Viaggio nell’anima. La poesia di Assuntina Marzotta

Uno scandaglio intimo nella propria interiorità, nei vissuti più chiari, nelle zone d’ombra, per far emergere alla luce del sole tracce del proprio sé e lampi d’infinito. Una discesa lenta nei luoghi del Salento, fra uliveti, scaglie di pietra, muretti a secco, fra cicale, gechi, spighe d’oro…

Marcello Buttazzo

Assuntina Marzotta, docente di scuola primaria, è una poetessa prolifica, ha vinto numerosi premi letterari nazionali e internazionali, ha compiuto studi di Psicologia, ha un approccio antropologico e vivo con la parola. Uno sguardo conoscitivo con l’essenza delle cose. La sua raccolta di poesie “Viaggio nell’anima” (Il Raggio Verde Edizioni), comparsa nella collana Testi DiVersi, diretta da Antonietta Fulvio, con in copertina una straordinaria foto di Michele Piccinno, è un percorso lirico, sui selciati d’amore d’una donna (Assuntina), che ha sofferto, amato, gioito, patito, ha trovato lo spazio fisico e temporale per esprimere le sue sensazioni più illese.

Ha riconosciuto con la forza salvifica, terapeutica, catartica, della poesia, la decisionalità frammista alla fragilità, cioè quel mix esistenziale che ci consente di mostrarci nudi. Nudi come la terra nuda. “Viaggio nell’anima” è uno scandaglio intimo nella propria interiorità, nei vissuti più chiari, nelle zone d’ombra, per far emergere alla luce del sole tracce del proprio sé e lampi d’infinito. Difatti, la poetessa, pur seguendo un registro pressoché intimistico e personale, non è mai ripiegata su se stessa, non fa mai balenare un ego sovrabbondante. Tutt’altro. Ciascun lettore può ricompattarsi in questi versi di ampi spazi semantici, nella consapevolezza che la vera poesia è quella che va dal particolare all’universale. Assuntina Marzotta va a fondo nelle pieghe della vita, della sua vita (che poi è anche la nostra esistenza), e come un rabdomante del pensiero sa trovare sorgenti di acqua cristallina. La poetessa evoca anche sentimenti dolenti e dolceamari, come la tristezza, la melanconia, la nostalgia, l’insoddisfazione, la lontananza delle persone amate, ma questi codici dell’anima non sono mai invalidanti, si sanno colorare di rosa e d’amaranto. “Viaggio nell’anima” è anche una discesa lenta nei luoghi del Salento, fra uliveti, scaglie di pietra, muretti a secco, fra cicale, gechi, spighe d’oro, e fra frenetiche danze invasate ad esorcizzare tarante. Il tempo è una clessidra che ruba sabbia all’esistenza. Il tempo, a volte, è un fanciullo con gli occhi d’incanto, perso nello stupore delle cose della vita. Quelle che (come cantava, tanti anni fa, Antonello Venditti) fanno piangere i poeti. Da attenta psicologa, Assuntina non stagna mai nel dolore, lo muta, lo mutua, lo trasforma in qualcosa d’altro, in novelle aurore sorgive. Il dolore, nei suoi versi, non è mai paralizzante, ma diventa l’antefatto, lo stratagemma, per poter ritrovarsi, tutti assieme, agli angoli delle strade a condividere giorni compagni. Elaborare il dolore e farlo diventare accettazione, consapevolezza, alba radiosa, è un atteggiamento esistenziale, prima ancora che poetico, di assoluto riguardo. Nella raccolta di poesie s’esalta e si sublima una Natura panica, sostanziata di ciliegi, di grappoli di bianco sambuco, di “talari” di nero tabacco, di vecchie “pajare”, di viola tramonti, di cromie d’azzurro, di canti di grilli, del frinìo delle cicale, delle rocce arse del Salento. Una nota ricorrente come un leitmotiv nel libro di Assuntina è la linfa vivificatrice della memoria, senza la quale nessun viaggio sarebbe possibile. La memoria (la ricordanza) permette di scavare pazientemente nei meati della nostra storia e in quella dell’umanità. E così possono diventare sempre attuali, con lo strumento della reminiscenza, ad esempio, i ricordi dell’infanzia, il sapore delle sere d’estate profumate di grano, il pane fresco della fanciullezza che rifluiva vociante nella piazza. La memoria può indugiare per sempre su un amore eterno: “Noi siamo niente, /ma siamo tutto ciò che abbiamo:/siamo le pietre incastonate ad arco, /la voce di preghiere bisbigliate/per liberarmi di un dannato inferno/”. Poesia che scorre, quella di Assuntina, perché l’essere è fluire, fiamma di fuoco sempre vivo. Una cifra caratteristica e riconoscibilissima di “Viaggio nell’anima” è l’anelito di passione. Un viaggio chiamato amore, per prendere in prestito una dizione cara a Dino Campana. Amore che si manifesta, tra l’altro, nelle poesie dedicate ai figli Riccardo e Lavinia, al nipotino Troy Alexander, a zia Delia, al padre, alla madre. L’idioma di fierezza della madre della poetessa, i cadenzati echi di memorie, il padre che vestiva di silenzio, la lontananza del nipotino e del figlio Riccardo, gli occhi di cielo grigio e mare della figlia Lavinia, tenera fanciulla violinista, sono ipotenuse di bellezza umana. Un grande poeta salentino del secondo Novecento, Ercole Ugo D’Andrea, molto apprezzato nei circoli letterari fiorentini di Luzi e di Betocchi, dedicava molti versi agli affetti familiari. Un po’ come fa Assuntina Marzotta, poetessa di sentimenti, di dolcezza, di amore diffuso.