Lagonegro. Capolavori d’arte dalla Chiesa al Castello

La Seicentesca “Madonna col Bambino e le Ss. Caterina d’Alessandria e Lucia” della Chiesa di San Nicola al Castello” di Lagonegro

Marco Tedesco

La storia dell’arte del Seicento, è stata caratterizzata da importanti innovazioni nel mondo della pittura italiana meridionale. Si pensi ad esempio all’entrata in scena nella pittura napoletana delle innovazioni apportate dal rivoluzionario Michelangelo Merisi da Caravaggio, la cui pittura venne considerata scandalosa ma allo stesso tempo geniale allo stesso tempo, in quanto in Caravaggio uomini e santi erano la stessa cosa.

Queste innovazioni influenzarono notevolmente l’arte e la pittura per tutto il Seicento lasciandone echi in tutto il meridione d’Italia. In Basilicata, contestualmente, vi si trovavano in quegli anni opere d’arte provenienti dagli ambienti napoletani, in particolar modo quelli legati al Manierismo, tra cui la Madonna col Bambino e le Ss. Caterina e Lucia, conservata a Lagonegro (Potenza), piccola cittadina lucana alle pendici del monte Sirino, nella chiesa di San Nicola al Castello, titolo attribuito a questa chiesa secondo Carlo Pesce dal 1597, stando a quanto riportato dagli atti di visita di mons. Spinelli.


Questa Madonna col Bambino e le Ss. Caterina d’Alessandria e Lucia venne attribuita da Anna Grelle a Giovanni Bernardino Azzolino, detto il siciliano in quanto originario di Cefalù, città in cui nacque nel 1572 ma attivo a Napoli, città in cui morì nel 1645 nella quale Azzolino operò a partire dal 1589 e dove ancora oggi sono conservate molte sue opere. Nuccia Barbone Pugliese, sottrasse in seguito nel 1983 tale opera al catalogo dell’Azzolino, scorgendovi influssi santafediani in rapporto derivati dalla Madonna col Bambino in gloria e i Ss. Benedetto, Pietro, Paolo e Agnese, eseguita da Fabrizio Santafede nel XVI/XVII sec., conservata nella chiesa di Santa Chiara a Trani. Nella presentazione di questa tela, all’interno del catalogo della mostra “Visibile Latente, il patrimonio artistico dell’antica diocesi di Policastro”, Concetta Restaino propone di identificare questo maestro nella figura di Giulio dell’Oca, pittore attivo a Napoli dal 1578 al 1644. Molte sue opere tra cui la serie di Angeli con le litanie mariane, eseguiti per il soffitto della chiesa dell’Annunziata a Napoli insieme ad altri artisti tra cui Giovan Vincenzo da Forlì e la decorazione a fresco della tribuna dello Spirito Santo eseguita nella capitale partenopea insieme a Giovanni Bernardino Azzolino, sono andate perdute ma le poche ancora esistenti, tra cui la Madonna apparente tra i Ss. Francesco ed Antonio della chiesa napoletana di Santa Maria Apparente, ci consentono di capire la pittura e il linguaggio artistico di Giulio dell’Oca, ancora legato agli schemi della pittura manierista. Tutto questo, in rapporto ai documenti tutt’ora presenti legati alla figura di Giulio dell’Oca, in quale ottenne nel 1593 la carica di Console dell’Arte dei pittori a Napoli, presentano qualche difficoltà nell’attribuirgli in maniera definitiva la paternità del dipinto lagonegrese qui preso in esame.
Non vi è dubbio che il Maestro in questione si rifà alla corrente manierista e questo aspetto è confermato anche da mons. Raffaele Raele nel suo testo “La città di Lagonegro nella sua vita religiosa”, pubblicato come opera postuma nel 1944, il quale la vide nella sua collocazione originaria e la definì come un’opera “di buon manierista di scuola napoletana”. Tale collocazione originaria era la cappella di Santa Lucia, del cui altare decorato con uno stemma, il dipinto doveva costituire la cona. Ora, se ancora vi è qualche difficoltà sull’attribuzione a Giulio dell’Oca della paternità del dipinto lagonegrese qui preso in esame, non vi è alcun dubbio su chi possa essere il committente di tale opera e la sua datazione. Il Raele infatti, ci parla di un tale medico di nome Arcangelo Grandonio, il quale fece realizzare questo dipinto a spese del dottore in utroque Tommaso Grandonio. In un cartiglio in basso a destra del dipinto sono infatti è a tal riguardo riportata la seguente iscrizione “1614 MEDICUS ARCANGELUS GRAII HOC OPUS FACIENDUM CVRAVIT ERE V. I. D. TOMASII GRANDONIO”
Il dipinto attribuito a Giulio dell’Oca da Concetta Restaino e a Giovanni Bernardino Azzolino da Anna Grelle nel 1981 qui preso in esame, mostra una impostazione classica della composizione che qui si sviluppa su due registri. Nel registro superiore abbiamo una raffigurazione tipica dell’iconografia della Madonna col Bambino, cosi come essa ci viene presentata a partire dal XVI secolo in poi, in cui la Madonna non siede più su un trono ma è posta al di sopra di una nuvola nell’atto di reggere tra le mani un irrequieto Bambino Gesù il quale da al dipinto una impronta dinamica tipica della pittura barocca attraverso il suo gesto benedicente. Questa gestualità del Bambino Gesù la si ritrova in maniera leggermente più composta anche in un altro dipinto attribuito a Giovanni Bernardino Azzolino raffigurante un San Cristoforo col Bambino, conosciuto attraverso una copia conservata nella pinacoteca Coppola di Gallipoli, in provincia di Lecce. Tale aspetto potrebbe aver indotto la Grelle nel 1981 a proporre l’attribuzione di questo dipinto a Giovanni Bernardino Azzolino, il quale con Fabrizio Santafede era molto amico.

Giovanni Bernardino Azzolino (copia da), San Cristoforo col Bambino, XVII sec., Gallipoli, pinacoteca Coppola (foto di Alessandro Romano, www.salentoacolory.it


Nel registro inferiore, le Sante martiri Caterina d’Alessandra e Lucia hanno il loro sguardo rivolto verso la Vergine e il Bambino e sono riconoscibili attraverso la palma, simbolo del martirio ed alcuni loro attributi simbolici: la ruota dentata per Santa Caterina, al cui supplizio la Santa venne condannata dall’imperatore Massenzio (per alcuni invece trattasi dell’imperatore Massimino Daia, successore di Diocleziano) per aver rifiutato di sacrificare agli dei e il piatto con i due occhi per Santa Lucia.
Alle spalle delle due Sante martiri, si intravede una veduta di paesaggio di campagna in cui sta avvenendo qualcosa: due figure in abiti da lavoro rappresentate in scala ridotta rispetto alle due Sante martiri e alla Vergine sembra stiano attendendo, come ogni giorno della loro vita, al duro lavoro nei campi, Questo aspetto ci riporta indietro nel tempo ad un grande nome della pittura italiana del ‘Quattrocento, ossia il veneto Giovanni Bellini, il quale nella sua Trasfigurazione di Cristo del museo di Capodimonte di Napoli datata al 1478-1479, ci presenta un contadino che si accinge a terminare la sua giornata di lavoro nei campi, per poi far ritorno alla sua povera abitazione.


L’aspetto del paesaggio, presente nel dipinto lagonegrese qui preso in esame, fa da punto di collegamento tra la Madonna col Bambino e le Ss. Caterina d’Alessandria e Lucia e la Madonna Apparente tra i Ss. Francesco ed Antonio, eseguita da Giulio dell’Oca nel 1611 per la chiesa di Santa Maria Apparente a Napoli.
Nella Madonna col Bambino e le Ss. Caterina e Lucia della chiesa di San Nicola a Lagonegro la luce che entra in scena dalla sinistra dell’osservatore evidenzia i colori sgargianti degli abiti dei personaggi, provocando un contrasto con l’atmosfera cupa che domina gran parte del dipinto. L’intera composizione del dipinto lagonegrese qui preso in esame, riprende lo schema compositivo della divisione in due registri del dipinto Madonna col Bambino in gloria con San Benedetto, San Pietro, San Paolo e Sant’Agnese conservato nella chiesa di Santa Chiara a Trani, attribuito al napoletano Fabrizio Santafede il quale a sua volta ricalca uno schema compositivo già sperimentato da Raffaello Sanzio nella sua Madonna di Foligno della pinacoteca vaticana. Proprio dal citato dipinto di Raffaello, infatti, deriva la composizione a schema piramidale, il cui vertice è rappresentato dalla figura della Vergine sia nel caso della Madonna col Bambino e le Ss. Caterina d’Alessandria e Lucia attribuito a Giulio dell’Oca da Concetta Restaino e a Giovanni Bernardino Azzolino da Anna Grelle e sia nel caso della citata Madonna col Bambino in gloria con San Benedetto, San Pietro, San Paolo e Sant’Agnese attribuita al Santafede.
Questa Madonna col Bambino e le Ss. Caterina d’Alessandria e Lucia della chiesa lagonegrese di San Nicola al Castello, si presenta dunque come un sunto dei più importanti momenti che la storia dell’arte italiana abbia attraversato a partire dal XVI sec e permette alla storiografia artistica lucana di manifestare ancora una volta mistero e fascino, fornendoci ancora una volta uno spaccato di storiografia artistica sconosciuto e allo stesso tempo affascinante.