Il Teatro alla Moda. Costume di scena. Grandi Stilisti
IL TEATRO ALLA MODA
Dopo l’eccezionale successo riscosso nella capitale, pesso il Museo della Fondazione Roma, la mostra Il Teatro alla
Moda. Costume di scena. Grandi Stilisti, a cura di Massimiliano Capella, approda il 19 gennaio 2011 ai Musei
Mazzucchelli di Brescia. Fino al 20 febbraio 2011, si potranno ammirare cento costumi originali, realizzati per
famosissime rappresentazioni teatrali, operistiche e coreutiche, insieme a bozzetti, figurini e a rari documentari video dei relativi spettacoli.
La mostra è promossa dai Musei Mazzucchelli che già ospitano, nelle sale delle antiche scuderie, il Museo della Moda e del Costume con una pregiata collezione, ormai riferimento culturale del settore, costituita da circa 5000 pezzi databili tra
l’inizio del Settecento e la nascita dell’alta moda nel Novecento. I capolavori di sartoria creati dagli stilisti per la scena si collocano dunque in un contesto ideale, completando altresì il percorso della raccolta permanente sull’evoluzione del gusto in due secoli di storia.
La Moda è una componente centrale della cultura contemporanea e Il Teatro alla Moda riunenisce per la prima volta creazioni uniche come opere d’arte; abiti e costumi, realizzati per il Teatro, l’Opera e la Danza da alcuni tra i più importanti
stilisti italiani, quali Gianni Versace, Roberto Capucci, Emanuel Ungaro, Fendi, Missoni, Giorgio Armani, Antonio Marras, Romeo Gigli, Alberta Ferretti, Valentino, Enrico Coveri.
Attraverso un’accurata selezione delle loro creazioni, provenienti da prestigiose collezioni teatrali (Teatro alla Scala e Piccolo Teatro di Milano, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di Parma, Teatro San Carlo di Napoli, National
Opera di Washington DC), oltre che dalle Maison coinvolte e dalle collezioni di attori e cantanti, si ripercorre uno dei momenti più glamour del teatro internazionale moderno e si intende valorizzare l’indiscussa qualità artistica del Made in Italy.
Sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana e con il premio di Alta Rappresentanza della Presidenza della Camera dei Deputati, l’evento è promosso insieme ad Altaroma e vanta il Patrocinio della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del
Ministero del Turismo, dell’Istituto nazionale per il Commercio Estero, della Regione Lombardia, Culture, Autonomie
e Identità della Lombardia, della Provincia di Brescia e del Comune di Mazzano.
Il titolo è un omaggio al testo “Il Teatro alla Moda” di Benedetto Marcello; trattazione nella forma di saporito commento
umoristico del teatro lirico, apparso in prima edizione nel 1720. Si dovrà attendere tuttavia il XX secolo per assistere
all’intreccio tra “mondi” diversi; oltrepassando la settorialità delle discipline a favore della condivisione delle arti: dalla pittura
alla scultura, dall’architettura al design, dal gesto teatrale al canto e alla danza. Il teatro rappresenta uno dei luoghi
privilegiati di questa rivoluzione linguistica e, proprio sul palcoscenico, gli artisti hanno trovato spazio per esprimere la loro
fantasia più libera, al servizio di regie, scene e costumi innovativi.
Anche l’alta moda, entra nel “luogo teatro” e vi accede già nell’Ottocento con Worth, Poiret e, soprattutto, nel 1924 quando
Coco Chanel, su invito di Sergej Pavlovich Diaghilev (1872-1929), disegna i costumi per Le Train Bleu, di Cocteau.
Dopo questo importante debutto, nel corso del XX secolo, l’affascinante liason tra Moda e Teatro si rafforza. A partire dai
primi anni Ottanta nei cartelloni delle più prestigiose compagnie d’opera e balletto compaiono i nomi dei maggiori stilisti
italiani le cui straordinarie creazioni si possono oggi ammirare nel percorso dell’esposizione romana, divisa in otto sezioni.
LA MOSTRA
PRIMA SEZIONE: Moda, Teatro e Grandi interpreti
Dagli anni Ottanta del Novecento i grandi nomi della moda italiana si uniscono a quelli di registi, scenografi e, soprattutto, ai
grandi interpreti internazionali del teatro: Luciano Pavarotti, Montserrat Caballè, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia,
Luciana Savignano, Carla Fracci, Kiri te Kanawa, Teresa Stratas, Raina Kabaivanska, Luciana Serra, Lucia Aliberti,
Sesto Bruscantini.
Ogni volta che un creatore di moda si avvicina al teatro vi imprime il proprio marchio di unicità, andando oltre la
ricostruzione filologica propria di un vero costumista. Lo stilista impone la propria griffe e si parla dunque de Il Flauto Magico
di Gigli, della Lucia di Lammermoor di Missoni, del Capriccio e della Salomè di Versace, del Così fan Tutte di Armani.
In questa sezione si possono ammirare alcuni importanti esempi usciti dall’atelier di Gianni Versace tra cui spiccano, per il
Capriccio di Strauss (in scena a San Francisco, all’Opera House, e a Londra, al Royal Opera House, nel 1990), l’abito
creato per Dame Kiri te Kanava interprete della Contessa, interamente ricamato con cristalli policromi che formano motivi
geometrici ispirati alle grafiche di Sonia Delaunay; e l’abito ricamato per la ballerina Luciana Savignano interprete di Eva
Peron nel Patrice Chéreau, devenu danceur, règle la rencontre de Michima e Eva Péron di Béjart, presentato al
Théatre de la Monnaie di Bruxelles nel 1988.
Si trovano qui esposti anche i costumi realizzati da Genny per la Ricciarelli, da Capucci per la Kabaivanska, da Missoni
per Pavarotti e di Fendi per la Gasdia.
SECONDA SEZIONE: Fendi. L’opera in Pelliccia
La seconda sezione della mostra è interamente dedicata all’amore delle sorelle Fendi per l’opera lirica. L’opera si mette in
pelliccia: costumi con inserti di pelliccia, manicotti, mantelle; tutta l’eleganza delle Fendi viene esibita in numerose
produzioni, da Verdi a Puccini, da Mozart a Bizet, con una continuità che non ha eguali.
Uno dei vertici teatrali è rappresentato dal manto in pelliccia rosa color cipria, qui esposto, realizzato nel 1984 e indossato
da Raina Kabaivanska per la Traviata di Mauro Bolognini, con i costumi di Piero Tosi, allo Sferisterio di Macerata.
L’impegno operistico più articolato di Fendi è però rappresentato dai sessantatre costumi (di cui tre esempi in mostra)
realizzati per Carmen di Bizet all’Arena di Verona nel 1986, con la regia di Pier Luigi Pizzi, in una rilettura di forte impatto
cromatico, essenziale e moderna. Una storia dove tutto è danza, passione, movimento e colore, una storia di vita povera e
libera, dove i costumi di Fendi creano una sorprendente modernità: jeans con inserti di pelliccia in una esplosione di colori
mischiati.
TERZA SEZIONE: Missoni. Dalle nebbie di Scozia alla luce di Africa
I Missoni si presentano nel 1983 al grande pubblico del Teatro alla Scala con 120 costumi disegnati per Lucia di
Lammermoor di Donizetti, con regia di Pizzi. Sette di questi abiti sono esposti in mostra e rivelano una suggestiva fusione
delle linee e dei materiali impiegati per i modelli con la musica e la storia dell’opera, tratta da Walter Scott, ambientata tra le
nebbie di Scozia. D’altra parte, nelle esperienze teatrali, i Missoni rispettano sempre la loro essenza creativa. E così
avviene nell’happening Africa di Missoni, ideato per Italia ’90. Ne possiamo ammirare i costumi in cui righe, zig-zag,
geometrie primitive, espliciti riferimenti alla cultura Masai, Mali, Atuna, Dogon, Chad, Senufo, Bantù, si intrecciano a simboli
artistici più colti, ispirati a Klee e alla cultura metafisica.
QUARTA SEZIONE: Roberto Capucci e le primedonne del belcanto
La sezione illustra l’attività teatrale di Roberto Capucci che nel 1986 debutta sulla scena operistica dell’Arena di Verona,
con i suoi 500 metri di taffetas bianco, argento e ghiaccio, utilizzati per i 12 costumi delle vestali in sfilata solenne sulle note
di Casta Diva, un omaggio a Maria Callas.
La teatralità delle creazioni di Capucci diventa segno imprescindibile delle primedonne del belcanto che indossano i suoi
abiti in occasione di importanti recital. Abiti plasmati sul carattere delle interpreti, sul loro repertorio e sui loro atteggiamenti
in scena: l’eleganza dell’attrice-cantante Kabaivanska, la soavità della purezza vocale della Ricciarelli, l’aerea leggerezza
della Bonfadelli e la solennità della tragedienne Antonacci.
Nel 2002 vengono presentati al Teatro San Carlo di Napoli due costumi realizzati per un nuovo Capriccio di Strauss, con le
scene di Arnaldo Pomodoro. June Anderson indossa nel primo atto un costume in taffetas plissé in nove toni di rosso e nel
secondo atto un costume-manto in taffetas e lamé in nove sfumature dal giallo, al beige, all’oro. È questo uno dei rari casi in
cui moda, teatro, arte e musica si fondono magistralmente e naturalmente viene messa in scena la capacità espressiva e
comunicativa dell’abito-costume che, attraverso l’eloquenza delle stoffe, descrive un carattere, suggerisce e costruisce un
personaggio femminile capace di essere unico.
QUINTA SEZIONE: Armani
Il primo impegno di Giorgio Armani come costumista teatrale risale al 1980. Per Janis Martin in Erwartung di Schönberg al
Teatro alla Scala, disegna un abito-tunica bianco, segno luminoso in una scena buia e spoglia. Negli impegni teatrali
successivi lo stilista lavora come puro creatore di moda, con adattamenti cromatici dei suoi abiti alle scene. Segni della sua
produzione si trovano nell’Elektra di Richard Strauss per il Teatro alla Scala nel 1994, in Les Contes D’Hoffmann di
Offenbach sempre per la Scala nel 1995, nel Rigoletto di Verdi alla Los Angeles Opera nel 2000 con la regia del cineasta
Bruce Beresford e, soprattutto, nel Così fan Tutte di Mozart, presentata il 18 gennaio 1995 alla Royal Opera House Covent
Garden di Londra e il mese seguente a Roma.
La produzione teatrale di Armani trova tuttavia il suo terreno d’elezione nella danza e nel musical com’è ben dimostrato dai
costumi per Bernstein Dances di Neumeier, per Tosca Amore Disperato (2003) di Lucio Dalla, liberamente ispirata all’opera
di Giacomo Puccini, e soprattutto dalla spettacolare Bata de Cola indossata da Joaquin Cortes in Joaquin Cortes Show
(2002), mai esposta in Italia prima d’ora.
SESTA SEZIONE: Marras da Sogno
Le suggestioni, il mistero e la magia del teatro shakespeariano inducono Antonio Marras a creare nel 2008 i costumi, qui
esposti, per il Sogno di una notte di mezza estate, allestito al Piccolo Teatro di Milano con la regia di Luca Ronconi e le
scene di Margherita Palli. La storia, intrisa di libertà e fantasia, dell’amore di Titania e Oberon, di Elena, Lisandro, Ermia e
Demetrio, viene trasposta da Ronconi in una sorta di scenario urbano, un bosco-città, una foresta incantata, dove i costumi
dello stilista sollecitano il mondo visionario del testo, alternano il tulle oscuro delle fate e la garza bianca stropicciata dei
quattro amanti, divise eleganti e, per gli elfi, un look stile vittoriano-dark.
SETTIMA SEZIONE: Il Made in Italy diventa teatro
A partire dalla metà degli anni Novanta, accanto a stilisti che mantengono una continuità nell’impegno teatrale, si registrano
apparizioni solitarie, ma sorprendenti, come nel caso di Romeo Gigli che disegna nel 1995 i costumi per Die Zauberflöte di
Mozart al Teatro Regio di Parma, esposti in questa sezione; in un gioco di intrecci tra colori, fogge surreali, con riferimenti al
passato e a un’idea di futuro, lo stilista mette in risalto il tema della trasformazione dello spirito umano, amplificato dal
movimento dei danzatori e dalla voce umana.
Nel segno di Carmen è l’esperienza teatrale di Alberta Ferretti che nel 2001 disegna 490 costumi di scena (di cui cinque
magnifici esempi in mostra) per l’opera di Bizet alle terme di Caracalla a Roma, dove reinventa una Spagna essenziale,
tutta giocata sui colori bianco, rosso e nero.
Il clima degli anni Venti del Novecento, con riferimenti all’art déco, alla cultura del jazz e del charleston, è rievocato invece
nei costumi di Enrico Coveri per i protagonisti di Il Grande Gatsby, andato in scena nel 2000 al Teatro alla Scala e,
soprattutto, nei costumi creati da Valentino per l’opera contemporanea in due atti The Dream of Valentino, presentata nel
1994 in prima mondiale al Kennedy Center di Washington DC. La storia di Rodolfo Valentino viene ripercorsa nella sua fase
americana, tra il 1913 e il 1926, con creazioni che spaziano dalla rievocazione settecentesca per i costumi à la française di
Monsieur Beaucaire, al modello da gaucho per la citazione del film Sangue e Arena, ai modelli femminili che rimandano alle
linee e alle decorazioni tipiche degli anni Venti.
OTTAVA SEZIONE: Versace Teatro
“Il teatro è il mio vero amore…” così affermava Gianni Versace parlando della sua passione per l’opera e per la danza. Il
teatro per la maison Versace è un impegno continuo, con la creazione di costumi che esprimono pienamente il trionfo del
suo gusto barocco, in un’accezione di pura teatralità seicentesca. Lo sguardo di Versace si apre ad una libertà totale di
inventiva e la collaborazione con Maurice Béjart, Bob Wilson, Roland Petit, John Cox, William Forsythe e Twyla Tharp gli
offre la possibilità di reinventare il passato coniugandolo con il presente.
Si trovano qui riuniti capolavori assoluti, dai costumi per il balletto Josephlegende di Richard Strauss, in scena al Teatro
alla Scala nel 1982, a quelli per il Don Pasquale di Gaetano Donizetti del 1984; anno in cui incontra anche il coreografo
Maurice Béjart e realizza i costumi del balletto Dionysos. E soprattutto quelli creati nel 1987 per Salomé di Strauss, messa
in scena da Bob Wilson al Teatro alla Scala di Milano, in cui raggiunge uno dei suoi vertici creativi: velluto, taffetas e crêpe
de chine di seta, organza, raso, cordoni di fili di seta, con un chiaro omaggio a Elsa Schiaparelli, nelle fogge anni Quaranta,
e a Roberto Capucci per le maniche a scatola. La regia sdoppiò i personaggi su due piani, i cantanti con modelli altamente
scenografici, e i mimi e i ballerini, rivestiti da strutture che sintetizzavano lo spirito del costume principale.
Gli impegni per il teatro diventano per Versace sempre più numerosi; lavora moltissimo con Béjart, ma anche con Roland
Petit e l’American Ballet Theatre. L’intreccio tra arte e moda raggiunge l’apice nel 1989 nelle invenzioni per Doktor
Faustus, presentato al Teatro alla Scala con la regia di Bob Wilson: intreccio di combinazioni cromatiche e libertà informali
delle linee, abiti e copricapi sculture, con segni grafici arditi, netti, ispirati alle invenzioni di Mirò.
Ogni sezione è corredata da un video con immagini tratte dalle principali rappresentazioni teatrali, in cui i costumi
ideati dagli stilisti si possono vedere indossati dagli interpreti, godendo così a pieno della bellezza e dell’arte di
queste creazioni nel contesto per cui sono nate.