diversalità

è uscito il numero sette l’ottavo foglio – dicembre 2011.
l’avventura continua ed è possibile richiedere il numero in copia.
in questo foglio:

• I “diversi” nei disegni di Melanton (Antonio Mele)
• Francesco Pasca – il Senso ed il Verso nel Non Senso
• Maurizio Nocera – occhi di Down e della Diversalità
• Francesco Carrozzo – delle e nelle diversità
• Carlo Stasi – La poesia visiva come immagine possibile
• Gianmarco Chiavari – fra i ragazzi di De Pisis ed il Calle veneziano
• Antonio L. Verri – diario ottobre 1983
• Francesco Aprile – disarticolazione

(Otto) – (8) – () di Francesco Pasca

 

 

il numero del palindromo bifronte, quello dell’ottavo foglio.

Era già un po’ di tempo che gironzolava, fra me e Maurizio Nocera, l’idea di un foglio poetico, quando poi, nel febbraio 2011, con lo stesso Nocera e con Francesco Carrozzo, si iniziò a parlarne convinti. Nessuno di noi prevedeva, né pretendeva che, una qualunque azione intrapresa potesse diventare una pratica certa, almeno tale da essere duratura nel tempo. Il massimo di quella convinzione era, per lo più, volta a definirsi nell’arco di un indispensabile. Di lì a poco, fu motivo di vera scelta e di una voluta partecipazione diretta ai fatti che accadono in poesia. La sorte di questa scrittura la decidemmo in un percorso lasciato al caso, al “disordine” di un’idea in cui spesso si vive e si considera l’altro, il nuovo e diverso. La convinzione di tanto, nell’allora, risiedeva circoscritta solo alla certezza di voler fare qualcosa di urgente. L’altro era il fare e l’accogliere e, nel raccogliere, volevamo le opportunità e le tante idee che apparivano e scomparivano nella monotonia di un quotidiano letterario. La forma non doveva, direi meglio non poteva rappresentarsi con l’abituale. Di quell’abituale cercavamo proprio il cambio di abito.

L’editoria non ci sorrideva né ci faceva occhiolino. La stessa “economia” delle parole non poteva essere nuovamente lasciata allo scrivere per lo scrivere, all’accumulo di nero inchiostro sulla carta. L’idea fu la partenza di sempre, dettata dall’urgenza. E, l’impellente diveniva quanto di simile avvenne negli anni ’60-’70-’80. Anche l’allora fu urgente, gli anni di quell’allora oggi sono dichiaratamente differenti sebbene accomunati dalla stessa necessità. Per scrivere ieri come oggi c’è un foglio di carta, ieri anche una Bic, e, quando si voleva tradurre quella spontaneità in necessità da divulgare avevamo il caro vecchio ciclostile. Si sarebbe potuta ri-perpetrare quella traccia, ne avevamo, ne abbiamo ancora i mezzi sebbene considerati obsoleti. Non l’abbiamo voluta così solo per ri-marcare, ma, abbiamo scelto e rivolto l’attenzione a quanto di più simile poteva ricordarcela, con la fotocopia. Era fondamentale il vecchio carburante mescolarlo con il nuovo, con la “nuova macchina” da scrivere. I caratteri potevano, in questo, aiutarci. Niente è mai nuovo sotto il sole. Le Ombre però cambiano. Sapevamo bene delle difficoltà. Dare vita ad un foglio letterario poteva ricadere anch’esso nel verboso quotidiano, lo stesso dal quale volevamo rifuggire. Oltre all’urgenza sentivamo il diverso fare quello che stavamo cercando e, la fattibilità di poterlo realizzare, c’era. Di fatto, in uno dei tanti caffè da degustare, ci trovammo a discutere del come presso  il caffè oggi ex Cibus Mazzini di Via Lamarmora, 4 (piazza Mazzini)  a Lecce.

In quel marzo lo frequentavamo assiduamente per aver esposto, presso gli stessi locali, le mie operazioni visive, i miei ultimi acrilici eseguiti con tecniche miste ed apporti digitali sul tema della pavimentazione otrantina di Pantaleone da Casole, nonché per aver dialogato, in affinità, sul volume: Otranto- dialogo virtuale sulla scrittura di pietra – Editrice ilRaggioVerde. Fu così che le riunioni si succedettero con febbrile richiesta da parte di ognuno di noi sino a dare inizio ed abbozzare un sottile gioco al rimando con le parole per un titolo da fissare, con cui iniziare.

Versi, Diversi, Scriver(E)si, ®iversi, fu l’inizio. Ognuno di noi fece la sua parte, per quel che mi riguardava, l’andare a pregustare un lavoro non finito o quantomeno da poter manipolare nei termini, mi attraeva e non poco. Da quelle confuse idee vennero fuori anche le confuse parole. Si dichiararono i verbi, i sostantivi, gli aggettivi, le particelle pronominali, i prefissi e i prefissoidi, i suffissi aggettivali con gli avverbiali e i verbali, quant’altro le canoniche parole del vocabolario suggerivano. Dalle “Alitare, versare, versatilità, diversamente”, “diversificare”, “diversificazione”, “diversione”, digressione, “diversivo”, “diversità” divennero i neologismi o quanto a loro attribuibili come fonema. In questo abbozzo e guazzabuglio di parole mancò per un pezzo la chiave conclusiva di una aggettivazione utile all’idea. La prima parte dell’idea restò impantanata nelle stesse parole. È appena utile dire che, probabilmente, per tutti noi restò per lungo tempo l’eco del “Dire”, “Fare” e “Diversificare”, come del “Verso”, dell’Uni-Verso, e del “Senso”. Parole queste che ci richiamavano più da vicino le nostre intenzioni.

Comunque, sempre presso “Cibus Mazzini”, questa volta con un aperitivo dal rosso rubino e dal giallo cromo dalla provenienza di un giardino dal profumo di zagare accompagnato da quanto può dichiararsi “robusto”, arrivò la sostanziata aggettivazione, che, con grazia grafica e poetica prese il nome di una somma “trina”, quella tra Diverso_ Universo_Alitare. Ecco che, la prima forma gradita all’orecchio fu dapprima Diversale poi Diversalità, poi ancora Divers(alità®). Il Risultato finale fu di effetto grafico. É quello che leggete e vedete.

Fu anche l’accento sull’ultima e fu una ERRE, fu l’accento scandito dalla parola palindroma bifronte, e, la cascata di lettere che l’accompagnano furono e sono quelle del nostro (a)b(b)e(c)e(d)ario e della numerazione. Normalmente, anche quelle da me usate per comporre le nuove e le vecchie parole, le operazioni mentali.

Eravamo e siamo d’accordo. L’avventura iniziò e ancora continua.

Il “percorso” fu, e, di un foglio letterario, si diede inizio al serio gioco.

È ancora breve la storia. La n. Zero è dell’altro ieri, contava di sole quindici copie e dieci pagine. Per darne conto si autocertificarono gli scritti con le nostre firme. Avvenne altrettanto per la successiva. Oggi ne consideriamo originali solo venticinque (25), il resto si fa fotocopiare, poi ancora fotocopiare, fotocopiare e, quel che non si fotocopia diventa virtualità, parola e null’altro.

Seguiamo la formula dello scomparso Antonio Leonardo Verri, con : “spedite fogli di poesia, poeti/dateli …” .

1)             Foglio n. zero l’inizio con il diario di Antonio L. Verri

2)             Foglio n. uno la raccolta della “follia” in arte.

3)             Foglio n. due dedicato a Carmelo Bene.

4)             Foglio n. tre dedicato a P:P.P. Pier Paolo Pasolini

5)             Foglio n. quattro dedicato alla Memoria

6)             Foglio n. cinque dedicato al poeta e storico Ignazio Delogu

7)             Foglio n. sei dedicato all’abbazia di san Mauro e all’estetica del colore e della parola.

8)             Foglio n. sette – Fra diverso e diversale, fra universalità e diversalità.

Con noi, a condividere l’uscita sinora programmata, la presenza di chi ha voluto condividere le nostre pagine. Questi sinora i partecipanti: Mauro Marino, Paolo Vincenti, Francesco Aprile, Elio Coriano, Carlo Stasi, Ada Donno, Aicha Bouabaci, Gianmarco Chiavari, Paola Marconi, Stefania Papara, Marisa Romei, Danilo Scorrano.

A dare spessore alle copertine con le loro opere artistiche sono finora stati: Massimo Pasca, con quattro numeri (l’albero dei poeti, la rivisitazione dell’autoritratto di van Gogh, Carmelo Bene e P.P.P. Pier Paolo Pasolini) poi ancora Nello Sisinni, con tre numeri (natura morta con peperoncini, le tarantate e paesaggio salentino), Oggi Antonio Mele (Melanton) in questo numero la sua prima trilogia. Il foglio si è anche accompagnato con la presenza dell’Archivio fotografico della Casa Editrice Lorenzo Capone e di alcune xilografie della pittrice Silvana Russo. Chissà se un sogno non ci svegli con la certezza di essere svegli. Continuiamo!

Ma, nella contraddizione del Fare-Parole, siamo già svegli.