La Mantova di Ermanno Olmi

Per i Luoghi del cinema un viaggio tra i set di tante pellicole di successo

Stefano Cambò

Un grande regista italiano.
Questo è stato, soprattutto, Ermanno Olmi.
Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes e del Premio César per il miglior film straniero con L’albero degli zoccoli che ancora oggi, in molti, considerano il suo capolavoro assoluto.
Un affresco genuino e privo di sentimentalismi verso un mondo contadino in cui l’autore era cresciuto e a cui era rimasto profondamente legato.
In seguito, si aggiudicò nel 1988 il Leone d’Oro al Festival di Venezia con La leggenda del santo bevitore, trasposizione cinematografica dell’omonimo racconto di Joseph Roth.


Ma il lavoro che lo consacrerà definitivamente è Il mestiere delle armi del 2001.
Presentato con successo in Francia e acclamato a livello internazionale, la pellicola si aggiudicò l’anno successivo ben nove David di Donatello, tra i quali quello per il miglior film, miglior regista e miglior sceneggiatura.
Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo con la vicenda narrata. Siamo nel 1526 quando le armate di Carlo V sono pronte per arrivare in Italia e minacciare lo Stato Pontificio alla cui strenua difesa c’è il leggendario Joanni de’ Medici, conosciuto anche come Giovanni delle Bande Nere.
Il valoroso guerriero verrà tradito dal duca di Ferrara, tanto che a causa di una ferita riportata a una gamba durante uno scontro con i suoi potenti cannoni, sarà costretto a morire per le infezioni e la cancrena.
Il film, come nella migliore tradizione del regista, è un affresco crudo su un periodo storico ben preciso. Quello in cui inizia l’evoluzione delle armi da fuoco in battaglia.
Eppure, l’autore invece di soffermarsi sulle scene di guerra, preferisce mettere in risalto la vita dei cavalieri di sventura.
Il fulcro narrativo è incentrato sulla sofferenza e la fame di questi giovani uomini, costretti al martirio in una terra lontana, tanto che sembra profetica la citazione legata al Machiavelli che in sostanza ribadisce come sia la politica a contare veramente più degli eserciti.
E così il gruppo delle Bande Nere si vedrà inesorabilmente sorpassato dai nuovi strumenti di morte, i cannoni tedeschi, di fronte ai quali nulla possono le antiche armature.
Quella che traspare, non è solo un’analisi lucida dell’innovazione della guerra ma anche e soprattutto una riflessione sulla crisi di valori che prima ispiravano i combattimenti.
Non conta più il coraggio del cavaliere o la strategia del condottiero.
Non ci sono più gli scontri corpo a corpo dove vince il più valoroso.
La morte arriva da lontano e non lascia scampo, perché è diventata un affare economico, in quanto a vincere è il re che spende e può pagare le nuove e costose artiglierie.
Una spietata raffigurazione, dunque, che sembra assai attuale.
Nonostante siano passati più di vent’anni dall’uscita del film e molti secoli dalla sua ambientazione.
Ambientazione che fa da perno per tutte le vicende in quanto, il regista ha scelto di girare gran parte delle scene in una città che ancora oggi rievoca, grazie alle sue bellezze architettoniche, quel particolare periodo storico.
Stiamo parlando naturalmente di Mantova.
Circondata da tre laghi artificiali, questa località lombarda è nota, soprattutto, per il rapporto stretto che da sempre l’ha contraddistinta in epoca rinascimentale con la famiglia dei Gonzaga.
Proprio per questo, insieme a Sabbioneta è stata inserita nel 2008 nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dall’Unesco.
Tante sono le opere che ne caratterizzano la storia, perché il suo centro è un vero e proprio museo urbano diffuso.
Ma per non perderci e rimanere ancorati alle vicende narrate, vi portiamo per mano in alcuni dei luoghi più importanti della pellicola di Ermanno Olmi.
Il primo fra tutti, e punto nevralgico della vita religiosa della città, è la Basilica di Sant’Andrea dove nel film viene esposto il corpo di Giovanni delle Bande Nere.
Tra tutte, è sicuramente la Chiesa più grande di Mantova.
Opera di Leon Battista Alberti, nel suo sviluppo rinascimentale ha subito non poche modifiche rispetto al progetto originale.
Nella cripta vengono conservate due reliquiari con la terra imbevuta del sangue di Cristo, dono del soldato romano Longino. Proprio per questo dal 1608 fu sede dell’Ordine militare del sangue di Gesù Cristo.
Altro luogo simbolo è il Palazzo Ducale.
Nel film sarebbe la residenza di Federico II.
È noto anche come la Reggia dei Gonzaga.
Nelle sue stanze ospitava il regnante della famiglia, la moglie, il figlio legittimo primogenito e gli altri figli legittimi fino alla maggiore età.
Durante la denominazione austriaca, e più precisamente sotto l’egemonia di Maria Teresa d’Austria, assunse la denominazione di Palazzo Reale.
È giusto ricordare che alcune scene poi, sono state girate nella Casa della Beata Osanna Andreasi, dimora per volontà di copione dell’amante di Federico II.
Dulcis in fundo due luoghi simbolo da visitare assolutamente prima di andare via.
Sono, infatti, il Castello di San Giorgio con la celeberrima Camera degli Sposi e il rinascimentale Palazzo Te con la sua bellissima e suggestiva Sala dei Giganti.
E con queste informazioni, lasciamo Mantova e il suo centro storico ricco di fascino e cultura, non prima di avervi consigliato di rivedere il film Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi.
Un grande regista che ha dato tanto al nostro amato cinema italiano.

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