Nove donne
Guido Corazziari
NOVE DONNE
Il Raggio Verde edizioni
Intrigante, interessante, incalzante. Tre aggettivi che ben si addicono alla materia letteraria, al ritmo e alla struttura del testo che segna l’esordio letterario di Guido Corazziari, docente di Economia all’Università “La Sapienza” di Roma ma appassionato da sempre di musica e letteratura.
“Il complesso tessuto narrativo, non privo di illustri citazioni letterarie e di colpi di scena, si svolge con ritmo incalzante presentando al lettore, incastonate quasi come camei, le donne e le storie di cui sono protagoniste. Eroine, sante, vittime, carnefici, maliziose, sfortunate, romantiche, le loro vicende vengono costruite con modalità quasi cinematografica” – si legge nella prefazione curata dalla giornalista Antonietta Fulvio, direttore editoriale de Il Raggio Verde edizioni. “Una galleria di ritratti, di caratteri e personalità diversissime, si muovono in maniera autonoma, all’interno di una cornice narrativa e il rimando al Decameron di Giovanni Boccaccio è quasi inevitabile. Non è la peste però, ma una tempesta di neve a far ritrovare, nel più completo isolamento, in un rifugio tra i monti delle Alpi orientali, coloro che diverranno le voci narranti di Nove donne”. Così il racconto diventa pre-testo di dialogo e conoscenza. Con uno stile di scrittura che appassiona e incuriosisce il lettore, le pagine di “Nove donne” attraversano determinati spazi geografici, dall’isola di Santorini, alla Napoli di piazza dei Martiri e via Caracciolo, dalle Dolomiti, Venezia, Cortina e Dalmazia alla città eterna, ma anche Milano, la Germania Superior, la Gallia, i Pirenei e la misteriosa Asia. Ogni storia, via via delineata dall’autore intrecciando abilmente invenzione letteraria e psicologia dei personaggi, diventa altresì spazio di riflessione sulla complessità delle relazioni umane e sulla valenza della narrazione quale privilegiato strumento di indagine.
PREFAZIONE di Antonietta Fulvio
Nove donne.
Prima di tutto, il numero.
Un numero dalla valenza simbolica sia che lo si rapporti alla mitologia, nove erano le muse nate in nove notti d’amore di Zeus, o al cristianesimo nove è legato al sacrificio di Cristo, ma sono anche nove le lune del periodo di gestazione per dar vita ad un nuovo essere….
numero ricorrente nella Divina Commedia, il nove è anche la cifra che nelle scienze occulte simboleggia il demonio …
E trattandosi di nove donne – questo il titolo scelto per il suo romanzo da Guido Corazziari – vien quasi naturale associare la duplice valenza del numero con il genere femminile da sempre considerato creatura angelica e demoniaca insieme…
Chi sono le donne di questo romanzo? Sono donne d’altri tempi e di questo tempo.
In luoghi lontani e diversi: l’isola Santorini, la Napoli di piazza dei Martiri e di via Caracciolo, le Dolomiti , Venezia, Cortina e Istria, Roma, Milano e la Germania Superior, attraversando la Selva nera, la Gallia e i Pirenei. E infine Bruxelles e i vasti e misteriosi territori dell’Asia.
Il complesso tessuto narrativo, non privo di illustri citazioni letterarie e di colpi di scena,
si svolge con ritmo incalzante presentando al lettore, incastonate quasi come camei, le donne e le storie di cui sono protagoniste. Eroine, sante, vittime, carnefici, maliziose, sfortunate, romantiche, le loro vicende vengono costruite con modalità quasi cinematografica, con flashback e salti temporali che portano l’azione bruscamente dal passato al presente con una costruzione e un utilizzo dei tempi verbali finalizzati a produrre effetti spiazzanti che però contribuiscono a mantenere alta l’attenzione. A sollecitare considerazioni e riflessioni sulle dinamiche delle storie e dei personaggi che le animano.
Una galleria di ritratti, di caratteri e personalità diversissime si muovono in maniera autonoma,
all’interno di una cornice narrativa e il rimando al Decameron di Giovanni Boccaccio è quasi inevitabile. Non è la peste però, ma una tempesta di neve a far ritrovare, nel più completo isolamento, in un rifugio tra i monti delle alpi orientali coloro che diverranno le voci narranti di Nove donne.
Non sono amici, ma come accadde per l’allegra brigata del Decameron è un evento eccezionale a farli ritrovare insieme. Mentre fuori la neve copre con una coltre il paesaggio loro dovranno condividere per una notte l’esiguo spazio della baita e rompere l’imbarazzante silenzio grazie all’antica arte del novellare, occasione di svago e conoscenza, un modo, il più antico, per vincere il tempo, in attesa che la bufera si plachi.
Tiziano, la guida alpina, ed Emanuele, il gigante biondo, e il giovane Norberto dall’aspetto grassoccio, vedono entrare nel rifugio dapprima tre uomini tra i cinquanta e i sessant’anni, Messie Jacques, Bruno e un terzo senza nome, e poi Gioacchino il prete e Laura sua sorella.
E’ Jacques a sollecitare Bruno, da tombeur de femme, lui avrà senz’altro una sua avventura avvincente da raccontare. Magari piccante, licenziosa. E il racconto ha inizio. Nonostante la presenza di Laura e del prete Gioacchino il cui sorriso vale come consenso. E’ la storia di Friedrika, innamorata di Hanna, due splendide donne che Bruno aveva conosciuto nell’isola Santorini. Ma il racconto va oltre il tema dell’omosessualità e tocca quello dell’incesto tra Hanna e la sua giovane sorella, fatto che spezza il cuore della sfortunata e infelice Friedrika (che però in Bruno trova un sincero amico per affinità elettive).
Meno triste e certamente più ironica la storia raccontata da Emanuele, la sua prima esperienza sessuale che ebbe il volto di zia Cleofe, una donna non più giovane ma mentalmente libera e spregiudicata con il vizio del gioco. La narrazione più lunga e articolata è quella di Tiziano che scava nei suoi ricordi adolescenziali e ripercorre la storia di Benedetta, della sua famiglia che si fregiava di nobiltà e che possedeva la fabbrica di cotone dove lui stesso era finito impiegato pur continuando a fare il maestro di sci. Benedetta finì sposa ad un banchiere coinvolto poi in uno scandalo, all’epoca di tangentopoli, colleziona storie sbagliate e subisce uno stupro: l’atroce violenza istigata dal suo stesso padre opera su di lei una trasformazione radicale, la rende irriconoscibile sarà solo un nuovo dolore e il sopraggiunto sentimento di pietà a farle ritrovare la dignità.
La storia di Brunilde raccontata da Norberto, il giovane e brillante astrofisico che vuole far colpo su Laura, si rivela tristemente vuota come la stessa donna incapace di provare piacere perché probabilmente incapace di amare veramente. E quanti danni può fare l’amore. Quanti cuori fragili può mandare in frantumi segnando profondamente un’esistenza, talvolta relegandola al buio assoluto.
Il narratore senza nome, amico di Bruno e Messie Jacques, apre una pagina dolorosa dei suoi ricordi, facendo affiorare l’immagine di Raffaella morta suicida per amore, l’amore per la figlia mai nata che un morbo avrebbe reso deforme e sterile, e l’amore negato da un compagno sbagliato, un uomo egoista che l’aveva solo usata come un oggetto da buttare all’occorrenza perché senza significato. Un intreccio dai toni gialli sullo sfondo di una Milano negli anni di piombo.
Emblematica è invece la storia di Rosina raccontata dal prete Gioacchino, un exursus erudito nella storia ai tempi dell’impero romano e degli Svevi, il sacrificio e la devozione di Rosina diventata schiava ma che seppe conquistare con la forza della sua fede e della religione il cuore di re e di regine. Suo figlio, Marco, diverrà re del Portogallo mentre lei ripercorrerà quel che oggi è il cammino di Santiago per ritornare nella sua Wenglingen dove sorge un santuario a lei dedicato.
Ma la devozione può riguardare anche l’amore terreno, come quello tra la contessa fiamminga barbara e il conte de N, clochard decaduto salvato dall’amore della sua donna come racconta Messiè Jacques.
Stupro, violenza, devozione, omosessualità, spirito di sacrificio, religiosità, passione, spregiudicatezza, mistero.
Quanti volti può avere una donna? Tutti e nessuno.
Aspettando che la neve si sciolga e la nebbia si dirada giunge il tempo del racconto di Laura, l’unico ad essere una favola. E con Safira le donne sono otto.
Ma Laura, è forse lei la nona donna? colei che incarna bellezza e seduzione e come la principessa asiatica Safira, non sceglie la devozione, né il sacrificio, né la generosità ma l’apparente freddo distacco di chi sa amare in silenzio?
La finzione letteraria si confonde con la realtà?
Laura è la sola donna del gruppo, da affabulatrice, come Sherazade ne Le Mille e una notte, è lei stessa protagonista di una sorta di storia nella storia, l’amore notturno e segreto con la giovane guida alpina come svela l’autore nel commiato finale che potrebbe essere l’inizio di un nuovo racconto, chissà.
In fondo ogni donna sa inventare e inventarsi.
E gli uomini d’altro canto nel destino che li vede ora soggiogati ora soggiogare saranno e sono inevitabilmente legati alle donne con le quali si ritroveranno a condividere il proprio cammino. Ma delineando ogni donna si delinea anche l’uomo, che sia il padre, il marito, il compagno, l’amante. Anche colui che commette il più aberrante dei crimini, lo stupro, è pur sempre figlio di una donna. Se solo questo pensiero lo sfiorasse le urla che ignora avrebbero il suono della voce della madre, della sorella, della sua donna, di sua figlia.
La cornice è completa, la comitiva si disperde e ognuno va per la sua strada.
L’ultima sequenza si chiude con il riflesso del sole sui capelli dorati di Laura che scioglie le trecce assecondando quanto urlatogli un momento prima da Tiziano. E quell’ “aureola dorata intorno al suo capo” prelude alla visione angelica della donna ancora più bella quando è lontana. Irraggiungibile.