Appunti di ordinaria umanità

A Bari il Museo Nuova Era ha ospitato la mostra dell’artista toscano in occasione delle festività natalizie

Beppe Biagi. Acquerelli e inchiostri per raccontare l’uomo

di Carmelo Cipriani

E’ stato un Natale all’insegna dell’arte quello organizzato a Bari dal Museo Nuova Era. In occasione delle festività lo spazio di Strada dei Gesuiti, in piena città vecchia, ha ospitato “Appunti di ordinaria umanità”, personale di Beppe Biagi, pittore toscano con un solido curriculum alle spalle, segnato dalle partecipazioni al Premio Suzzara del 1990, alla Quadriennale di Roma del 1996 e alla Biennale di Venezia del 2011. Viareggino di nascita, ha la Versilia negli occhi e nel cuore. Le spiagge assolate, colte nelle giornate settembrine, fuori dal clamore glamour dell’estate, sono tra i suoi soggetti prediletti. 

 

{AG rootFolder=”/images/sampledata” thumbWidth=”200″ thumbHeight=”120″ thumbAutoSize=”none” arrange=”priority” backgroundColor=”ffffff” foregroundColor=”808080″ highliteColor=”fea804″ frame_width=”500″ frame_height=”300″ newImageTag=”1″ newImageTag_days=”7″ paginUse=”1″ paginImagesPerGallery=”10″ albumUse=”1″ showSignature=”1″ plainTextCaptions=”1″ ignoreError=”1″ ignoreAllError=”0″ template=”classic” popupEngine=”slimbox”}/beppebiagi{/AG}A Bari l’artista ha proposto una ragionata selezione di inchiostri e acquerelli, raccontando un’umanità silente, discreta ma non dimessa, riprodotta per mezzo di quella che Mina Gregori in passato ha accortamente definito “una moderazione tonale che ricorda il magistero di Morandi”.

Nelle sue opere pochi personaggi sono delineati a macchia su sfondi indefiniti simili a cieli sconfinati. Su tutto domina un’atmosfera algida e soffusa, sospesa nel tempo e nello spazio. Sembrerebbero immagini sublimi, ma la vastità d’orizzonte non incute timore perché le presenze in primo piano appaiono serafiche, impegnate in gesti minimi, cantori di un’epica del quotidiano sottratta allo scorrere dei giorni. In assenza di un impianto prospettico o di elementi ambientali che scandiscano i piani, la costruzione dello spazio è affidata esclusivamente a variazioni tonali di grigio, bianco e nero, che nei loro delicati accordi richiamano alla mente soluzioni formali dell’estremo Oriente, sempre attente ad esaltare i valori di superficie.

Dell’acquerello, medium antico ma sempre attuale, la mostra ha posto in risalto l’immediatezza esecutiva e l’aspetto sorgivo. Più di ogni altra tecnica, esso consente di cogliere suggestioni e sensazioni, accompagnando la rapidità della mano al flusso di pensiero, la velocità di tocco allo stratificarsi degli sguardi e al susseguirsi delle riflessioni. Già utilizzato dall’artista per eseguire bozzetti preliminari, l’acquerello è nelle composizioni di Biagi indiscusso protagonista, strumento autonomo di creazione, non più solo mezzo per annotare un’idea che sul foglio permane anche per lunghi periodi, decantando, in attesa di essere trasportata sulla tela, magari modificata, a volte corrotta.

Sul foglio Biagi registra presenze umane ritratte in spazi vasti, utilizza la tecnica prescelta con una grande capacità di controllo formale, con rigore mentale e pulizia esecutiva. Più che un racconto continuo, l’artista inscena una narrazione per apparizioni, frammenti di vissuto tratti dalla memoria più che dalla realtà, costantemente in bilico tra esistenza e sogno. Come ha scritto Alessandro Riva i suoi sono “accenni poetici, appunti, cenni, brevi illuminazioni, quasi una traduzione visiva di gesti insieme semplici e paradigmatici”.