Santuario di Santa Lucia di Erchie: la sorgente miracolosa

Ricordando la martire siracusana della luce

Sara Foti Sciavaliere

Santa Lucia, giovane siracusana vissuta tra III e IV secolo, fu educata dalla madre alla fede cristiana fino alla decisione di consacrarsi a Dio rifiutando di sposarsi; sarà perseguitata in quanto cristiana, quindi processata e condannata a morte: prima di morire, la tradizione tramanda che abbia subito il “supplizio degli occhi”, privata degli occhi per sottrarsi alle voglie del promesso sposo impostogli dal padre. Subì il martirio nella sua stessa città il 13 dicembre del 304 d.C. e venne sepolta in una catacomba che divenne centro di fede, ma con l’arrivo degli invasori musulmani il corpo della santa siciliana venne portato in un luogo segreto per sottrarlo a un’ eventuale profanazione. Tale luogo rimase oscuro, finché il generale bizantino Giorgio Maniace libererà Siracusa e, ritrovato il corpo della Martire, deciderà di farne dono alla sua imperatrice Teodora, insieme a quello della catanese Sant’Agata.


Sarà così che entrerà in scena il paesino del Salento brindisino, Erchie, che conserva ancora oggi un forte legame con Santa Lucia, espresso da un Santuario a lei dedicato e la fonte d’acqua meta di tanti pellegrini, e gemellata non a caso con la città di Siracusa. La leggenda narra che, intrapresa la via per recarsi a Costantinopoli, il generale Maniace sostò proprio nella foresta oritana, nei pressi di una sorgente (oggi a circa 9 metri sotto il Santuario) in una grotta che si apriva su di un avvallamento nella zona di Hercle, l’attuale Erchie. I monaci basiliani che dimoravano nella vicina grotta dell’Annunziata, dopo aver venerato le sacre spoglie, ricevettero in dono come reliquia un osso della Martire e, collocatolo nella grotta ai margini dell’avvallamento, questa sarà adibita a Cappella arricchita con affreschi raffiguranti la vita della santa: nel corso degli anni si diffuse la voce dell’esistenza di questo luogo sacro e si avviò un vero e proprio pellegrinaggio verso Erchie. Prima meta anche del rito delle “perdonanze”, dei piccoli pellegrinaggi che si compiono in terra brindisina nelle settimane posteriori alla Pasqua fino all’Ascensione: il secondo giovedì dopo Pasquetta è, di fatto, usanza recarsi ad Erchie per chiedere una grazia.


In seguito il culto presso la Cappella della santa siracusana cadde in disuso fino a quando, nel XVI secolo, in un periodo di grave siccità, un quadretto raffigurante la Santa fu trovato da un mandriano: l’uomo sulle tracce di una mucca che si era allontanata dal resto della mandria, troverà la bestia intenta ad abbeverarsi nel suddetto avvallamento da cui sgorgava una fonte zampillante, e lì rinvenne anche l’immagina sacra (come si può vedere sulle maioliche disposte sulla vasca di acqua sorgiva nell’ipogeo dell’attuale Santuario). Si racconta infatti che alcuni ricchi feudatari locali l’avessero donata alla cappella basiliana, per andare poi purtroppo perduta durante un’inondazione che aveva investito il luogo di culto; la corrente lo trasportò via facendone perdere le tracce, fino al fortuito ritrovamento, in virtù del quale gli ercolani innalzarono un altare sul quale fu deposto il quadro e, per immortalare il luogo dov’era avvenuto il prodigioso evento, edificarono il Tempio sottostante coprendo la fonte e la zona circostante.
Nel 1638 sull’altare della Cappella venne collocata l’attuale statua lignea di Santa Lucia, che nel 1650 fu anche indorata. Nel 1690 la Cappella fu ornata ancora di una statua in pietra della Santa e nel 1740 fu collocata un’altra statua della Vergine e Martire nel Tempio sottostante che, a causa delle sue fondamenta poco consistenti, nel 1819 crollò. Gli ercolani tuttavia non si fecero scoraggiare dall’evento avverso e ne riprendono la costruzione, e intanto ottengono del terreno dal Duca di Satriano, feudatario di Erchie, cominciando così a edificare la Chiesa superiore verso il lato Sud della Cappella; tale chiesa sarà ultimata e inaugurata il 25 aprile 1865. Questo luogo che ha dato tanto lustro al paese di Erchie, oltre ad essere stato prodigo di miracoli della vista ai fedeli che con fede si sono rivolti a Santa Lucia, l’8 aprile 1953 è stato classificato come Santuario diocesano da mons. Alberico Semeraro.
Nella grotta-cappella da una decina è esposto un simulacro-reliquario che custodiscono le reliquie della Martire. Si tratta di un’opera realizzata dallo scultore Pietro Balsamo di Francavilla Fontana che riproduce fedelmente in fattezze e dimensioni il corpo della Santa conservato a Venezia nel Santuario di S.Lucia, dove le spoglie mortali della Martire sono sepolte dal 1204, quando furono trafugate a Costantinopoli dai veneziani come bottino di guerra alla fine della quarta crociata. Il simulacro di Balsamo è polimaterico: parti anatomiche in terracotta policroma, corpo in fil di ferro e paglia, abiti in tessuto (rasone, tafta e misto cotone). Sulla pettorina plissetta, realizzata con due metri di stoffa, sono appuntati 21 Swarovski, tanti quanti gli anni che aveva la giovane Lucia quando fu martirizzata. Il viso riproduce in dettaglio la maschera d’argento che copre il volto originale della Martire; quest’ultimo fu voluto dal patriarca di Venezia Angelo Roncalli futuro papa Giovanni XXIII. Il corpo è steso su materasso e cuscini ricavati da antiche stoffe in broccato di seta. Inoltre sul petto è stata posta una reliquia autentica di un frammento di pelle donata, nel 2010, dal Patriarca di Venezia al Sindaco di Erchie Giuseppe Margheriti. L’opera, nella teca, vuole ricordare la venuta del corpo di Santa Lucia nel paese salentino, così come recita un’antica preghiera:
“A Erchie tu ha vinuta
da li muennici priati
nu picca t’ha valuta stari
ma poi a Vinezia
tannu avutu a purtari
di tannu a moi nui scià vinimu quai
priamu pi li uecchi e pi la nostra uai.”
(“A Erchie tu sei venuta, dai monaci sei venerata. Sei stata poco tempo perché a Venezia ti hanno voluto portare. Da quel momento noi pellegrini veniamo al tuo santuario preghiamo per gli occhi e i nostri guai”)
Da quel giorno ormai lontani molti pellegrini sono soliti attingere l’acqua dalla sorgente che ancora qui sgorga. La tradizione vuole che ci si bagni la mano e ci si strofini con essa gli occhi, chiedendo la santa la guarigione. Lei, Santa Lucia, che la luce porta perfino nel suo nome, è la santa invocata per la vista e le malattie degli occhi, ma la sua ricorrenza un tempo coincideva con il solstizio d’inverno e quindi con il giorno più corto, auspicio della luce di primavera.