San Miserino. Il più antico luogo di culto del Salento
Partiamo da lontano e immergiamoci in quelle storie che provengono da secoli e secoli addietro, tanto che risulta più facile credere che siano vere e proprie leggende, piuttosto che testimonianze sopravvissute alla distruzione e alla dimenticanza. E approdiamo sul finire del VII secolo, quando i bizantini avrebbero realizzato il ‘limitone dei greci’, nell’attuale Salento, un’enorme muraglia delle cui esistenza non esistono prove tangibili. Una linea di confine tra l’area bizantina e quella longobarda, oggi divenuto un itinerario che comprende tre comuni e svariati chilometri: Mesagne, San Donaci e San Pancrazio Salentino. È una linea immaginaria tra uliveti, vigneti ed enormi campi di grano: é una passeggiata da sogno, in grado di condurre attraverso luoghi ricchi di storia.
Si parte da Mesagne per poi proseguire verso sud, ammirando quanto resta della gigantesca struttura che si ritiene essere stata un tempo eretta: un muraglione a secco che nei punti più alti sfiora i tre metri d’altezza, con sezione trapezoidale e un’ampiezza di poco più di sette metri.
Ci si ritroverà poi sulla strada che collega Mesagne a San Pancrazio, in un’area ricca di testimonianze di epoca messapica. Proseguendo si passerà attraverso Cellino San Marco, passando per strade sterrate ammalianti anche grazie ai tanti alberi di eucalipto. Ci si ritroverà dinanzi al tempietto di San Miserino, considerato il luogo di culto più antico dell’intero Salento: con la sua copertura a cupola e l’interno ampio circa due metri, permette di apprezzare ancora tracce del mosaico a tessere scure che un tempo decorava interamente il pavimento.
L’antico tempietto di San Miserino si trova immerso nella campagna brindisina, nella località Monticelli fuori dall’abitato di San Donaci ed è ritenuto uno dei luoghi del culto paleocristiano più antichi di tutto il Salento. La costruzione, ascrivibile intorno al IV secolo, ha un aspetto peculiare a pianta ottagonale, coperta da una cupola che poggia su pilastri con capitelli decorati da foglie d’acanto datati al VI secolo. Nei quattro vani angolari si aprono delle nicchie e all’esterno dovevano esserci due avancorpi, uno dei quali è ancora visibile. Il pavimento era a mosaico e la cupola e le absidi presentano ancora tracce di colore, che fanno supporre che il luogo fosse tutto affrescato. Questo tipo di struttura, realizzata con tecnica edilizia caratterizzata dall’uso di malta e pietre, era presumibilmente un ninfeo o un ambiente termale, poi dedicato al culto cristiano in epoca tardoantica, come testimoniano i resti di affreschi medievali. Dopo un lungo abbandono che ne ha gravemente compromesso la struttura e le decorazioni, nel 1995 il tempietto è stato dichiarato d’interesse culturale da parte del Ministero dei Beni Culturali, che lo ha acquisito nel 1997 con un atto di espropriazione per pubblica utilità dei beni. In tale occasione è stato iniziato un restauro, mai completato, che ha visto unicamente l’inserimento di alcuni puntelli a tutela della struttura. Narrano le cronache che, come troppo spesso avviene per le antichità presenti nel nostro territorio, il tempietto è rimasto deturpato dalle strutture provvisorie che nel frattempo stanno cedendo anch’esse, mentre le decorazioni sono sempre più compromesse e gli interni sono invasi dalla vegetazione. Il tempietto di San Miserino è sempre stato un elemento importante per la comunità contadina locale, che alla sua ombra si riposava dopo le lunghe attività agricole svolte nei campi e nei vigneti circostanti. Ma è stata proprio l’affezione degli abitanti ad esprimersi tramite l’attività di un comitato che chiede il recupero del tempietto e ha presentato alla regione Puglia la richiesta di creazione di un Ecomuseo Regionale di cui San Miserino dovrebbe diventare l’elemento di punta.
Una curiosità: san Miserino non esiste, nelle agiografie dei santi. È stata sicuramente la sottile ironia popolare a definire così questo tempietto, trascurato da secoli e lasciato languire in miseria…