Gridlock’d – sui significati – una mostra a Lecce

sui significati di Arte.

La sua scrittura è libera affermazione … di ricerca.

Se questa non è Arte, allora, cos’è?

la cristallizzazione dell’argento

Nota di Francesco Pasca

Ornella Durini, Fernando Perrone, Fulvia Perrone, Massimo Schito e Vittorio Tapparini, sapientemente, utilizzano la griglia. Il Gruppo Tracce diventa la contrazione in “Gridlock’d” di un (Gridlocked), il cui termine, a bella posta, diviene nel significato di “Paralizzato”, il più idoneo, vicino al significato di in-stallo, d’istallazioni contaminanti.

La Griglia, la Rete, lo Specchio, la Sfera, il Catenaccio, la Porta, l’Albero. Legno, Argilla e metallo diventano lo spazio annullato dalla “cristallizzazione” di un oggetto.

Il Legno ed il Fuoco con la Pietra e il Metallo sono “Processi”. Questi, di degrado chimico, che accomunano gli oggetti, altri invece che si rigenerano, vedi ceramica e metallo.

La mostra merita di essere visitata, di attardarsi a toccarla con mano. S’avverte che le eruzioni di Tapparini sono state temporaneamente calmate, bloccate, che i serragli di Ornella Durini sono predisposti a corrompersi, che Massimo Schito vuole iniziare il suo neolitico, che in Fernando Perrone il davanti sta dietro in una virtualità conclamata dalla scenicità barocca, che Fulvia Perrone è la traccia che si segna con la bocca delle sue maschere, che vi è un gruppo che vuole creare i propri frammenti così come quelli lasciati da una civiltà contadina semplice la cui partecipazione è rigenerarsi nel poi farsi storia, attività museale.

Capita di tutto a chi s’attarda, a chi non reagisce con lo stupore spontaneo dell’ingenuità. Capita anche di scrivere e poi andare a leggere altrove e, viceversa, anche di leggere altrove e poi scrivere, o quantomeno ci si illude di dare priorità all’una o all’altra cosa, purché ne venga avviato un processo di affermazione.

Se in quello che ho appena scritto trovate o vi sembrerà poca cosa vorrà dire che, di qui in poi, non avrete più nulla da leggere ed io nulla aggiungere. Ma, la prima non metterà in discussione la seconda, quindi, potrò continuare a battere sui tasti del mio portatile e farò in modo che, in chi continuerà a leggere, ne scaturisca l’ennesima sua affermazione con il mio groviglio.

Ripensandoci, mi è capitato di leggere di un interessante “Gridlock”, di un ingorgo, anzi per la verità, mi sono trovato dinanzi a più ingorghi o a dover scindere la mia immaginazione dall’ingorgo creato da quest’ultimi. Nell’analisi dell’immagini che si sono dipanate, sebbene volutamente ricondotte nello spazio attivo di una gabbia, al di là e di qua della grata, sulla griglia, nel reticolo, nella rete, se vi è stato intento, questo, non è stato in grado di imbrigliarmi. D’altronde il Gridlock è e diventa il Gridlock’d ed è così che diventa la contrazione che ti porta fuori dal recinto obbligato.

Così come la serratura, il blocco, il chiudere o mettere sotto chiave non sono in grado di trattenere.

É stato sufficiente fuggire dal proprio stato, poi, ottenuto lo stupore della e dalla riflessione. Ho pensato che non ero io a dover essere incluso, recluso, sottratto o trattenuto, erano le cose che mi stavano intorno che avevano la logica del disporsi dentro, di essere collocate in un ordine mentale di più menti, di altri fuori di me, e, che avevano solo voluto dare origine all’imbrigliare.

L’omphalos, l’oggetto religioso nella religiosità barocca è il valore simbolo della pietra da avvolgere e trattenere. La Pizia è il visitatore che diffonde i suoi vaticini di bello o brutto, di efficace o maldestro, di emozionante o di quant’altro può essere richiesto dal fare Arte. il tuo ombelico è lì avvolto dalla fune. Sei lì pronto a recitare la tua esistenza al pari della disgregazione chimica degli oggetti che ti circondano, del barocco che t’avvolge, ti intrattiene.

É l’inizio e una fine di un fine in un percorso rigoroso, è soprattutto la possibilità che ti viene data. É data a chi s’attarda nel poter ragionare. E, l’inizio di quell’attardo, si sottolinea così: come viene egregiamente fatto con il reclamare una non illusione da parte del curatore di quegli oggetti.

Se lì a gironzolare tra i locali di San Francesco della Scarpa con un foglietto in mano e penna pronta a segnare un’impressione, ma anche a leggere l’introduzione alla mia visita, il perché di quanto sei lì a vedere in un contatto non solo visivo, ma anche tattile. É la frase che si va a segnare con la stessa profondità della prospettiva in cui ti immergi, che ti trae al di fuori di quel groviglio.

É semplice la fine di quella rappresentazione:«Questo lo saprei fare anche io». Antonio Cassiano ha appena terminato la sua introduzione che si sente riecheggiare quella considerazione come la frase detta dai molti per i molti. Antonio Cassiano ha centrato l’argomento e lo ha riportato all’esempio.

“L’arricchimento culturale”, paradossalmente sparato in faccia e ricevuto dalla pratica di lavoro degli oggetti con la credulità di chi non s’attarda, ha esordito l’effetto. Suppongo che i quanti, in quei pochi e molti, hanno veramente assentito e dissentito, sono comunque rimasti frastornati da chi ha voluto far prevenzione dell’idea sulle cose.

La conclusione recitava la sua parte nell’accortezza di una non possibile fruizione. Passato e presente nella cornice barocca, ben si costruiva intorno agli oggetti e in chi dell’arte non ne fa una mediazione di estasi da contro riforma, in chi dell’emozione o dell’indifferenza può pensare solo all’ovvio.

In chi s’attarda e non demanda, sarà stato certamente non disapprovazione ma certezza di poter “saper leggere”.

In chi s’attarda è scrutare la materia e non si emoziona come vorrebbe in un’Arte contemplativa e, quindi, legge come libera affermazione di ignoranza e vorrebbe, possibilmente, andare oltre, addizionare. In chi s’attarda la domanda è: “se questa non è Arte, allora, cos’è.”

Ma, l’uovo di colombo è lì in bilico, è destinato a non cadere, vacillare per la ragione di chi lo ha voluto fermo, stante sul piano ed universalmente accettato come dono di un intelligenza.

Ecco allora che, chi legge l’opera d’arte, non può fare a meno di accettare che la lettura è libera affermazione … (d’ignoranza?) e che è sufficiente un tocco, un indietreggiare per rendere ragione dell’esistenza del ragionevole dubbio di un’ostentazione presuntuosa e petulante del sapere.

L’Arte in questo caso può rivelare la presunzione di sapere e far assumere un’aria, un fare, un tono che non è né tocco, né quadro chiaro del se può essere o non lo è. Classico è il caso di un pulpito e di una predica che non collimano.

Né può essere moralismo, quello sì, lo si potrebbe relegare in un “Gridlock”, in una categoria a sé stante, non fosse altro perché si va a decidere preventivamente cosa sia Arte e in quale ambito andrebbe applicata.

Ma diamo la mandata finale con la chiave del riutilizzo degli oggetti, col nome dato dall’esperienza di cinque giovani pensatori della materia: C’è ancora molto da cercare. L’Arte è il percorso più lungo perché somma di più percorsi, è rete, è groviglio. Tutto può essere cristallizzato solo dall’azione, ma non dal suo naturale processo in itinere.

È proprio vero, capita di tutto in chi s’attarda e in chi le emozioni le lascia a chi in un Gridlock’d le “paralizza”.

Attenzione! Se questa non è Arte, allora, cos’è? Un gruppo giovane che si misura con i complessi linguaggi di una scrittura.