Io Canova, Genio europeo. La mostra a Bassano del Grappa

Dal 15 ottobre al 26 febbraio 2023 una grande mostra celebra l’artista a duecento anni dalla morte con oltre 140 opere tra sculture, dipinti, disegni documenti rari provenienti da importanti collezioni pubbliche e private nazionali ed europee. Per la prima volta esposta La Maddalena giacente ultima opera di cui si erano perse le tracce

BASSANO DEL GRAPPA (VI). Duecento anni fa, a Venezia il 13 ottobre 1822, concludeva la sua esistenza terrena Antonio Canova ma, come accade per gli artisti, lo scultore nato a Possagno il 1° novembre 1757 e acclamato dai contemporanei come il nuovo Fidia continua a vivere attraverso la bellezza eterna delle sue opere, i disegni preparatori, i bozzetti in creta, i modelli in gesso conservati nella Gipsoteca di Possagno, l’acume dei suoi scritti, un fondo di 6685 lettere e documenti oggi digitalizzati e consultabili on line in alta definizione e nella perfetta cromia originale su: archiviocanova.medialibrary.it


Fu Giovanni Battista Sartori-Canova, fratellastro ed amico, devoto segretario ed erede universale di Canova a lasciare parte dell’eredità al Museo Civico nel 1851 facendo diventare Bassano luogo imprescindibile per la conoscenza del Maestro che viene celebrato in una grande mostra, Io Canova, genio europeo, che si è aperta lo scorso 15 ottobre. Fino al 26 febbraio 2023 sarà possibile addentrarsi nelle sale del Museo Civico di Bassano e ripercorrere la parabola esistenziale del grande scultore raccontato in tre sezioni che svelano l’uomo, il collezionista, il diplomatico, il protettore delle arti.
Oltre 140 opere tra sculture, dipinti, disegni e documenti preziosi, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private italiane ed europee – le Gallerie degli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Museo di Castelvecchio di Verona, il Museo Correr di Venezia, la Protomoteca Capitolina, i Musei Vaticani, la Malmaison di Parigi, l’Albertina e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, lo Schloss Esterhazy, l’Alte Pinakothek di Monaco, il Musée National du Château de Fontainebleau o la Daniel Katz Gallery di Londra per citarne alcuni, per delineare le tappe di un percorso che farà entrare i visitatori nell’universo creativo del maestro ma anche ripercorrere le tappe del “viaggiatore” Canova che dall’Italia approdò alle grandi corti d’Europa.
Eccezionalmente in mostra il grande marmo riscoperto solo di recente la “Maddalena giacente”, l’ultimo capolavoro di Canova proveniente dall’Inghilterra, dopo quasi due secoli in cui se ne erano perse le tracce. Realizzata poco prima di morire per Robert Jenckins, secondo conte di Liverpool e primo ministro inglese, la splendida figura distesa è stata riconosciuta dopo molti anni di oblio e può essere oggi mostrata in tutta la sua struggente bellezza.
«Antonio Canova – spiega Elena Pavan sindaco di Bassano del Grappa – era originario della vicina Possagno. Ciononostante, con la nostra città ebbe sempre un rapporto privilegiato, a tal punto che il fratello, suo erede universale, decise di consegnare a essa una parte cospicua, anzi fondamentale per ampiezza e importanza, del suo lascito, affinché il Museo Civico se ne facesse custode: gessi, bozzetti, dipinti e un ingente patrimonio di disegni e manoscritti di inestimabile valore. Bassano si configura così centro complementare alla Gipsoteca di Possagno, punto di riferimento imprescindibile per lo studio dell’artista. Anche per questo, a Bassano hanno trovato dimora l’Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo e del Comitato per le Edizioni Nazionali degli scritti di Antonio Canova.»
Curata da Giuseppe Pavanello e Mario Guderzo con il coordinamento scientifico di Barbara Guidi, organizzata dai Musei Civici di Bassano del Grappa e da Villaggio Globale International e posta sotto l’egida del “Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della morte di Antonio Canova”, “Io, Canova. Genio europeo” intende indagare alcuni aspetti mai affrontati prima in una mostra: tra questi la formazione, la maturazione artistica e la partecipazione alla storia europea e mondiale di questo straordinario protagonista, che fu capace di orientare il gusto di un’intera epoca.
«Il Canova ha avuto il coraggio di non copiare i greci e di inventare una bellezza, come avevano fatto i greci: che dolore per i pedanti! Quel grande che a vent’anni non conosceva ancora l’ortografia, ha creato cento statue, trenta delle quali sono capolavori» La citazione di Stendhal, che conobbe a Roma Antonio Canova, rende l’idea del geniale artista che a 22 anni con la realizzazione del gruppo scultore Dedalo e Icaro era entrato far parte dell’Accademia Veneziana.
Amava definirsi omo senza lettere ma nonostante le umili origini, l’artista di Possano con lo studio dei classici e delle lingue (in mostra anche il Quaderno di esercizi di inglese) riuscì a creare una sua cifra stilistica e a colmare la iniziale disparità culturale a mantenere salda la sua libertà intellettuale e a sostenere con coraggio le sue idee. Il suo studio a Roma in via delle Colonnette nei pressi del mausoleo di Augusto, luogo di incontro per tanti artisti, intellettuali, collezionisti era suddiviso in due spazi uno pubblico e uno privato destinato anche alla sua preziosa biblioteca e alla collezione di opere d’arte. Da fine conoscitore nel corso degli anni arrivò a costituire un’eterogenea raccolta di grande valore artistico, comprendente dipinti che spaziavano dal Quattro al Settecento.
La mostra riunisce, per la prima volta, una selezione delle opere a lui appartenute: Gerolamo Bassano, Moretto da Brescia, Valentin Lefèvre e Giambattista Piranesi e Giambattista Tiepolo di cui possedeva numerosi disegni, dipinti e incisioni, come stanno a documentare in mostra lo smagliante bozzetto per il perduto soffitto della chiesa degli Scalzi di Venezia, Il trasporto della Santa Casa di Loreto, e il raro libro delle incisioni che entrò a far parte della sua collezione per legato testamentario del principe Abbondio Rezzonico, che aveva nominato Antonio Canova suo erede di “tutti li Libri di belle Arti”.
Nella prima sezione della mostra, L’uomo e l’artista, si evidenziano gli anni della formazione a Venezia, al definitivo trasferimento a Roma con la scoperta dell’antico e gli anni del grand Tour in lungo e largo nella penisola visitando le città di Ferrara, Bologna, Firenze, Roma e Napoli dove potè ammirare dal vivo i tesori di Ercolano e Pompei, i marmi Farnese e la Cappella di San Severo. Qui si narra che al cospetto del Cristo Velato affermò «Darei dieci anni di vita pur di realizzare un’opera di eguale bellezza!»
Tra le opere di questa sezione, figurano l’autoritratto del giovane Canova intento a dipingere proveniente dalle Gallerie degli Uffizi, Il Busto dell’Ammiraglio Angelo Emo da collezione privata (1795) e i due imponenti gessi del Damosseno e Creugante, dalle Accademie di Belle Arti di Carrara e Ravenna, anni importanti di formazione all’Accademia Capitolina e presso l’atelier di Pompeo Batoni, e ancora la Stele funeraria di Giovanni Falier, proveniente dalla Chiesa di Santo Stefano a Venezia – affiancata per la prima volta al monocromo in cui l’artista studia la composizione – e lo spettacolare e imponente “Ritratto del Senatore Abbondio Rezzonico” di Pompeo Batoni eccezionalmente in prestito da Palazzo Barberini.
Tra i prestiti nazionali e internazionali figurano il grande gesso della “Religione” dei Musei Vaticani, l’“Endimione dormiente” dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna o la “Danzatrice col dito al mento” della Pinacoteca Agnelli che ricostruiscono il contesto in cui Canova visse e operò. Tra queste, lo splendido “Ritratto del Senatore Abbondio Rezzonico” di Batoni, il “Ritratto di Clemente XIII” di Mengs e quello dell’ “Imperatore Napoleone I” di Gérard, i preziosi dipinti di Tiepolo e Moretto da Brescia appartenuti a Canova, fino ai capolavori di Paolo Veronese, Ludovico Carracci e Guido Reni egli stesso ricondusse in Italia nel 1815 grazie a una coraggiosa missione diplomatica.
La sezione Canova e l’Europa in particolare evidenzia la straordinaria ascesa artistica di Canova al punto che le sue opere erano ambite dai sovrani, mecenati e aristocratici europei. Tra i suoi più fedeli ammiratori vi erano gli inglesi, per i quali l’artista realizzò numerosi capolavori come Venere e Marte, commissionato dal Re di Inghilterra Giorgio IV (imponente il gesso proveniente dalla Gipsoteca di Possagno) e le figure giacenti della Maddalena e dell’Endimione per Lord Liverpool e per il Duca di Devonshire. Quando nel 1798 giunge a Vienna, il duca Alberto di Sassonia gli commissiona il monumento funerario per la moglie Maria Cristina d’Austria un capolavoro che decretò la sua fama europea ma cancellando gli schemi allegorici e celebrativi dell’antico regime introdusse una nuova sensibilità meditativa affermandosi come il più grande scultore del neoclassicismo.
Giunsero nuove commissioni come il ritratto di Francesco I d’Austria di cui è esposto il busto in gesso e soprattutto la scultura de La principessa Leopoldina Esterházy Liechtenstein (1805 – 1818) proveniente dalla Collezione storica del Palazzo Esterházy ad Eisenstadt. La fama dello scultore attraversò l’intero continente, dalla Russia (in mostra l’Amorino alato del Museo Correr) fino alla Polonia e alla Spagna dove la marchesa di Santa Cruz gli commissionò un monumento funerario rimasto incompiuto in memoria della giovane figlia, la contessa de Haro morta prematuramente. Per quest’opera Canova ideò lo studio preparatorio esposto in mostra, monumentale tela dipinta con la tecnica del monocromo, con la quale lo scultore verificava la composizione prima di trasporla in bassorilievo.
Le committenze di Pio VI e del successore Pio VII (effigiato nel capolavoro in marmo che giunge dai Musei Capitolini), così come l’elezione ad accademico di San Luca e la nomina a Ispettore generale delle Antichità e Belle Arti di Roma coronarono definitivamente la gloria italiana di Canova e aprirono la strada a quella europea.
E non poteva esserci titolo migliore, Canova nella Storia, per raccontare l’incontro con Napoleone Bonaparte nel 1802 a Parigi all’epoca primo console della Francia e futuro Imperatore. L’artista oltre ritrarre Napoleone realizzò un busto in gesso da cui sarebbero state ricavate varie versioni che avrebbero costituto una delle immagini più diffuse del sovrano e, in seguito, studiò un ritratto idealizzato di Napoleone come Marte pacificatore. Tra le estimatrici di Canova figurava la prima moglie di Napoleone, Joséphine de Beauharnais, che divenne amica dello scultore e volle nella sua prestigiosa collezione a
La Malmaison Ebe, Amore e Psiche stanti (in mostra il gesso) e il gruppo delle Grazie (esposto il capolavoro in terracotta del primo modello per il celebre gruppo delle “Grazie” del Museo di Bassano). La mostra pone in evidenza anche l’importanza del ruolo diplomatico svolto da Canova quando il 10 agosto 1815, viene nominato da Pio VII, su indicazione del cardinale Ercole Consalvi, Segretario di Stato, “Commissario straordinario” a Parigi, con il compito di recuperare i capolavori sottratti allo Stato dall’esercito francese a seguito del Trattato di Tolentino (19 febbraio 1797). Nonostante le accese opposizioni, con il sostegno di Hamilton sottosegretario del Ministro degli Esteri britannico, di Wellington il comandante inglese che aveva sconfitto Napoleone a Waterloo e del cancelliere austriaco Principe di Metternich con un drappello di soldati austriaci e prussiani fece incursione al Louvre staccando dai muri e recuperando dalle sale buona parte delle opere reclamate dagli Stati pontifici.
Il 25 ottobre 1815 un convoglio di 41 carri trainati da 200 cavalli con 249 opere lasciò Parigi per raggiungere le varie destinazioni in Italia. I carri furono accolti dalle popolazioni locali in festa ed esultò anche Giacomo Leopardi per le opere “ritornate alla patria”.
In mostra a Bassano a testimoniare questo momento anche l’antico calco in gesso del “Laocoonte” prestato dai Musei Vaticani, la “Deposizione” di Paolo Veronese, “La Fortuna” di Guido Reni, la monumentale “Assunzione della Vergine” e “La Carraccina” di Agostino Carracci.
«Antonio Canova è stato, come pochi, non solo un eccellente ambasciatore dell’arte e della scultura, ma anche delle relazioni diplomatiche e professionali in un’epoca attraversata da diverse turbolenze belliche e
trasformazioni politiche capaci, come insegnatoci dalla Storia, di ridisegnare la cartina politica del Continente.» – ha commentato Luca Zaia Presidente della Regione del Veneto.
Alla mostra erano stati ufficialmente concessi in prestito dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo alcuni dei famosi marmi di Canova lì conservati. Così come dal Museo Nazionale di Kiev doveva giungere la “Pace”, splendida allegoria in marmo, mai tanto attuale.
Allo scoppio del conflitto russo-ucraino, la rinuncia a tali prestiti è stata inevitabile e convinta- spiegano gli organizzatori.
«Ciò non ha impedito – grazie anche generosità e alla fiducia di tanti musei, istituzioni e collezionisti italiani e stranieri che hanno concesso in prestito opere di grande delicatezza e rilevanza, alcune delle quali mai esposte prima in Italia – di dare vita ad una mostra rigorosa ma avvincente, capace di evocare, attraverso la storia di un uomo, un’intera epoca. La speranza e l’augurio di tutti è che le opere Canova dalla Russia e dall’Ucraina possano essere esposte nuovamente assieme, a testimonianza di nuovi tempi di serenità, di pace e di dialogo.»
Io Canova, genio europeo
Bassano del Grappa
Museo Civico
26 febbraio 2023