Lao Diversale

“Lao” Diversale

bambola di Contrada Li Cuti

di Francesco Pasca

 

La verità di ciò che si asserisce si ricava dal provare la falsità dell’opposto e, se le quantità sono uguali, la retta sia sempre retta non curva e l’impossibile sia dunque il suo contrario.

Il prodotto di tale asserzione è insita nel gioco e il giocattolo ne è il suo prodotto spesso dato dal caso e dal poi possederlo. Quest’ultimo fa nascere il bizzarro pensiero; il come sarebbe potuto esserlo se fosse stato dettato dal conscio o il come, se a disporlo, in quel caso, fosse stato il mero cadere addosso verso l’idea di un precipitare di Luna. Un’idea parrebbe così strana che, strapperebbe il sorriso a chiunque e, per chi scrive, invece si fa seria e se ne dispone l’animo ad essere esaminata tra la possibilità di una vera gravitazione verso l’idea, il precipitare di Luna che, è verso la Terra.

Del caso è qui il narrare e lo è anche per quel che vi è di fortuito e oggi palesato con lo scriver di bambole. È questa l’essenza di ogni accadere e spesso se ne fa congettura anche sopra gli effetti.

Domanda è: Può il caso, per ogni sua forma o in tutti i suoi giochi far assumere l’impossibile del prevedere e quindi anche del raccontare?

Oppure, così è quel che si crede riposto per caso o affiora e ne diventa la storia?

Ho proposto d’affrettare quindi la storia e, a gennaio, Diversalità entra nel suo terzo anno solare con l’annualità 2013. Il 2012 che, ne è stato il suo parziale coi suoi dodici numeri, ha colmato la prima di otto e oggi è al suo ventunesimo di quei Fogli, ne fa la differenza. Della prima si son raccolti gli otto mesi del suo finire, della seconda quel che appena s’affacciava con il suo primo che, ne è il ventunesimo. Dell’ultimo Foglio il titolo e il suo scrivere s’è voluto con nome di: LAO-Storie di Bambole. Il gioco nato per caso ha preso briglia, tirò il morso e oggi già galoppa. Quale miglior inizio se non l’andar per quell’anellare le storie avvenute per mezzo e con un giocattolo, probabilmente, d’inizio scaramantico, forse propiziatorio, forse sussurrato a sola funzione semantica, forse ancor più ludico o attraversato dal tempo come le statuette raffiguranti figure femminili uguali e diverse, come quelle rinvenute in tombe egizie, o in etrusche o romane, o in tutte quelle ritrovate ed assegnate con un valore simbolico legato alla fertilità, alla procreazione, al non mai rinunciare e a continuare a scrivere che, nel caso è il poi, ch’è il gioco.

Diversalità vuole essere come ragazze greche. Oggi, si scrive e si propone d’offrire alla dea “Artemide”, ch’è la scrittura, o a trovarsi tra altre storie di bambole fatte con caratteri in argilla cotta, di osso, di cera o ancor meglio se di bianca ceramica. Il rito di chi scrive significherà l’altrettanto addio alla fanciullezza che fu l’incertezza d’inizio e oggi ne diventa il rivelarsi nel: non sarà più rinuncia al gioco. I nuovi Fogli saranno pagine di bambole di legno, di cera e d’avorio, saranno bambine raccontate e da raccontare.

Le nuove bambole saranno gli “incunaboli” di una produzione in gesso e cartapesta.

Diversalità sarà fatta di luce e d’inchiostro. Sarà il risultato di oggetti di lusso che incanteranno soprattutto gli “adulti” e diventeranno le messaggere di moda scritta.

Diversalità trasmetterà le ultime novità in fatto di scrittura abbigliata. Accanto al ricco e al raffinato troverete il vero incunabolo e continuerà la produzione per case di bambole con piccoli e pregevoli oggetti di scrittura.

Farà delle bambole le prime a caratteri semoventi, mobili, di nuova scrittura digitale.
Per propiziarsi alla scrittura, il numero di gennaio inizia per questo, con Tante Storie.

La mia sarà la bambola del pretesto d’inizio. Da curatore assumo l’iniziativa per parlarvi di quel che è oggi, del perché una bambola è divenuta “mia”, del perché dimora nella “mia casa” e del perché si accompagna ad un breve manoscritto per mano di un grande cartapestaio. Il come ci sia arrivata è parte di questo breve racconto:

***

In una “sua” realtà che è relativamente recente, a quel tempo era lo svolgersi dei fatti nell’agro detto di Durango in contrada Li Cuti, poco distante dall’attuale cittadina di Sannicola.

Così fu l’inizio di “Lao”. Così, lo fu per tempi non assai remoti.

Sebbene la contrada fosse poco popolata era comunque abitata da chi amava viverla e da chi era dedito per quella terra. Le famiglie laboriose che vi sostavano in quell’inizio furono le radicate alla terra. Dapprima furono i Massa, i Daniello e i Durango, di provenienza in parte gallipolina, in parte laziale e marchigiana, precisamente romana e giulianoviana.

Successivamente, quei poderi toccarono, per avvenuto matrimonio, all’unica figlia femmina e ad un nuovo nucleo che divenne dei Miggiano-Danniello-Manco. Nell’allora dei Massa, dei Daniello e dei Durango erano allocate tipologie proprietarie o nuclei familiari appartenenti in genere a famiglie abbienti di Gallipoli e,  a vivere con la famiglia proprietaria vi erano anche famiglie contadine, quest’ultime dimoravano nelle stesse case, ma a pertinenza, principalmente dedite alla coltivazione e alla custodia del terreno limitrofo. Lì in quel Luogo vi si curava del buon vino di malvasia e negroamaro.

Come accennato, a seguire, si continuò a vivere al civico 1 di quel luogo, lungo. La contrada ancora oggi è detta Li Cuti e si abbraccia a porzioni di terra ormai smembrate, divisa per appartenenze differenziate ed altrettanto segnata, assegnata per altre vicende e spartizioni.

Oggi quel tempo è divenuto del: progressivamente diminuire nell’animarsi.

I suoi già abitanti, meglio dire che sono scomparsi, che si oramai si avvicendano in attesa di un nuovo.

La storia della bambola di nome “ Lao” inizia lì, intorno agli anni 1920 e a segnarne la vicenda fu che, “Lao”, ormai bambola di contrada Li Cuti, ebbe a fare compagnia ad una bimba di nome Gigia. La bambola aveva ed ha ancora capelli di lana e alpaca, non aveva ed ancora non ha scarpette e mostrava e continua a mostrare rotondi e paffuti piedi nudi.

Allora erà lì, seduta e ben ritta, aspettava sempre con ansia che la bimba Gigia la coccolasse, la prendesse in braccio per giocare. Gli occhi di Lao erano predisposti e sempre pronti ad acchiappare l’attenzione della piccola Gigia. È bello chiacchierare con la bambola, è bello vederla ordinata e compunta seduta al centro del proprio lettino, in attesa.

Ma le attese a volte sono lunghe e capitano strane sorti alle bambole.

Sebbene le bambole non invecchino mai avviene che, altre attenzioni invecchino e anche la bimba che la trastulla trascorre quel tempo, invecchia il suo tempo. Nel frattempo anche per la bambola avviene quel che l’usura ha dettato e allora le si disarticolano gli arti dal corpo e divengono pezzi scomposti. Avviene che la bambola strabuzzi gli occhi, che le braccia e le gambe non siano più tenute dal magico elastico, che non trovino più l’asilo di un alloggio.

La testolina di “Lao” allora reclina come declina lentamente la vita di chi le è stata accanto. Nell’Inesorabile si costruisce l’immediata custodia, si predispone la bara di cartone dove far riposare il suo corpo. Da quel momento è solo reperto individuato nel suo contenitore chiuso, fasciato con un nastro scarlatto e con la scritta “LAO”.

Ha molto giocato la bambola di Contrada Li Cuti, ha ora bisogno di un lungo riposo.

Ma quanto può durare il riposo di una bambola? Il Tempo e i suoi numeri che sono attimi o anni è l’uguale durare di quel che accade in tutti i giochi di rischio e di fortuna?

Dai molti attimi o anni supposti in un’urna è impossibile il prevedere che, ad uscirne, debba essere un numero di tempo piuttosto che un altro, né potrà mai porsi lusinga di indovinare il quanto sarà lungo quel Tempo.

In quell’oblio “Lao”, la bambola di Contrada Li Cuti, sostò come bell’addormentata in attesa del bacio di una nuova principessa, di chi con amorevole cura ne potesse ancora disporre, giocare, far rimettere l’elastico del tempo interrotto, darle alloggio alle membra e farsi ancora una volta osservare dai e con suoi occhi.

Cambiano gli occhi della bambola, nel tempo possono diventare l’interrogativo, il nuovo terrore di essere dimenticata. In Contrada Li Cuti ci saranno nuove vicissitudini, nuovi incontri, nuove opportunità. Il ricordo di “Lao” è sempre presente, si conserva, se ne parla e si chiederanno le storie di quella Contrada. “Lao” è sempre lì, custodita nel suo involucro di cartone, ha un ditino amputato, il naso pestato, il roseo colore delle sue guance appassito, mostra la sua natura di carta. Ora è una nuovo nome di padrona, è Pinù che, le porta attenzione.

Sebbene malconce non invecchiano mai le bambole. La sua nuova padrona è già grande ed ella decide di farla rivivere, di ricomporla, di rivestirla, di disporla per nuova vista ed attesa.

Pinù sa che è preziosa per i suoi trascorsi e per l’affetto che le è stato donato.

Ora la bara di cartone può essere scucita dal suo nastro scarlatto, aperta e “Lao”, amorevolmente, condotta con i suoi resti scomposti dal “medico” delle bambole.

Non è solo una bambola è anche un ricordo di storia, lo testimonia una lettera ritrovata che l’accompagna.

“Lao” diventa bambola Diversale, assume l’aspetto di quella effigiata in copertina. “Lao” è dell’artista Agesilao Flora all’epoca dimorante in Gallipoli.

Agesilao Flora (Latiano, 29 luglio 1863 – Lecce, 11 dicembre 1952) è stato un pittore italiano. Flora nacque a Latiano, nel luglio del 1863, da una famiglia di artisti. Il padre Vito Nicola, era anch’egli pittore, mentre era parente di Abramo Flora, noto statuario in cera, le cui opere si conservano presso il Museo di Capodimonte. Si dedicò principalmente alle decorazioni, ai paesaggi e anche alla cartapesta.

Questo è il manoscritto che l’accompagna ed è datato Gallipoili, 23 gennaio 1925.

Cara piccola Gigia, ecco la mia, oggi tua, bambola, come promesso. Mio padre ha donato a me la maniera per costruirla con gioia e con povera carta ed io la regalo a te con il restituire dal nulla la ricchezza modellata in un manufatto di magico regno. In Contrada Durango, in quel di Sannicola di Lecce, per amore dell’arte e di ventura nel trovarmi a dipinger su vele e ad inghirlandar festoni di colore, mi trovai ospite suo per render più graziosa la vostra dimora. Nell’esaudire le spettanze vostre e per ringraziar tuo padre dell’aver scelto me qual suo decoratore ho avuto idea del far gioire te, una bimba stupita dal mio colorare con geometrie floreali. Qui con te, oggi, è il mio segno di carta e il mio ringraziamento.

Agesilao Flora, pittore.

Gallipoli 23 gennaio 1925”

Come può finire o continuare una storia?

“Lao” può solo continuare ed il suo preambolo può essere, per ora, solo scritto per un foglio letterario dal nome  Diversale.

“Lao” racconta e racconterà; “Lao” scrive”; “Lao” porterà nuova iniziativa alla Contrada Li Cuti