La magica notte di Santa Cecilia a Taranto

Tra storia e leggenda, girovagando tra le vie della città magnogreca

Veronica Di Maglie

Come ogni anno, nella notte “magica” del 22 novembre, la città ionica si sveglia attendendo gli albori dell’alba, con il carezzevole suono della tradizione pastorale natalizia dei gruppi bandistici, poiché Santa Cecilia è infatti la protettrice dei musicisti. Tale festa così suggestiva entra nella casa di ogni famiglia tarantina, che si mostra essere pronta ad aprire le porte all’atmosfera del Natale, che la stessa ricorrenza porta con sé. Nonostante non manchi la premura del freddo, il calore delle case è vivo negli occhi assonnati dei più piccoli, nella commozione dei giovani, nella cura degli anziani a realizzare una specialità culinaria: “le pettole”.

La leggenda narra che in questo giorno particolare, una donna si fosse svegliata alla buon’ora per preparare l’impasto del pane. Mentre attendeva i tempi di lievitazione si sentì “chiamare” dall’armonioso suono delle zampogne e decise di seguire quella melodia, abbandonando l’impasto ad una crescita totalmente inaspettata. Quando rientrò nella sua umile dimora si accorse che l’impasto era andato oltre la sua lievitazione e non poteva più essere utilizzato per la preparazione del pane.
Nella sua casa anche i più piccoli si svegliarono per dare il “buongiorno” a quella giornata, ed oltretutto erano anche molto affamati. L’istinto materno la convinse a trovare una soluzione a quell’apparente problema, quindi pensò bene di friggere delle palline di quell’impasto e di offrirle anche agli zampognari.
Quella donna, in quella giornata così gelida, trasmise un importantissimo insegnamento di vita, che come ben si può notare resta eterno e vince la fugacità del tempo.
Santa Cecilia, mediante il suo umile gesto, insegna che anche una pietanza così “povera” e semplice può arricchirsi di un ingrediente magico; cioè l’amore. Da ciò si può facilmente evincere un evidente parallelismo con la realtà sociale, infatti anche la bontà di una persona non risiede nel proprio stato di ricchezza, ma nella sua semplicità e umiltà. Ogni essere umano può acquisire nel corso della sua vita plurimi ingredienti e mescolarli in maniera del tutto arbitraria, infatti in tale ottica risiede la bellezza della diversità. A causa di una propensione sociale, volta a considerare i valori economici dei beni/ingredienti, è necessario sottolineare che per quanto si possa arricchire e addobbare il proprio “io”, ci accomuna l’essere in possesso di un solo cuore. Lo spirito del Natale è in questo, nella bellezza di condividere ogni pietanza e il battito del proprio cuore con le persone che siedono alla propria “Tavola”, chiamata “Vita”.
A volte da un errore o da un’imperfezione nasce l’inimitabile.