Il Fondo antico della Biblioteca di S. Pietro d’Ostuni

 

La ricerca dettagliata e meticolosa di Maria Grazia Barnaba, giovane studiosa salentina

IL FONDO ANTICO DELLA BIBLIOTECA DI S. PIETRO DI OSTUNI

Fondamentale il ruolo dei monasteri nella diffusione del libro e della cultura

Maria Grazia Barnaba, giovane studiosa ostunese, ha recentemente vinto il primo premio nella sezione tesi di laurea della sesta edizione del premio cultura “Città di Ostuni”, intitolato a Leonardo Mondadori. Il suo lavoro è stato incentrato sul “Fondo antico della biblioteca delle Benedettine di S. Pietro in Ostuni”.

Negli ultimi anni le biblioteche dei monasteri hanno riscosso un particolare interesse da parte di molti studiosi proprio perché permettono di ricostruire il cammino che lega la diffusione del libro al livello di cultura e di erudizione presente nei monasteri stessi. E la “Biblioteca delle Benedettine di S. Pietro di Ostuni” (prima metà del XVI secolo) ne è un sostanzioso esempio. Il Fondo Antico di questo monastero, fondato nella prima metà del XVI secolo, è stato l’oggetto dello studio e della catalogazione di Maria Grazia Barnaba. Adesso, proprio grazie a questo lavoro – raffinato e certosino – è possibile tracciare un quadro delle influenze esercitate all’interno dello stesso monastero (si pensi, in particolare, a quelle gesuitiche), ma anche ottenere nuove notizie sulla circolazione nell’Italia meridionale di un testo particolarmente discusso quale “La mistica città di Dio” della spagnola Maria D’Agreda. Lo studio e la catalogazione del Fondo hanno riguardato 187 unità, di cui 159 settecentine e 28 secentine.


L’allestimento delle stanze da destinare a biblioteca del monastero delle Benedettine si deve alla badessa Anna Attanasio. Prima del suo intervento, nel 1982, i circa dodicimila volumi presenti non avevano trovato un’adeguata sistemazione. L’intervento della badessa ha riguardato gli ambienti posti al piano terra della struttura, per lungo tempo destinati a deposito di legname: una volta rimesse a nuovo, quelle stanze sono state arredate con tavoli e scaffalature. In particolare, i libri dei secoli XVII, XVIII e XIX (tutti annotati nel registro d’ingresso da suor Gemma Semeraro) sono stati posti in due scaffali con le ante a vetro, ciascuno di sei palchetti, in un piccolo vano alle spalle del coro. Nello stesso locale, un piccolo armadio, che conserva i documenti d’archivio.

Difficile, se non impossibile trovare notizie certe circa la nascita e i successivi sviluppi della biblioteca. Si sa comunque che, negli anni Sessanta, un benedettino del monastero di S. Maria della Scala di Noci, chiese ed ottenne dalle suore ostunesi di poter portare via diverse antiche edizioni; solo successivamente ne fu chiesta la restituzione, tramite l’abate Ludovico Intini. Come fa notare la giovane studiosa ostunese, la restituzione avvenne, però, solo in parte, perché il monaco era stato, nel frattempo, trasferito e non vi era alcun timbro o indicazione di possesso che potesse far riconoscere i libri appartenuti al monastero.

Lo studio di Maria Grazia Barnaba sottolinea la totale assenza d’incunaboli e cinquecentine: il che risulta essere piuttosto insolito, trattandosi comunque della biblioteca di un monastero fondato nella prima metà del XVI secolo. Per questo è possibile soltanto formulare delle ipotesi per ricostruire l’iter che questi volumi hanno percorso nel corso dei secoli. Comunque, la più antica testimonianza di possesso, la dott.ssa Barnaba l’ha rinvenuta su “Il cammino spirituale”dell’abate Ercole D’Aiello (1605), dove si può leggere che un tale Ferrante Bisanti era nato alle idi di luglio del 1571.

Nella Biblioteca delle Benedettine di S. Pietro in Ostuni ci sono molti volumi che provengono da Francavilla Fontana: tra questi, l’opera di Daniello Batoli, “De’ simboli trasportati al morale” (1676) e l’opera postuma del gesuita Quirico Rossi, “Panegirici” (1763). Di rilievo anche l’opera in cinque volumi di Maria de Agreda, comprendente anche la sua biografia scritta da padre Giuseppe Ximenes Samaniego, che faceva parte della biblioteca privata di Orazio e Francesco Domenico Mita. L’opera, che fu pubblicata dallo stampatore vescovile trentino Giovanni Parone, passò successivamente nelle mani di Maria Giuseppa Patrelli, benedettina che dimorò nel monastero ostunese dal 1702 al 1751, anno della sua morte. La Patrelli, peraltro, fu anche badessa dal 1744 al 1750. Una copia dei tomi II e IV di quest’opera è appartenuta a suor Maria Giuseppa Scandelari, nata ad Oria nel 1798. A ventidue anni cominciò il noviziato presso le Clarisse di Mesagne, per diventare, poi, monaca corista nel 1821. Alla stessa risulta essere appartenuto “Il ritiro per gli esercizi spirituali di dieci giorni”, del frate Lorenzo Fantauzzi (Napoli, 1759).

Sempre alla Patrelli risulta appartenuta un’altra imponente opera, ovvero i quattro tomi delle “Considerazioni cristiane per tutti i giorni dell’anno”, del gesuita Jean Crasset, stampati a Venezia tra il 1713 e il 1716. Al sacerdote Giovanni Felice Cellie risulta, invece, essere appartenuto l’importante trattato di teologia “L’Uno necessario”, scritto dal gesuita Benedetto Rogacci e stampato a Venezia nel 1738: si tratta di tre volumi che comprendono cinque tomi. Del Cellie anche la raccolta di “Prediche varie”, dello spagnolo Antonio Vieira, stampata a Venezia nel 1763.

Per il resto, come si evince dalla meticolosa analisi di Maria Grazia Barnaba, la maggior parte dei volumi conserva l’indicazione di possesso al monastero di S. Pietro, come comunità o come singole religiose dello stesso. Sono, invece, diverse le circostanze in cui queste sono venute in possesso dei libri: singolare e significativa, per esempio, la nota trascritta l’11 agosto 1851 su “La vita di S. Francesco Saverio”, del gesuita Giuseppe Massei, dalla piccola Rosina Longo, educanda del monastero, che dice, testualmente, di avere l’età di anni “12, un mese, 4 giorni, 9 ore”. Altri libri, poi, contengono le annotazioni dei vari “passaggi di proprietà”degli stessi testi: per esempio, Maria Giovanna Nisi scrive di aver ricevuto in dono nel 1830 dal suo confessore Pasquale Moccia di Erchie le “Meditazioni sacre sopra i Santi dell’Ordine di S. Benedetto” (Napoli, 1726); alla sua morte (1876), il volume è passato nelle mani di suor Angela Raffaella Ayroldi, la quale, nel 1899, lo ha venduto alla badessa Rita Solazzo.

In conclusione, il lavoro di Maria Grazia Barnaba valorizza in maniera definitiva la ricchissima biblioteca delle Benedettine di S. Pietro, riconducendola al suo fondamentale ruolo storico e culturale: un patrimonio quasi del tutto sconosciuto, fino a poco tempo fa, che adesso, però, “viene alla luce”, tornando ad essere fruibile per chiunque abbia a cuore la storia e la memoria della nostra terra. (Gabriele De Blasi)