INES FACCHIN
Il reale come architettura di luce
di Antonietta Fulvio
Cosa ci può essere oltre lo sguardo? Tutto e nulla. Ovvero nulla che la visione a cui siamo abituati possa recepire. Le foto di Ines Facchin, in tal senso, vanno oltre la fotografia documentaristica che l’obiettivo da sempre fissa e relega come percezione fedele della realtà e archivio della memoria. Le immagini della storia, catturate dai mirini dei più grandi fotografi, ci hanno abituato ad una fotografia che è rappresentazione del vero. Fa niente che nulla resta immutato e che un fotogramma è pur sempre diverso da quello successivo perchè la frazione di tempo che li separa ha già registrato una inevitabile, se pur impercettibile, variazione.
Tutto scorre diceva Eraclito e non può essere immersa due volte la mano nella stessa acqua del fiume.
Il divenire è il compromesso alla base dell’esistenza e della fotografia in quanto rappresentazione di essa. Ma c’è un altro modo di concepirla, a rischio di quanti potranno ritenerla una forzatura: le foto di Ines aprono il varco ad un altro mondo possibile dove le percezioni visive diventano visioni pittoriche. Architetture del colore non tanto dissimili a quell’infinita successione di pixel che vanno componendosi sullo schermo come i pigmenti sulla retina combinano le immagini decodificate dal nostro cervello.
Con il suo primo libro fotografico, intitolato non a caso Oltre, l’artista romana racchiude i fotogrammi della sua ricerca che coincide anche con la scoperta di accostamenti cromatici che diventano come una sorta di dna topografico dei luoghi presentati: New York, l’Olanda, l’Italia tra Monopoli e Roma. Aria e acqua, cieli e monti che perdono le caratteristiche di profili geografici ma diventano quasi texture, campiture di colori ora abbaglianti ora sfumati, pieghe di tessuti ideali con i quali coprire come con una coltre il mondo.
Nessun artificio, nessun filtro è stato utilizzato per ottenere le immagini che, svela l’autrice, sono il frutto di un’intuizione, di un modo particolare di fissare l’obiettivo sfruttando leggi ottiche, dalla riflessione all’assorbimento del colore e della luce attraverso la materia dei corpi che reagiscono in modo diverso a seconda della superficie, dell’incidenza della luminosità che li attraversa. Le composizioni che ne fuoriescono sono tappeti cromatici, magici come quello di Aladino, sopra i quali è possibile sorvolare il mondo reale. Addentrarsi nei meandri della mente, scavare tra le sensazioni che distorsioni e riflessi giocano con l’immaginario. D’improvviso è come se il mondo finisse sotto la lente di un microscopio, tra gli atomi che compongono la sostanza fatta di luce. Già la luce. Punto di partenza, energia luminosa, pietra filosofale per trasformare la materia inanimata in s-oggetti da scoprire con le parole.
Alcuni stralci del romanzo “Con Lydia” di Enza Piccolo, che si srotola come il nastro di una pellicola lungo le pagine di questo catalogo, danno un senso al legame, spesso ricercato, tra fotografia e letteratura. Alcune frasi si prestano allora a divenire una sorta di didascalia agli scatti di Ines Facchin. Innescando insolite corrispondenze.
In un gioco di rimandi, esterno e interno si disgregano e si compongono in infinite varianti.
I volumi perdono consistenza, si frantumano come le certezze dell’io. Come arabeschi visivi le immagini incontrano frasi, citazioni, espressioni di stati d’animo che interpretano a loro volta la miriade di sensazioni catturate dal fotografo che gioca a svelare l’invisibile.
In un infinitesimo di tempo.
Quel tanto che basta ad impressionare i negativi.
Quel tanto che basta per ricordare quanto asseriva il filosofo aviatore Antoine de Saint-Exupéry, l’essenziale è invisibile agli occhi.
Soprattutto quando si vede con il cuore.
Laureata in Archiettura, Ines Facchin ha la passione per la costruzione del disegno e del progetto architettonico, sempre presente quando poggia il suo sguardo su un qualsiasi dettaglio del mondo reale, che risulta indecifrabile, trasfigurato. Questo suo particolare modo di guardare fa di lei una fotografa attenta e sensibile, capace di vedere ciò che sfugge all’occhio comune. I suoi scatti privi di qualsiasi manipolazione digitale propongono una nuova visione del reale. Amante dei viaggi, in compagnia della sua inseparabile Leica, ha fermato nei suoi scatti particolari intriganti dei più disparati paesaggi urbani: New York, Amsterdam, Madrid, Barcellona, Praga, Vienna, Lisbona, Bilbao…senza tralasciare le splendide città italiane, Roma in primis e poi Venezia, Trani, Lecce, Siracusa, Cagliari….Dalla Provenza al Marocco, dalla Turchia alla Grecia, Ines Facchin è riuscita a creare un archivio della memoria dei luoghi visitati e delle emozioni vissute così come raccontano i complessi giochi di luci, forme e colori dei suoi fotogrammi.
Una sua foto campeggia nella copertina “Con Lydia” di Enza Piccolo, edizioni Il Raggio Verde
Approfondimenti
Ines Facchin il sito ufficiale dell’artista