Francesco Spedicato. L’uomo che canta da tenore

Anteprima nazionale a Lecce il 25 giugno nel Teatro DB d’Essai

Chiacchierando con Francesco Spedicato

Dagli esordi allo spettacolo ““Non sono un tenore ma un uomo che canta da tenore”

di Antonietta Fulvio

Un nome che rappresenta l’Italia nel mondo. Tito Schipa. “Non sono un tenore ma un uomo che canta da tenore”. Da una frase del grande Tito trae il titolo il primo disco del tenore Francesco Spedicato, che sarà presentato in anteprima nazionale a Lecce, il 25 giugno nel Teatro DB d’Essai. Nella sede dell’associazione Orpheo che produce il disco e lo spettacolo abbiamo incontrato l’uomo che canta da tenore che, senza trucco, si è raccontato svelando come nasce il suo personaggio.

 

Quando hai incontrato la musica?

La musica è dentro di noi. Poi arriva un momento in cui crescendo ti rendi conto di poter fare una scelta e se sei in grado di ascoltare la musica che hai dentro magari la scelta è quella giusta. Da ragazzino avevo una predisposizione naturale per il canto, è sempre stata la mia valvola di sfogo, anche se ho iniziato a studiare come pianista. Era molto difficile entrare in Conservatorio, pur avendo conquistato l’idoneità, non fui ammesso e all’epoca rinunciai nonostante il parere contrario dei miei genitori. Mi iscrissi all’Istituto tecnico industriale e proprio lì più tardi grazie all’insegnante di educazione fisica Fausto Cino che organizzava lo spettacolo di fine anno  mi ritrovai sul palcoscenico a cantare, e da lì è iniziato tutto.

 

E sei riuscito ad entrare in Conservatorio…

Ho iniziato al Conservatorio di Lecce sotto il nome di Tito Schipa.

Un percorso non facile ma che mi ha permesso di approfondire lo studio e la tecnica della musica. La svolta è arrivata qualche anno dopo. È stato il tenore Salvatore Cordella ad individuare il colore giusto delle mie corde, ho continuato gli studi sotto il nome di un altro grande compositore pugliese, Nino Rota, completando la mia formazione nel Conservatorio di Monopoli. Lì ho scelto anche di perfezionarmi, ottenendo il massimo dei voti e la lode, sono stati anni fantastici.

 

E poi sono arrivate le grandi occasioni artistiche…

Sì, esperienze artistiche determinanti dal Concerto al Parlamento europeo di Bruxelles al debutto in opere come il “Barbiere di Siviglia” di Rossini, nel “Rigoletto di Verdi, “La Gioconda” di Ponchielli affiancando artisti di fama mondiale del calibro di Giovanna Casolla, Elisabetta Fiorillo e Roberto Scandiuzzi. Il palcoscenico lirico mi ha dato tanto ed è lì che nasce l’embrione di ciò che sarà l’uomo che canta da tenore.

 

Poi arriva un viaggio di studio con il tenore Cordella a New York. 

Un viaggio determinante per la mia carriera. Al Teatro Metropolitan di New York mi sono trovato al centro della grande musica e me ne sono nutrito assistendo a rappresentazioni di opere liriche con i più grandi artisti e direttori d’orchestra del mondo.

 

Come nasce questo disco?

Il disco vuole essere un omaggio sentito a Tito Schipa, al mio vero maestro nel tempo. Ho sempre avuto una grande ammirazione per lui e trovarmi a New York, seguire le sue tracce, percorrere i luoghi in cui è vissuto ascoltando la sua musica è stata una opportunità  grandissima.  Poi il ritorno a casa, l’incontro con Beppe Vessicchio che mi ha aiutato a canalizzare le mie energie e mi ha dato l’opportunità di esibirmi per la prima volta come l’uomo che canta da tenore nella manifestazione “30 ore per la vita” al Teatro Brancaccio di Roma. Un’esperienza artistica eccezionale. Incredibile anche l’incontro con Carolina Bubbico, non nella nostra Lecce, ma dietro le quinte del Brancaccio. Una straordinaria musicista e cantante che ha diretto la canzone vincitrice del festival di San Remo e che ha accettato di partecipare al mio progetto duettando con me una dolcissima “Amapola”.

Nel tuo lavoro discografico hai privilegiato uno strumento classico come il mandolino ma anche le percussioni attingendo nel repertorio classico della canzone napoletana e italiana. Cosa ti ha orientato verso questa scelta così particolare?

Nel disco confluiscono diversi universi paralleli: dalla voce del tenore, alle vibrazioni dei plettri di uno strumento classico, il mandolino,  icona della musica italiana per eccellenza che oltre alle sonorità dell’Ottocento riesce ad esprimere note di altissimo livello tutt’oggi. Un sound unico quello dell’Hathor Plectrum Quartet arricchito dalle percussioni di un altro musicista straordinario, Matteo Spedicato, che è anche mio fratello e mi accompagna in questo vero e proprio viaggio nel repertorio della canzone classica con Vivere e Torna Piccina dell’intramontabile Bixio, passando per Napoli con brani celebri, ‘O Sole mio, Reginella, Spingule francese, I’ te vurria vasa’, Marechiare e Torna a Surriento e tornando in Puglia con le note di Nino Rota in Brucia la luna e brani cult dell’indimenticabile Domenico Modugno: Nel blu dipinto di blu e Vecchio Frack. Un itinerario nel nome del belcanto.

 

Hai voluto autoprodurre il tuo disco con il marchio di Orpheo. Ci spieghi chi è “Orpheo per l’alba di domani”?

Orpheo è un laboratorio di idee. L’associazione nasce da un suggerimento del maestro Beppe Vessicchio e intende creare un centro di gravità qui a Lecce che possa aggregare talenti musicali, puntando sull’arte e la cultura come elemento di crescita, comunicazione e “marketing attivo”. Con mio fratello Matteo e Andrea Rizzo, che è l’altro fondatore, ci riteniamo “portatori sani di idee”. Siamo giovani ma abbiamo già realizzato diverse iniziative oltrepassando i confini regionali e nazionali. Collaboriamo con artisti di fama internazionale amiamo la sperimentazione e prossimamente ripartiremo per un tour negli USA.

Chi è Francesco e chi è il tenore?

Francesco Spedicato è un musicista salentino alla continua ricerca di nuovi stimoli ed emozioni. L’uomo che canta da tenore è una scommessa di Francesco ed è frutto di un continuo girovagare intorno al mondo cercando di contagiare lo spettatore e al contempo di lasciarsi contagiare dalla bellezza della musica. È un esempio pacifico di rifiuto a qualsiasi tipo di etichetta, il frutto di una riflessione di tutti i colori che si trovano nel mondo ma rapportati ad un dna salentino che è a spiccata vocazione musicale.