Gian Carlo Calma. Il Magritte italiano

Dal 28 ottobre al 1° novembre 2023 si potranno ammirare dodici opere in occasione della mostra d’arte “100 pittori Via Margutta” organizzata dall’omonima associazione e giunta alla sua 120 edizione

Antonietta Fulvio

Ci sono storie belle da raccontare e artisti con cui fermarsi a parlare una domenica mattina e ripercorrere l’arte dal dopoguerra ad oggi. Nato sotto il segno delle bilancia, il 25 settembre 1938, Gian Carlo Calma è dal 1980 nel direttivo dell’associazione “Cento Pittori Via Margutta” nata il 22 giugno 1970 nel solco dello spirito che animò i precursori della mostra di strada. E dal prossimo 28 ottobre al 1° novembre, sarà presente con dodici opere con il desiderio ancora di raccontare bellezza, nonostante le brutture che purtroppo offuscano questo atomo opaco del male che è il nostro pianeta.
Maestro tra qualche giorno esporrà nella storica via Margutta nei pressi di Piazza di Spagna, quante opere potremo vedere, ce ne racconta qualcuna a cui tiene di più?
Sì, esporrò dodici opere, ma devo dire che le opere che porto mi piacciono sempre tutte, quando un’opera non mi soddisfa la distruggo.
C’è sempre un incontro che ci cambia la vita. Il suo incontro con l’arte?
Ero giovane e avevo frequentato una scuola per figurinista e cartellonista poi l’incontro nella casa cinematografica Medusa con il maestro Averardo Renato Ciriello. Diventammo amici e probabilmente vedendo che ero bravo nella realizzazione di bozzetti, flani e manifesti mi diede lezioni di pittura e fu così che iniziai ad acquisire una tecnica più raffinata.
Si ricorda la sua prima personale?
Sì alla Galleria Colonna tra il 1979 e 1980.
Poi l’adesione all’associazione Cento Pittori Via Margutta, che vanta una prestigiosa e longeva tradizione, una formula vincente trasformare la via nei pressi di piazza di Spagna in una sorta di Monmartre romana, portando l’arte tra la gente…
Esatto, l’associazione nacque nel lontano autunno del 1953, per iniziativa spontanea di alcuni pittori che nell’immediato dopoguerra si riunirono per dar vita e colore ad una strada che da sempre era stata il rifugio naturale di pittori, scultori, poeti, musicisti ed artigiani. Due appuntamenti annuali in primavera e in autunno favoriscono l’incontro con il pubblico e il confronto con gli artisti. Alla mia postazione si forma sempre un capannello di persone e questa cosa è gratificante. Pensi che una volta c’era esposto un dipinto, che catturò l’attenzione di un ragazzo che restò per diverso tempo immobile ad osservarlo. Allora mi avvicinai e lui mi raccontò una storia che il quadro gli aveva suggerito. Una storia bellissima e quel quadro non l’ho mai venduto e ho deciso di tenerlo per me.
Cosa rappresenta?
Una coppia ma i loro corpi sono suggeriti da due jeans sormontati da due gelati…
Una citazione pubblicitaria di due cuori e una capanna di un noto gelato…
Le sue opere sono poesie visive pervase da una sottile ironia, a parte le atmosfere surrealiste che riesce ad evocare, come è approdato a questo tipo di pittura che ha fatto di lei il “Magritte italiano”?

Ho sempre avuto il surrealismo dentro. Ci sono due quadri degli anni 80 che non sono surreali ma già lì, se li osserva bene, c’è qualcosa altro, non andavo in cerca del solito paesaggio, del mazzetto di fiori, uno è “Villa Borghese”, l’altro si intitola “Sala d’attesa di seconda classe”. Ero già incanalato su una strada diversa dalla pittura tradizionale che andava oltre la riproduzione pittorica realistica ma volevo comunicare altro.
Quindi è stato un passaggio naturale e inevitabile approdare ad una pittura surreale?
Sì, mi piace dipingere il senso nascosto delle cose, che non tutti i vedono.
Come nel dipinto “Ondata di calore”, come per molti suoi lavori ci sono due piani figurativi che rappresentano scene di interni dove il concetto interno/esterno disorienta quasi il fruitore, in quest’opera ritrae un dipinto di paesaggio con neve che si scioglie e gocciola sotto il termosifone sopra il quale è posizionato il quadro...


Sì, quando dipingo mi diverto, lo spirito di vedere oggetti e trasformali in qualcosa a cui nessuno pensa.
Immagini bellissime, con una tavolozza cromatica e una tecnica raffinata che invitano alla riflessione. Come il ragazzo che combatte con il vento e cerca di bloccare le nubi minacciose di pioggia… mi fa pensare ai venti, ahimè, non solo più minaccia di guerra… lei che ha vissuto gli anni Sessanta in cui c’era la voglia di ricostruire e l’entusiasmo del fare, cosa pensa di questo nostro tempo oggi.
In quel dipinto, il ragazzo vuole bloccare le nubi nere che sono presagi di cose brutte come quelle che vediamo oggi quotidianamente .
Sono anni brutti e c’è una confusione mentale che spaventa. Gli uomini non vedono più distante del loro naso e guardano solo ai soldi… E i versi di Trilussa risultano ancora tremendamente moderni, ha presente la strofa finale di Ninna nanna della guerra?
«E riuniti fra de loro/senza l’ombra d’un rimorso,/ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro/ pe quer popolo cojone/risparmiato dar cannone!»
Osservando le sue opere, si comprende come spesso si diverte ad inserire citazioni pittoriche e penso ai dipinti di Tamara de Lempicka.
Sì, mi piace molto quest’artista, il suo genere di pittura e ogni tanto la ripropongo nei quadri attaccati alle pareti negli interni che dipingo. Gli anni venti furono anni particolari e mi attrae molto la figura di questa donna che ho studiato su molti libri insieme al suo modo di dipingere.
Ai giovani che si approcciano al mondo dell’arte cosa si sente di dire?
Guardi l’arte è qualcosa di così soggettivo. Le racconto un episodio. Durante una mostra esponevo un quadro, “Il malessere interno”, dove si vedeva l’interno di una casa diroccata con diverse porte ma era una stanza piena d’acqua dove una barca a vela aveva difficoltà a navigare. Ebbene lo stesso quadro generò due situazioni opposte: lui lo adorava e voleva comprarlo, lei lo odiava e uscirono litigando.
L’arte è soggettiva ognuno ci vede quello che sente… Le racconto un altro episodio, ogni anno vado a Frontone nelle Marche, il paese di mia moglie, ed espongo le mie opere nella chiesa baronale. Quest’estate ho esposto un dipinto che ritrae un gruppo di persone, di età diversa, nella metropolitana: nessuno guarda o parla all’altro, sono tutti con gli occhi incollati sullo schermo del cellulare. Ebbene entrò una coppia e nel momento in cui vide il dipinto uscì subito, quasi infastidita, dalla sala. Poco dopo uscii sulla piazza e riconobbi seduti alla gelateria la stessa coppia che era entrata a visitare la mostra ognuno intento a guardare il cellulare proprio come le persone che ho ritratto. Siamo in balia di questo strumento, l’uomo non riesce a staccarsi dallo schermo e a guardare il mondo che lo circonda, qualche tempo fa mi sono ritrovato seduto sul cofano di una macchina perché la signora che guidava era al cellulare… è ormai una follia generale, siamo in un mondo di pazzi.
E con le immagini di violenza inaudita delle guerre che, purtroppo, si stanno combattendo, l’arte può ancora avere voce nella promozione della pace?
Poca, ad esser sincero. La gente è distratta, esce un nuovo modello di telefonino e code interminabili bloccano le strade mentre per andar dentro ad un museo le fila sono sempre poche, viviamo in un mondo distorto, difficile da capire.
Ma c’è bisogno ancora e sempre di cultura, arte, bellezza, di mostrarla e di raccontarla.
Certo solo la bellezza salverà il mondo anche se il mondo di oggi è una follia generale. Ma sì, dice bene, bisogna insistere anche a costo di essere mosche bianche e ci vuole giusto un miracolo per far capire all’umanità che cosa sta sbagliando.
Nei suoi dipinti gioca a stravolgere con visioni surreali cariche di poesia dove grande protagonista è anche la natura “umanizzata” come l’onda e la roccia che diventano profili che non potranno mai incontrarsi, mari che fuoriescono dalla tela o da fantomatiche porte. E poi ci sono spesso i bambini. Mi riferisco alle opere “L’intuizione dell’assurdo” dove un bimbo pesca da un mare disegnato su un lenzuolo steso, o ancora i tre ragazzi che scoprono il mare assolato sollevando il cielo notturno…
Impossibile non ritrarre la natura che è così bella eppure tanto deturpata.E poi le svelo una cosa: i bambini ritratti sono alcuni dei miei nipoti, che sono la mia gioia più grande. Ne ho 7 più 2 bisnipoti: Francesco e Daniele che hanno intrapreso studi artistici e sono già bravissimi, e poi Maja, Joty, Federico, Andrea, Emanuele.