e l’arte la si vestì con l’abito Nuovo

E venne la pop-art dimenticata

e la si vestì con l’abito concettuale.

 

di Francesco Pasca

 

La Popart e tante altre vennero da “molto lontano”. Oggi quel che venne è riproposto con l’esperienza sulle spalle e quale fardello pesante e pensante ad opera di un omone taciturno e con sandali da viandante.

Luigi De Giovanni classe 1950, Specchia (Lecce). L’origine è quanto di profondo sia concepibile in una terra detta d’Otranto. Il Viandante d’arte da finibus terrae viaggia per Firenze e Cagliari, lascia le sue “Tracce di ricerca all’esistere” e coniuga un antico desiderio tratto dal e fra il consumare-riciclare-sperare e il rivoluzionare. Non è esausto, un vero visual-art non demorde mai; con determinazione affianca il suo status e si ri-costruisce e si lascia “costruire” da altri più giovani di lui. Altri più giovani di lui s’associano all’esperienza di un periodo, il più rivoluzionario e mai esistito in un dopo inizio novecento. Risultato è “Sinergia” finale e finalizzata che s’avvale ed unisce. Il si è stato si è unito con il si è. L’architetto Stefania Branca è l’altro “silenzioso” raccoglitore di perfomance creativa, dell’installazione e del percorso protetto. Daniele Gabriele l’associa ad altro silenzio, alla nota parlata-cantata e colora di suoni e al futuro che casca dall’alto con pioggia d’arte. Bagno è il colore di nuove fantasie.

Per l’Artista, che espone presso la sala bassa dell’ex Convento ai “Teatini”, a Lecce e nel segno dell’affermare, valgono non solo le proposte espositive volute dalla promoter Antonietta Fulvio e dall’accorto management di Pina Petracca, “Il Raggio Verde Edizioni” e non solo, valgono soprattutto le esperienze del raccontare del far conoscere che esiste una generazione che ha ben fiutato e vissuto il fatto rivoluzionario di un’epoca e ne continua, con tenacia, a proteggerne il sogno. L’artista così coadiuvato e con il background di esperienza d’arte, già in parte consumata, in anni di vera rivoluzione, propone e assolve al suo necessario per farsi sentire ad alta voce e, i suoi, sono messaggi colorati con : “Chi?”, “Libertà!”, “Dove”, Dov’è?”, “Pueblo unido” “…”, A suon di sanpietrini si scacciava la ”Libertas” e la “Proprietas” e tant’altro da reclamare con il lancio di Veri “sassi” e con ciò che s’alterna, ai “Veri” Libri. De Giovanni è della generazione di chi qui scrive e di tant’altri che urlano e urlavano nel silenzio del non voler essere solo “Barboni”, “Capelloni”. L’Artista Specchiese è consapevole e sa di essere Arte. (non confondete ciò con la “superbia” e “l’immodestia”, è invece l’Utile per non essere confuso con altre iniziative dette d’arte e l’affastello in inutili caroselli, non restituendoci lettura, né plurima, né autonoma, né propositiva per linguaggi futuribili.)

Il viandante quando è tale è consapevole dei moti culturali attuali divenuti incapaci di proiettarsi nel futuro prossimo. L’artista che scrive con il colore è: “El pueblo unido jamás será vencido,/el pueblo unido jamás será vencido!/De pie, cantar que vamos a triunfar./Avanzan ya banderas de unidad,/y tu vendrás marchando junto a mí/y así verás tu canto y tu bandera/al florecer la luz de un rojo amanecer/anuncia ya la vida que vendrá.” L’Artista È “il non tempo” e non per gli accasciati sulla soddisfazione di essere e non del si può diventare. Lascio qui, scritta la mia non ultima provocazione nei riguardi del fare arte oggi, soprattutto a Lecce che amo profondamente. Per la nuova generazione, quella delle Accademie, è “Certamente” un fare minore, è l’essere il trito e il ritrito del già consumato, del ciò che non si avvale dell’esperienza diretta e del profilo culturale, del chi ha attraversato le vere rivoluzioni. L’attuale È generazione di ascolto indiretto, di quel che si crede il pensato-sensato e non lo è, lo è nel convincimento, nell’uso dell’arricchirsi con verbalità da Biennali mai esistite o con il così come “altri” vogliono che esistano. Sono gli Inutili che continuano a performarsi nell’inutile e ad autoproclamarsi nuovo piccino, piccino. Per fortuna esistono anche giovani che hanno risorse e sanno spenderle e come impiegarle affiancandosi alle vere esperienze. Mi dispiace per alcuni giovani e meno giovani, (in arte si invecchia velocemente se non si accede alle vere “vitamine”) Mi dispiace per quelli che cadono nelle trappole del niente e che diventano gozzoviglio di critici che debordano ed ammorbano le generazioni del nulla. In questo caso, bene fa Toti Carpentieri (della generazione d’arte ’60, quella ben digerita e delle vere biennali parlate e parlanti) se sulla brochure di presentazione quale curatore promuove l’iniziativa della mostra con il ricordare: “Le livre de la rèvolucion picturale par Pierre Restany”, Apollinaire edizioni-Milano. Benissimo fa a lanciare la chiamata alle arti con: “Idéaires de tous les pays, Unissez-vous!”. L’esortazione al critico è comunque del continuare a promuovere in tal senso. L’arte d’oggi ha necessità di confronto e collaborazione su quanto c’è stato sul territorio e non si può far passare tutto come se niente è già stato, che il tutto d’oggi è nuovo. Ho avuto modo di scrivere del procedimento di creazione poetica collettiva chiamato ”Il cadavere squisito berrà il vino novello” (Il nome di questo procedimento fu inventato su suggerimento di André Breton nel 1925.) Ho già scritto dell’incominciare dalla parte superiore di un foglio, poi del piegare quella parte e lasciare una piccola striscia disegnata. Ho detto del dopo che sarà dell’altro, che ne dovrà riprendere il disegno, cosi via via, sino a giungere al diversale. Di Luigi De Giovanni ho trovato scritto: «Luigi a malapena si reggeva sulle sue gambette. Aveva da poco compiuto un anno ed oltre a gattonare cercava tutti gli appigli per camminare o conquistare la posizione eretta. La madre, come spesso le capitava, era intenta a disegnare i decori per delle tovaglie; perciò aveva messo in giro matite colorate, tempere ed acquerelli. […] Si diplomò, specializzandosi in Scultura del Legno. Nel frattempo era diventato un animo anticonformista e contestatore: i fermenti del sessantotto e degli anni settanta lo coinvolsero totalmente. Le ragazze del paese, sue coetanee, raccontano di come attendevano l’arrivo di Luigi chiamato affettuosamente Gino capellone. Molte si erano invaghite del suo fascino di pittore ribelle e senza regole. In generale amava la musica del periodo ma era un gran fan dei Beatles e di Joan Beaz.»

Scopriamo insieme a lui i colori e, quei colori, come tutti i segni e i cromatismi, amiamoli veramente. Ai benpensanti lasciamo gli inutili, loro, scarabocchi.