il gesto
Il Gesto
Giano – idea di fili senza spessore
il segno [È]:
comune (koinôs);
proprio (idíôs).
Comune è quando sembra rivelare qualche cosa. In questo caso è anche
ciò che serve a richiamare alla memoria la cosa osservata.
Proprio è quando è indicativo di una possibile cosa avvolta nell’oscurità.
In questo caso è codice e ne indica la memoria nascosta.
Di chi è l’abito?, del sarto o di chi lo indossa?, di chi è l’abito?, del
sarto o di chi lo scuce?
Nota di Mauro Marino
Nel labirinto
Francesco Pasca è prolifico artefice di pensiero.
Preso dalla necessità, dall’urgenza del conoscere, l’uomo (quando vien bene) si fa esploratore, tra/versa, indaga e, con la luce della curiosità, vede di poter vedere avanti, lì dove pare nella piega non ci sia null’altro. Egli è così! Francesco non s’arrende e vola alcune volte, s’alza, per allargare la visione e il canto e poi, in planata, ridiscende, s’avvicina. La scrittura a far l’ordito… la pista d’atterraggio dove poter con-fondere il sentire e il desiderio! Questo ci mostra il Gesto – Giano l’idea di fili senza spessore, “raccolta” che stratifica titoli, intreccia lettere e significanze, che chiama alla sintonia con un ritmo scritturale per molti versi unico. Divagante, irto di spunti… Fieramente trasversale, è la Conoscenza dell’autore, come le pratiche artistiche che lo riguardano, misteriche nel tessere, nel cucire tracciati segnici!
Ecco, il segno-seme è la cosa che lo riguarda con tutte le eventuali germinazioni… Tutte, nessuna esclusa, dalla più “oscura” (almeno ai più e io tra loro) numerologia, all’efficacia di un verso. Tutte… che poi lui, “giardiniere” e curatore di senso, pensa all’innesto, a rinnovare i tagli, a nutrirli di impasti e di nomi. Altri nomi, quelli tenuti nelle pieghe, al riparo dei clamori che frastornano i più! Lui “singlossa”, significa, comprime, imbratta e con leziosità risolve. Poi di colpo strappa, traduce e tradisce, fugge e si ferma, è avanti, ma avanti-avanti e poi di colpo indietro sino all’indietro più remoto, natura di stella, di sole, di pietra… Natura e basta col gusto del tradire che è custodire, nell’abbaglio, l’intuire, il sentire, il presagire. Pasca pare così “regale” che non è dono di qua! È Pasqua, pasqualità… trovare! Sta a voi, lettori, nel labirinto, trovar le tracce.
L’autore racconta il suo libro.(f.p.)
Si può amare la Scrittura? Si può dialogare nell’impossibile? Nella stesura del non-racconto l’interrogativo diventa forte, sollecita. È la stessa Scrittura che incalza, soffia e traduce. Quando la Scrittura s’identifica in un nome, in Thea, il personaggio di nome Giano, duella con l’unicità di Thea, quella dell’essere senza falsi pudori, senza veli. Come Scrittura, Thea, questo rivendica. Nel suggerire parole, non può non far scuotere Fiato che è lo stesso Giano. La duplicità, che è incertezza, diventa il tramite per l’atto estetico da trasferire sul corpo di Thea con il timore dell’inizio, dell’horror vacui che qualunque gesto porta con sé nel trasferirsi su di una superficie.
Giano ozia, Fiato racconta. Tre lettere rinvenute sono il pretesto. Thea-‘Ntina subisce e si vendica con il rovello in cui costringe Giano.
Ma, è anche la stessa duplicità di Thea a soccorre Giano nell’iniziazione, e lo induce a dirigersi nell’unità di un’Anima-Memoria, nel far rincorrere l’Udito che è Parola, il Gesto che è il Segno ed il Filo senza spessore che è l’Immagine. Se l’intenzione di chi vuol leggere è quella di raccoglie un senso, questo libro non è da leggere. Se volete rincorrere le parole, sappiate che sono Parole Sparse, forse, non può essere il giusto viatico per sor(prenderle). Se amate un testo eseguito con il gesto di nome scrittura, questo testo fa per voi. Del restante nulla è garantito. È l’inizio di una ragione, di una trama non predeterminata e scritta di conseguenza. Tutto può diventare iter e condurre ovunque anche ad una sua probabile inesistenza. È l’inizio che attende di essere ordinato e reso credibile. Fiato racconta di Josè, e, a sua volta si interseca con Giano. Il tempo-verbo è presente e passato anche improbabile futuro. Al femminile è Thea, è anche ‘Ntina, è l’emblematico perseguire di un segno sul di lei corpo. É anche Book Art quel corpo. È il mezzo che fa tendere al reale, ne aggiusta i confini, ne disegna di nuovi, ne sottopone la disponibilità a quella di un nome, ad una precisa identità. È un pretesto della poesia, della Singlossia, del loro linguaggio e del trovarsi nel diverso che può divenire ed è al contempo pratica condivisibile di parole e fatti. È “l’eseguibile nel diacronico”. É l’opportunità resa condivisibile, omogenea nella narrazione casuale. l non racconto, infatti, è l’indeterminato da 25 note e un epilogo inseguito da NON. É il filo di idea senza spessore. È l’insieme rimaneggiato e ricucito, consegnato alla sua provenienza, ad una scrittura visiva che ha mescolanza casuale e al contempo ragione unitaria. Nel leggerlo niente lo sarà se non lo condurrete con il caso ad una causa. È Tutto questo … ed è comune; ed è proprio; è il suo «ES».