Cento anni fa Pier Paolo Pasolini

Nato il 5 marzo 1922 poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore drammaturgo tra le voci più autorevoli del Novecento.

Raffaele Polo

Cento anni fa nasceva Pier Paolo Pasolini. E tutto si può dire di questo personaggio, ma non che li dimostri, cento anni. Anzi, ci pare giovane, giovanissimo, ancora tutto da scoprire e da comprendere, proprio lui che ha attraversato un secolo di travagliatissime vicende, scontrandosi sovente con la stasi e la pressapochezza che lo circondava, senza evitare polemiche e astiosi giudizi che lo hanno sempre accompagnato, e ancora adesso dividono chi lo vuole, a tutti i costi, quasi da beatificare e chi adombra invece in lui le vestigia del Maligno…


Pasolini sulla tomba di Gramsci

Ma, proprio per questa sua peculiare capacità di attirarsi tutte le critiche e le vicissitudini giudiziarie, in fondo Pasolini suscita spontanei interrogativi che creano attorno alla sua figura di intellettuale a tutto tondo, una infinita gamma di ‘perchè’ e ‘come mai’?
Basta scorrere la sua biografia per stupirsi, ogni volta, davanti alla versatilità del suo ingegno ed alla mole delle sue opere. Non tutte di ottima levatura, s’intende. Di alcune egli stesso non era soddisfatto ma, alacremente, eccolo subito a riprendere la penna, la cinepresa, la macchina da scrivere per affrontare nuovi argomenti, nuove polemiche, nuove incredibili denunce..
Onestamente, di lui in vita, conoscemmo pochissimo: una splendida poesia che parlava dei gatti di Roma’ e un orribile film, proprio ‘Salò’. Poi un emblematico ‘Vangelo’ e l’ottimo ‘Uccellacci e uccellini’ che ci presentò un Totò diverso, che solo il genio di Pasolini poteva far emergere. Poi, accomunati da una corrente popolare e di intellettuali che non stravedeva per lui, aspettavamo i nuovi scandali, le nuove imprese di quel comunista che fu sconfessato pure dal PCI e che non aveva mai pace. Mai.
Qualcuno suggerì che si fosse convertito al Cristianesimo, ma non era possibile. O forse si, alle volte… Poi, l’improvvisa, terribile morte, ci ha sorpreso ma non tanto in fondo, a frequentare certi ambienti e certa gente, i guai arrivavano, prima o poi, ci dicevamo, scrollando il capo.
All’Università abbiamo scoperto con sorpresa i suoi scritti sulla poesia dialettale, sulla lingua, sulla poesia e sulla letteratura. Non li avevamo mai letti prima, ci hanno meravigliati per la lucida analisi e la polemica fortificata dalla capacità di sintesi che, da sempre, ha contraddistinto il suo procedere letterario. Continuando a leggere e conoscere i suoi scritti, i versi, le scenografie e gli articoli sui giornali, ecco che si è completato il quadro, immenso, della sua intera produzione volta alla critica nei riguardi delle abitudini borghesi in cui ci riconoscevamo, proprio noi che ‘avevamo fatto il Sessantotto’ ma ci eravamo fatti irretire dagli aspetti poco profondi di quel fenomeno che lo stesso Pasolini ci presentava con tutte le sue contraddizioni. E anche il suo rapporto con la propria omosessualità, al centro in maniera esorbitante del suo personaggio pubblico, solo oggi, circondati da una facile indifferenza per l’argomento, ha finito per convincerci di aver vissuto una intera esistenza nella ipocrita convinzione che esistesse un ‘bene’ e un ‘male’ e che andassero viste con riprovazione tutte le argomentazioni pubbliche sulle proprie scelte sessuali. Insomma, Pier Paolo era avanti di un po’ di anni, rispetto ai suoi coetanei. E ancora oggi non riusciamo a credere che abbia cento anni, proprio lui che ha polemizzato e condannato con impeto il Fascismo, il Comunismo, l’ipocrita soddisfazione dei bravi borghesi e ha salvato soltanto i reietti della periferia che, poi, avrebbero contribuito in maniera importante alla sua tragica scomparsa.
E non entriamo neppure per un attimo sulle vicende che hanno reso la morte del poeta come un oscuro fatto di cronaca, bandendo qualsiasi accenno ad una vera e propria esecuzione comminata ad un personaggio scomodo, scomodissimo, che aveva l’incredibile capacità di sostenere tesi e paradigmi senza trarne alcun vantaggio per sè.
Ancora adesso, nell’affrontare la lettura di un suo scritto, la nostra innata selezione intellettuale, quel filtro automatico che ci predispone positivamente o negativamente all’acquisizione di ciò che stiamo leggendo, esita e quasi si nasconde, perché sembra di essere fissati dal suo sguardo triste, uno sguardo che penetra dietro le nostre più radicate convinzioni e le ribalta, dimostrandoci come sia facile travisare tutto, anche i sentimenti più importanti, dietro la maschera del perbenismo e dell’interesse spicciolo.
Pasolini, allora, riesce a farsi amare solo nei versi di ‘Povero come un gatto del Colosseo’, lo preferiamo così, serenamente a riposo dopo una vita difficile, dopo aver attraversato l’inferno che gli abbiamo creato intorno. Tutti noi.