Torre Mammalie e il principe Trebisonda

Girovagando nel Salento | I luoghi del mistero

di Raffaele Polo

C’è un luogo, sulla costa jonica, che mi pare il simbolo più adatto ad una storia d’amore piena di crudeltà e lontana nel tempo. Ma indicativa di come anche tra scorrerie e invasioni barbariche nelle nostre coste, il sentimento per eccellenza fosse sempre ben presente.

Torre Mammalie, foto di Alessandro Romano


Allora, spostiamoci nel luogo, verso la costa di Ugento, esattamente alla torre denominata ‘Mammalie’. E, nel tempo, facciamo un salto indietro di quasi cinque secoli. Ecco cosa narrano le cronache:
“Addì, 4 luglio 1547, sabato mattina una manica di 400 turchi sbarcati da 22 galee su l’acque di Ugento innanzi l’isola dei pazzi arrivarono alla torre, a tempo che li massari mungevano le pecore, s’impadronirono della porta e la gente si pose a fuggire sopra la torre, e quando uno vellano tirava le porte, un turco li tirò una archibugiata da una taula che dal ponte era rotta e lo buttò in terra per il chè, il ponte si abbasso e li turchi presero con la torre tutta la gente che furono tra donne e figliole un nove, e si caricarono delle robbe che si trovarono e andarsene a mare senza che li cavallai né torrieri l’avessero avvisto di niente”.
Sono trascorsi cinque secoli, ma è come se l’aria avesse conservato l’odore delle lotte, intessendo la storia affascinante e drammatica del principe Trebisonda, il quale scelse a dimora codesta torre, la più vicina al mare e alla dolce fanciulla che gli costò la vita.
Al primo assalto verso Torre Mammalie, si narra, “ il principe notò una giovinetta bellissima che, chiome al vento, dall’alto della rocca, si distingueva col dar manforte ai difensori.
Trebisonda ne rimase affascinato così tanto, da impartire immediati ordini ai suoi di desistere dall’assalto.
Ritornò al suo campo, e la calma tornò nella contrada… ma non nel suo cuore.
Tanto grande fu il suo tormento così che da solo, la notte, avanzò incontro alla torre nemica, sfidandola con lo sguardo.
Ma amore e imprudenza l’avevano perduto.
Fu catturato e una morte orribile fu lui decretata… di essere arso vivo nel fuoco.
Intanto, la giovinetta mirandolo da vicino, ne fu così colpita che restò pietrificata dall’orribile rogo e, gridando: “Nessuno mi avrà!” in mezzo al raccapriccio generale si gettò dalla torre, sdeguendo l’amato…”
Antiche cronache, è vero. Ma provate ad avvicinarvi alla Torre, di cui resta ancora qualcosa: guardate il mare, eliminate i rumori della ‘civiltà’ contemporanea. E sarete un tutt’uno con il meraviglioso sentimento che, in altri tempi, fece superare diversità e differenze, sino al sacrificio della propria vita.