Braccianti
Essere testimoni di ciò che è stato senza la pretesa di insegnare.
Braccianti, la memoria che resta
Antonietta Fulvio
Parole e gesti sono il filo e la trama per costruire un teatro della memoria. Una memoria viva perché ciò che accadeva ieri accade ancora, sotto scenari diversi, con protagonisti diversi. Dalle pagine di un libro fatto di testimonianze, da filmati, vecchie bobine in fase di smagnetizzazione, spiega l’attrice Micaela Sapienza – nasce lo studio, il progetto che porta alla realizzazione di Braccianti la memoria che resta di e con Enrico Messina e Micaela Sapienza, in scena questa sera a Cutrofiano.
Dopo il debutto al festival dei teatri di Sant’Arcangelo e a Volterra, la pièce presentata da Armamaxa approda questa sera, sipario alle 21.30, in piazza Cavallotti (ingresso libero) per iniziativa della stessa amministrazione comunale. “Braccianti viaggia nel passato, nella fatica di quando si lavorava da sole a sole… fino a squarci odierni, a quei nuovi braccianti a colori, venuti dalla miseria di altre parti del mondo”. Poche frasi per delineare il progetto di un teatro della memoria ma che vuole crearne una nuova, perché in sostanza cambiano i protagonisti ma non la drammatica circolarità della storia. Essere bracciante è una condizione, un tempo toccava ai contadini del Sud ora i nuovi braccianti sono gli immigrati che arrivano per lavorare nelle nostre piantagioni sospinti dalla speranza di poter costruire un futuro mentre c’è chi si arricchisce sulla loro miseria e disperazione. Una scenografia scarna perché su tutto prevale il predominio della parola e del gesto: “Nello spazio vuoto del palcoscenico poche sedie e, sul fondo, un grande velo bianco dove sono proiettate immagini che prendono vita dai gesti degli interpreti: volti, mani, stalle, strade, campi, vigne, povere stanze dove il ritratto di Giuseppe Di Vittorio, l’uomo che fece della lotta contadina il proprio credo, affianca una grande icona di Cristo. E la terra, quella terra che inghiotte e prosciuga le forze, torna nelle voci, nei racconti, nelle parole dei testimoni di allora. Un paesaggio umano dal quale emergono gli attori, che da narratori si trasformano in dettagli, in elementi che evocano l’emozione di un mondo, ad aprire la porta della riflessione su quello che siamo, sul passato che ci portiamo denso o negato dentro”. E usando la leggerezza della voce degli anziani, capaci di raccontare eventi drammatici con il sorriso e l’orgoglio di chi è sopravvissuto, lo spettacolo racconta le storie di quel microcosmo fatto di gente comune spesso ignorata dalle stesse pagine dei libri di Storia. E il teatro diventa il mezzo per raccontare, il veicolo migliore per raccontare del passato ma aprendo gli occhi sul presente, per riattivare la ricerca e riaccendere le memorie, sollecitare i racconti di chi ha bisogno di raccontare. Non a caso Braccianti la memoria che resta è accompagnato da una preziosa pubblicazione che racconta come intorno all’idea teatrale si sia sviluppato un progetto più ampio per proporre nuove occasioni di riflessione su un tema fondamentale della nostra storia recente: il lavoro. E in rete anche un accurato sito:www.progettobraccianti.it , una vera banca dati per approfondire la conoscenza della storia del movimento bracciantile in Italia.
(pubblicato su Leccesera, Quotidiano della sera
del 07/08/2004)