La Basilica dello Spirito Santo. Eleganza monumentale

di Peppe Guida

NAPOLI. La Basilica dello Spirito Santo è un monumentale “Tempio” in cui si dispiega la storia di Napoli. La domina una delle più grandi e eleganti cupole della città.
Il monumentale complesso dello Spirito Santo, nasce dal reciproco intrecciarsi di tre corpi di fabbrica, quello della Chiesa, iniziata poco prima del 1562, su approvazione di Papa pio IV, del Conservatorio delle fanciulle povere e del Banco, dovute ad un’unica istituzione che ne determinò la fondazione: la Confraternita, poi detta dello Spirito Santo. Questi “pii napoletani” decisero di erigere una chiesetta presso il palazzo del duca di Monteleone.
Il Conservatorio delle fanciulle fondato nel 1562, in origine, doveva essere diviso in due fabbriche con cortile posto a destra e a sinistra dell’omonima chiesa. Tale ripartizione corrispondeva alla duplice funzione cui era adibito il fabbricato: una parte ospitava il Conservatorio delle fanciulle povere, l’altra il Conservatorio delle figlie delle prostitute, la cui “conditio sine qua non” per essere accolte, era quella di essere illibate.
Ben presto, a causa dei lavori di ampliamento della strada che univa via Medina allo Spirito Santo e in seguito alle disposizioni del viceré, Duca d’Alcalà, la Chiesetta venne demolita.
Fu però subito ricostruita in un luogo vicino, sull’asse principale, di Via Toledo, dove i confratelli avevano acquistato un suolo più esteso.
Il progetto fu affidato all’architetto Cafaro Pignaloso di Cava dei Tirreni. Operarono artisti come Luigi Rodriguez, Giovan Bernardo Azzolino e Giulio dell’Oca per affrescare la cupola, opere che diedero alla chiesa un carattere orientato alla cultura del tardo manierismo, ma saranno destinate alla distruzione, quando per il precario stato di conservazione della chiesa, a partire dal 1758, l’edificio fu trasformato e ampliato da Mario Gioffredo, che rappresenta il suo capolavoro.
Mario Gioffredo, supera la tendenza tardo-barocca per confluire nel pieno neoclassicismo, la monumentale Basilica è concepita come un grande tempio, che trae soprattutto dalla configurazione architettonica, il carattere superbo, imponente e maestoso, la cui vastità viene valorizzata da una sapiente distribuzione della luce solare.
Ancora oggi, al suo interno, vi sono molte testimonianze figurative, marmi e dipinti, che erano stati commissionati ai tempi della primitiva costruzione. In particolare; il portale marmoreo della facciata, le due acquasantiere collocate all’entrata, realizzate tra il XVI e XVII secolo, due monumenti funebri alle pareti della navata realizzati da Michelangelo Naccherino, più un altro monumento funerario con la statua giacente dell’arcivescovo di Bari, Cesare Riccardo, che si trova nella quarta cappella di sinistra dedicata alla Madonna del Soccorso.
A Fabrizio Santafede, maestro del naturalismo controriformato, si attribuiscono i dipinti su tavola, opere conservate nella parte del transetto sinistro, parte dell’antica chiesa con la volta affrescata da Belisario Corenzio. Vi sono inoltre, dipinti di notevole interesse artistico, come la tavola con il battesimo di Cristo, oggi attribuita al fiammingo Pietro Torres, un’Annunciazione di Giovan Vincenzo Forlì. La grande Pala di Gerolamo Imparato.
Nel rifacimento settecentesco si dispiegano invece le maestranze attive in quel periodo, Francesco de Mura, la grande pala per l’altare Maggiore, Francesco Celebrano, Fedele Fischetti, Paolo Persico per i busti marmorei e Giuseppe Scarola per gli stucchi. Anche gli ambienti della sagrestia arredata con eleganti armadi in radica di noce e anch’essa di ampie dimensioni furono decorati nel corso del Settecento.
I disegni dell’altare maggiore, del pavimento e dell’arredo in legno sono di Niccolò Tagliacozzi Canale. Matteo Bottigliero, fu attivo nella Basilica per la scultura di Ferdinando Cammarota, raffigurato a mezzo busto con una efficace resa naturalistica. Altri artisti che operarono nel “Tempio” furono: Tommaso de Rosa con il martirio di Sant’Erasmo, Orazio Frezza e Andrea Falcone che disegnarono l’Altare Maggiore, rifatto nel 1773 dal marmorario Antonio di Lucca e Paolo Persico, che lo arricchì degli elementi scolpiti.