, di testi, almeno per me, rincorsi con conoscenze parziali o mancanti per un totale sapere-scrittura. Comunque, è inesorabile. Pare, a volte, che sia passato molto tempo da quando i libri e i manoscritti giravano per l’Europa. Suppongo che abbiano viaggiato anche per mare oppure a dorso di muli. Se ne avessi il coraggio, alla luce di tanto, dichiarerei la significazione di una non “globalizzazione” e mi preoccuperei di affermare di una cultura, di una letteratura, di un’arte molto vicina ad un’istituzione plurimillenaria che ha avuto radici in un’accezione.

Chissà se, per secoli, abbiamo lottato e spesso anche vinto.

Il testo che mi è capitato tra le mani è di Gianni Cervetti. Me lo ritrovo da tempo, donato da un amico. Proviene da un tempo per me insolito per una lettura. Infatti, qui il tempo ed il sapere scrittura sono stati lunghissimi per un linguaggio in movimento, che sfugge se non lo si insegue.

Todos Marxistas è il titolo per le Edizioni Ravello di Milano. A me è toccata la 200/275, di copie in tiratura limitata. Per la precisione: Stampato in 300 esemplari di cui 275 contrassegnati in numeri arabi e venticinque in numeri romani, carattere Bembo “Monotype”, stampato dall’officina Olivieri in Milano su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni.(marzo 2010).

La precisazione diventa l’obbligo, me lo ha insegnato sempre lo stesso amico che me lo ha donato. Così, come è obbligo addentrasi con cura nelle 178 pagine del testo abilmente introdotte in copertina da Marina Scognamiglio con una bella grafica di natura classica e dalla presentazione dell’autore che ne ravvisano, immediatamente, la caratura dell’opera.

La presentazione è dei e per “I germogli de L’Esopo”(5), definiti “altri scritti di bibliografia”.

Il primo dei non “arcani” è svelato.

L’Aldus Club riunito come cerchia ristretta di amici estimatori e di un’accurata stampa bibliografica, poteva osare, può osare ed estendere il canonico numero venticinque di manzoniana memoria in un numero pubblico di lettori allargato.

Cervetti è così che fa nascere Todos Marxistas nel 2008. Con una raccolta di nove presentazioni e ricerche. Da bibliofilo parte dal centro del mondo. Inizia dal “Capitale” di Karl Marx, dalla sua “recensione in ritardo” così la chiama.

Cervetti dalle ultime vicende dell’economia globalizzata, riprendendo la dichiarazione della casa editrice berlinese Karl Diez: “Marx è tornato di moda”, ne fa e ne riprende la storia.

È interessante la premessa-descrizione sul come può avvenire, è avvenuto l’approccio al Capitale. Come si sa, ogni pensiero filosofico ha la sua Scuola. Cervetti implacabilmente ne sottolinea non solo le diversità ma anche le incoerenze. Citazione dopo citazione, nome dopo nome costruisce la mappa, passa e approda dalla prima alla terza delle Scuole di pensiero non perdendo di vista il presente. Nomi e fatti sono condensati abilmente e, quel presente, così lo riconduce nella prima parte. Ne estrapola i fondamenti e ne riporta un fatto di recensione, ritenuto anonimo e rinvenuto nei fondi di una vecchia biblioteca milanese:

in un tempo che tutti portiam pericolo d’essere annegati in un diluvio di inchiostro, e in cui i pensieri, fatti, dottrine, sentimenti, come vapori estivi, piglian forma e apparenza secondo l’ora che corre e l’aria che tira, codesta storietta del proletariato lavoratore salariato, che presente e prepara la rinnovata libertà per l’umanità intera, farà, crediamo, l’effetto d’un sorso di vin vecchio e schietto su d’uno stomaco dilavato dai beveroni d’acqua cotta […] Ancor più furono progresso la manifattura e la fabbrica perché, liberati il contadino, l’artigiano, il genere umano dalla servitù della gleba, abbatterono il muro alle forze della produzione, e le industrie divennero crescenti, e le comunicazioni raddoppiate …”.

Naturalmente, Cervetti ne fa una ricerca linguistica per potersi ricondurre all’autore e, trattandosi di parole, non può che rivolgersi al loro uso, al termine proprio di un periodo o di altra citazione utile per ricondurre. Può esserlo Giambattista Passerini perché riconducibile ad una periferia milanese nel 1923 e a tant’altre indicazioni di carattere filologico. Lo stesso Passerini può non esserlo per l’identificazione temporale del 1864. Può  essere Cesare Correnti per i termini di “scilinguagnolo”, “svegliarino” e “ruotaje”, nonché per la sua “temperie rivoluzionarie del ‘48” e per quant’altro è a lui riconducibile. È affascinante la ricerca storica se pur terminando con l’affermazione:” Peccato. Ma così vanno il mondo e lo stesso faticoso processo della conoscenza.”

Ma il linguaggio in movimento è tale, aggiungo, e, come tale, non può che essere “Argonauta in biblioteca”. Questo il secondo pezzo di pag. 35. L’archeologia è bibliofilia, e, Godart, è il tramite di una scoperta, di un ritrovamento alla Schliemann di uno Schliemann, la possibilità di far diventare la scrittura “Oro di Troia”. È l’antagonista che è costretto a vivere in un presente dove tutto si produce unicamente in funzione di una ricerca. È anche il puntualizzare l’esistenza nei confronti del presente apocalittico, perché di questo si tratta ed è, oltretutto, ricacciare la cultura globalizzata e consumistica spesso evidenziata da una letteratura di solo rottura ma non d’avanguardia. Il bibliofilo in questa consapevolezza è alla ricerca della scrittura etichettata della “letteratura di nicchia” altamente ricercata e colta.

Dunque, per tutto questo, i venticinque sono gli argonauti ed i poeti, scrittori e stampatori il vello d’oro. A volte, anch’essi poeti,scrittori,”stampatori”. Sono chiamati, nella e per la ricerca, a reprimere sempre più l’ignorante e l’assente e a distinguere il bibliomane dal bibliofilo. La loro condizione è una condizione di “privato” che spinge, verso altri confini e la loro libera espressione di cultura è simile alla lineare A di origine minoica. Nell’Oro di Troia, parafrasando Godart, diventa il ricordo all’archeologo-scrittore che, se il Segno è Sogno, vi troverà l’attestazione della scrittura nei Luoghi Omerici. La differenza è che per Godard vi è l’archeologo-mercante a desiderare ardentemente:” Avrei dato cinque anni della mia vita per trovare un’iscrizione” diceva l’archeologo tedesco dinanzi alle pochezze architettoniche rinvenute ad Itaca. Nell’andare per scrittura occorre ricordare. La reminiscenza diviene avvertenza. Occorre precisare la formazione di un bibliofilo, la sua natura non è lineare nel percorso è tortuosa, non consente d’essere in un inizio, sebbene, sia l’infanzia e la giovinezza a determinarlo.

“Natura non facit saltus” sibila come il vento la scrittura negli scaffali delle biblioteche della Milano popolare del 1930. Delicatissima è la descrizione di quel Luogo, del caseggiato al numero civico 10-12. Da pag. 52 a pag. 75.

L’argonauta diventa astronauta, vola come Icaro sui frastagliati Balcani, dita protese con braccia attaccate al Continente. Il Continente diventa la metafora del libro a stampa che, per i bibliofili dell’Aldus Club, e non solo, non può mai morire o restituire uno sterile linguaggio binario il cui battito d’ali farebbe precipitare l’Icaro lì sospeso. La buona gratitudine è del Gutemberg di Festos  o di chi vi si dedicò con quelle mani nella realizzazione dell’antica iscrizione su argilla, dell’enigma delle 242 successioni di un Segno in un Sogno. Il primissimo uso di caratteri mobili della storia sono lì come risultato sulla superficie di un disco, è il primo supporto neolitico di cui l’oro ne diventa il probabile esecutore. Anche qui la descrizione è eccelsa tra geroglifica, lineare A e B. Di quest’ultima, interessante è il Daidaleionde, tradotto: “verso il santuario di Dedalo”, palpabile testimonianza rivolta non ad un Dio ma al Mito dei Miti. Dai labirinti alle chiavi per sortire, per eludere chi costringe il passo è breve. Appaiono a pag. 93 le “Astuzie Machiavelliane”. Qui vi è il “Principe” o meglio il “De Principatibus”. Le politiche editoriali o a se prese come linee “Politiche” e linee “Editoriali”, diventano la discussione. Allorquando si inizia ad occuparsi del mercato letterario, della distinzione o commistione fra letteratura e politica in una atmosfera di dominio economico, del distinguo dalle armonie incantevoli e dal voler e dover “riconquistare la distanza”, così come in un controllo d’intrattenimento all’effimero.(1594, il nipote Giuliano di Paolo IV emette:”prohibite et dannate tutte le sue opere”, riferendosi al Machiavelli.) Anche in questo paragrafo l’inappuntabile bibliofilo Cervetti, traccia la corsa di fatti, di nomi e di libri la cui astuzia editoriale riesce a conciliare e a diffondere l’Idea, per la gioia dei librai, degli antiquari e dei bibliofili divenendo risvolti.

Ci sono libri che possono esser letti senza capo né coda, che si possono scorrere anche all’incontrario partendo nel e dal mezzo o a caso, me ne sono passati tantissimi tra le mani. Todos Marxistas è scritto nel rigore di un Saggio e ne segue la logica di ricerca, di disposizione archeologica repertata. Infatti, a pag. 109, l’autore quasi esordendo con le parole di Totò: “castigat ridendo mores, ridendo castigo i mori”  se se ne scusa di un’inopportuna, a prima vista stravaganza, e riprende poi con “… prendiamo un po’ da lontano e, almeno all’inizio, troppo seriosamente.” Definendo, l’inizio, del suo “Totò e il Cavaliere” storiografia controfattuale. La storia fatta dai se, da far girare all’indietro, da far ritenere giusto quanto vi è di errato e così via, anche qui, trova l’humus per una ricerca bibliografica. “ Se Lenin non avesse fatto la rivoluzione”, “se Ponzio Pilato avesse liberato Gesù”, etc …

E, per finire: «Se, appunto. Ma le cose sono andate e vanno diversamente. E per modificarle …» “Audax fortuna Juventus”( dal film di Totò: Chi si ferma è perduto). Dicevo di un continuum, a pag. 123 inizia con un divertissement, con un “de intelligentia atque stupiditate”.

Cervetti asseconda Umberto Eco e Mario Scognamiglio su le “fantasiose invenzioni letterarie”. Un volumetto apparso il 28 settembre 2017 con uno pseudonimo – Maledetto Testa – alias – Benedetto Croce edito da Laquarta – alias – Laterza. “come nacque e morì l’intelligenza in Italia – de intelligentia atque stupiditate”. Meritoria è l’esposizione sintetica raggruppata-distinta in quattro capitolini in cui due acerrimi nemici combattono. Questi sono: l’intelligenza e la stupidità. Diciotto pagine con un finale interrogato su chi si nasconda sotto tale pseudonimo. Imprevedibile la risposta? Di fatto i buontemponi dichiarano:«Comunque, dell’opera rimane il contenuto scientifico, del quale ci sentiamo, senza tentennamenti, di giurare.». Scivere a quattro mani deve essere divertente. Laquarta approva.

Continuando, l’ameno sull’a-meno non dà meno. Così, il “ridateci una politica antica” non riformula un “ridateci una politica nuova”. Pertanto, si ritorna all’Europa e al Mondo globalizzato, all’omologazione, al livellamento e a quanto di contro può esservi. Qui le note di pag. 145, 148, 149, 152 e 153 sono determinanti, agganciano la realtà storica e si fanno ancor più Storia in un “grido di dolore” suscitato dalla “metropoli milanese” e, fra il serio ed il faceto, diviene i versi del Venticinquesimo (guarda caso ancora il numero venticinque).

È il Canto dell’Inferno, (Cerchio ottavo: fraudolenti, Bolgia settima, i ladri). Colloca quel grido di dolore partito dai venticinque quando Dante scolpisce la figura di Vanni Fucci con :«Al fine de le sue parole il ladro le mani alzò con amendue le fiche, gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!». È la trasmigrazione delle parole al Cielo. Qui è ancora l’abilità linguistica ed il trovare il “fiche” medievale e dantesco diversificato tra singolare e plurale, tra maschile e femminile. Un altro divertissement pronunciato tra il 1612 ed 1729, tra Giovanni Alberti, Domenico Maria Manni e Giovanni Villani, tra l’Italia e la Russia e terminando con la meraviglia: «quanto sono varie e articolate le vie e i modi dei rapporti tra lingue e i popoli!»

Ho letto un testo complesso, utile, capace di farmi continuare nella ricerca, che m’appare e consiglia. Vale la pena di farlo leggere a più dei 300, ma la legge del bibliofilo è l’archeologia e, come tale, va rispettata così come recita il Colophon.