Il Taccuino introduttivo alla Letteratura Salentina

Presentato ieri alla Fondazione Palmieri il libro sulle radici della cultura salentina di Raffaele Polo edito da Il Raggio Verde edizioni

di Antonietta Fulvio

Pensare al Salento come ad una meravigliosa Antologia poetica da sfogliare, leggere, custodire, divulgare. In estrema sintesi, potrebbe essere questo l’assunto del “Taccuino introduttivo alla Letteratura salentina” di Raffaele Polo, presentato ieri sera tra gli affreschi dell’ex Chiesetta di San Sebastiano, sede della Fondazione Palmieri.

Dopo l’introduzione della padrona di casa, Carla Palmieri, un pubblico numeroso e partecipe ha seguito con attenzione il vivace dialogo tra l’autore (a destra, nella foto) e il giornalista Giuseppe Puppo (a sinistra), direttore di leccecronaca.it, che firma la prefazione al volume edito da Il Raggio Verde.

In copertina l’immagine dell’artista e poeta Giovanni Polo, un’acquaforte/acquatinta realizzata nel 1998 e intitolata “La lanterna”. L’immagine suggestiva ed evocativa di una luce, che se pur fioca illumina, si presta ad indicare l’intento della pubblicazione che risponde ad un desiderio ma anche ad un bisogno: sfatare da un lato l’idea malsana che il Salento non abbia poeti e scrittori, ribadire con forza dall’altro l’urgenza di ricordare e ripercorrere le tracce letterarie lasciate da “meravigliosi eroi che hanno costruito, senza che nessuno se ne accorgesse, la Cultura salentina”.

Un’idea nata sulle pagine di leccecronaca, ha ricordato il direttore Giuseppe Puppo, con una rubrica che in trentasette settimane ha raccontato “un repertorio straordinario e prezioso perché là stanno le nostre radici, che continuano ad alimentarci e a farci rifiorire con il nutrimento della cultura”.

Ma che valore ha parlare oggi di memoria storica?

Nell’epoca del mordi e fuggi digitale, dei like a profusione lasciati senza leggere, molto spesso, nemmeno le poche righe di un post, recuperare la nostra identità culturale è una necessità imprescindibile. “Il Salento ha un estremo bisogno di raccogliere, conoscere e comprendere quali siano le sue radici”, ha spiegato l’autore, rispondendo alle domande del suo interlocutore, entrambi provenienti dalla scuola del giornalista Ernesto Alvino, il cui ricordo apre la pubblicazione. E come il titolo del suo libro, “Un giorno a Lecce città inconsueta”, la presentazione del Taccuino si è trasformata in una sorta di tour che Raffaele Polo ha “ricostruito” per catapultare i presenti nella Lecce degli anni Settanta, quando per strada si potevano incontrare personaggi come La zia Leda o Napoleone o imbattersi nell’artista Edoardo De Candia o incontrare proprio Ernesto Alvino in piazza Sant’Oronzo dove c’era la redazione de “La voce del Sud”, un giornale che per oltre un ventennio è stato un baluardo dell’informazione e della cultura a Lecce e nel Salento, una “palestra” per tanti giornalisti, oggi firme di spicco, un giornale che non temeva di andare controcorrente e in controtendenza alle posizioni della stampa nazionale, come accadde con i film scandalo degli anni Settanta.

Impossibile citarli tutti ma di alcuni – Ennio Bonea, Rocco Cataldi, Vittorio Bodini, Giulio Erminio Caputo, Giovanni Polo – si è potuto dar voce ai loro versi grazie alle letture di Pamela Minerba ed Emanuele Quarta, giovani attori dell’associazione culturale “Teatro Valle della Cupa”, diretta da Dora Solini.

È stato piacevole e interessante ascoltare questo inconsueto “tuffo nel passato”, cogliere la vivacità di quegli anni che su una fantomatica linea del tempo sono dietro l’angolo eppure il loro ricordo si sta perdendo. Come probabilmente, e purtroppo, accadrà tra un ventennio con il griko, la lingua degli Dei che aveva affascinato Pier Paolo Pasolini.

Alla domanda provocatoria di Puppo se sia possibile affidare alla realizzazione dei parchi letterari il compito di legare la Cultura allo sviluppo di un territorio, Raffaele Polo ha risposto con amarezza che finora nel Salento è mancata la volontà e chi di competenza ha disertato perdendo talvolta anche l’opportunità di disporre di fondi comunitari.

Negli ultimi cinquant’anni, ha ricordato, non abbiamo voluto occuparci della nostra salentinità, se è pur vero che il Salento è una realtà minima rispetto a quelle più importanti, eppure ha i suoi “eroi” noti e meno noti; la storia insegna che è il tempo a decidere la validità di un’opera e del suo autore, ma oggi il pericolo è la riduzione a folklore per cui, ad esempio, nelle sagre o durante i concerti molti cantino e ballino sul refrain Lallalero della nostalgica triste “Kali nitta” dello studioso e letterato Vito Domenico Palumbo, ignorando parole e significati del componimento nato dall’estro del famoso ellenista di Calimera.

Non si è portato la lingua grika nelle scuole, e quando per un fattore anagrafico scompariranno gli anziani e gli operatori culturali, che continuano a lottare in difesa di una diversità linguistica che è ricchezza del territorio, con loro tutto andrà perso. Se non si inverte la rotta, come si suol dire.

Nuoro è un immenso parco letterario dedicato a Grazia Deledda vincitrice del Premio Nobel che è un esempio di come il territorio può trarre beneficio dalla Cultura che non è una voce di bilancio – spesso da decurtare – nei bilanci ministeriali… Perché non pensare a Lecce e al Salento come un grande parco letterario? Potrebbe essere la sfida di chi amministrerà il territorio nel prossimo futuro.

Nel suo piccolo, senza pretese di esaustività né tantomeno velleità accademiche, Il Raggio Verde tenta questa inversione e apre con i Taccuini una raccolta che vuole porsi come approccio alla Letteratura salentina. Cogliendo l’importanza e i suggerimenti degli articoli dello scrittore che, in tempi non sospetti, ha parlato e ha scelto il Salento per ambientare le sue storie e ha scavato nella sua memoria, da buon lettore, andando a rileggere gli scritti di autori prolifici ma anche chi come Salvatore Bruno, ad esempio, ha scritto un solo libro, “L’allenatore”, pubblicato dalla Valsecchi nel 1963 ma che rappresenta la sublime testimonianza di un salentino di Presicce, di un uomo del Sud.

Quel Sud di cui parlava il poeta della “Luna dei Borboni” e che pochi realmente conoscono.

Da pochi anni Vittorio Bodini riposa nel cimitero di Lecce – ha raccontato Polo – accanto a Tito Schipa e quando fu apposto l’epitaffio con i versi del suo struggente componimento “Tu non conosci il Sud” fu commesso un errore nella trascrizione che cambiava il senso della poesia. Grazie a leccecronaca che segnalò il refuso l’iscrizione è stata corretta.

Di aneddoti, Raffaele Polo e Giuseppe Puppo, ne avrebbero tanti da raccontare, chissà forse finiranno in un altro Taccuino, e c’è da augurarselo perché la storia è fatta di microstorie che si incastrano come tessere di un mosaico. E tutte, ma proprio tutte nella loro unicità, sono necessarie per ottenere la visione d’insieme.

Sulla lettura dei versi Lu puparu di Giovanni Polo, si è concluso un incontro che ha affascinato e ha lasciato aperti tantissimi spunti di riflessione, molti sono andati via con la curiosità di andare a riscoprire chi sono i trentasette poeti e scrittori, voci autorevoli del nostro Sud presenti nel Taccuino: Ernesto Alvino, don Tonino Bello, Carmelo Bene, Vittorio Bodini, Ennio Bonea, Enrico Bozzi, Salvatore Bruno, Erminio Giulio Caputo, Rocco Cataldi, Girolamo Comi, Franco Corlianò, Francescantonio D’Amelio, Ercole Ugo D’Andrea, Giuseppe De Dominicis, Nicola G. De Donno, Iacopo A. Ferrari e Antonio De Ferraris, Cosimo De Giorgi, Luigi De Santis, Rina Durante, Salvatore Imperiale, Oberdan Leone, Arturo Leva, Mario Marti, Cesare Monte, Vittorio Pagano, Raffaele Pagliarulo, Vito Domenico Palumbo, Salvatore Paolo, Giovanni Polo, Raffaele Protopapa, Claudia Ruggeri, Maddalena Santoro, Michele Saponaro, Salvatore Toma, Donato Valli, Giulio Cesare Viola, Antonio Verri.

Per dirla con le parole dell’autore, “una meravigliosa Antologia poetica che abbiamo sotto gli occhi, a disposizione. Se solo ce ne accorgessimo…”.

(pubblicato su Leccecronaca.it il 1° marzo 2019)