La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo
La mostra è visitabile fino al 30 aprile 2024 al secondo ordine del Colosseo
Sara Di Caprio
ROMA. La Colonna Traiana è la porta d’ingresso al Parco archeologico del Colosseo, essa si trova all’avvio di quel percorso che, con un’unica passerella, oggi unisce il Foro di Traiano e quello di Cesare con il Foro Romano e il Palatino fino al Colosseo. Ma la Colonna, innalzata a celebrare le gesta di Traiano e la massima espansione dell’impero romano, oggi è anche un simbolo dell’Europa come dimostra la sua “presenza” diffusa nelle collezioni dei principali musei europei. Ed è motivo di orgoglio proseguire il percorso di conoscenza, tutela e valorizzazione di un monumento così iconico, contribuendo alla sua fortuna nel tempo». Nelle parole del Direttore del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo si individuano le ragioni di una mostra,“La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, curata insieme a Federica Rinaldi, Angelica Pujia e Giovanni Di Pasquale e organizzata da e promossa dal Parco archeologico del Colosseo e dal Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza.
Nata dall’accordo di collaborazione tra il Parco archeologico del Colosseo e il Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze e dall’accordo tra il Parco archeologico del Colosseo e la Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, la mostra propone con una nuova chiave di lettura, e con uno sguardo fino al contemporaneo, le vicende della costruzione e della fortuna della Colonna. Il nucleo, costituto dall’esposizione ideata dal Museo Galileo di Firenze tenutasi nel 2019 al Museo degli Uffizi – Limonaia del Giardino di Boboli, si arricchisce di nuovi materiali e di nuovi contenuti multimediali oltre che di nuove immagini del fregio, che porteranno il racconto a diretto contatto con i visitatori.
Un progetto espositivo che grazie anche ad un taglio didattico mostra il processo di costruzione del monumento, utilizzando modelli ricostruttivi, non solo della Colonna stessa (tra tutti il sommoscapo e la scala a chiocciola interna in sala 1:1 realizzati da Opera Laboratori Fiorentini), ma anche delle macchine per il trascinamento e sollevamento dei blocchi colossali, così come delle funi e dei sistemi di aggancio, in un costante dialogo con le fonti letterarie, i reperti archeologici e iconografici e con gli strumenti (compassi, squadre, argani, manovelle, fili a piombo) rinvenuti nei contesti di scavo.
Inaugurata il 12 maggio 113 d.C., 1910 anni fa la Colonna rappresentò una sfida per l’ingegno umano: l’estrazione del marmo dalla cava di Carrara, il trasporto via terra, via mare e via fiume, e infine la lavorazione e posa in opera nel cantiere del Foro di Traiano: tappe di un ardito processo ingegneristico e tecnologico ancora oggi fonte di stupore e meraviglia.
Ma non basta, perché nel cantiere del Foro la Colonna, di lì a poco avvolta in un fregio a spirale a celebrare le gloriose campagne daciche dell’Optimus Princeps Traiano, venne scavata per ricavare una scala a chiocciola e la struttura marmorea venne svuotata dall’interno quasi fosse una gigantesca vite di Archimede. È Apollodoro di Damasco, il geniale e innovativo architetto e ingegnere di origine siriana, parte attiva nei successi dell’imperatore, ad illustrare a Traiano il progetto della Colonna sullo sfondo delle Alpi Apuane, nello straordinario arazzo della manifattura di Ouderarde, esposto in mostra nella sua versione digitalizzata.
Il calco del busto attribuito ad Apollodoro proveniente dal Museo della Civiltà romana e quello di Traiano proveniente dal Museo Palatino, assieme agli stili e agli strumenti per scrivere e disegnare e al modello in scala del ponte sul Danubio, altro capolavoro di carpenteria in grado di superare l’ampiezza e la potenza della corrente del fiume Danubio, introducono il visitatore nella bottega del Maestro architetto, genius loci di tutta l’esposizione.
Per comprendere appieno il processo di costruzione della Colonna e con esso la fatica e la potenza muscolare di centinaia di uomini che contribuirono a realizzare questo indiscusso capolavoro, in un Colosseo fasciato di blu, sono esposti i principali strumenti antichi utilizzati per l’estrazione dei blocchi di marmo, per il trasporto su imbarcazione e per la messa in opera, assieme ai modelli ricostruttivi delle macchine da cantiere dell’epoca (gru, torri, ruote), realizzati da Claudio Capotondi, novello “Maestro delle Imprese di Traiano”.
Video e proiezioni su schermo realizzati dal Museo Galileo assieme ad una grafica coinvolgente e a testi che superano le dimensioni dei pannelli didascalici per divenire narrazione anche visiva di un’unica Storia, offrono un racconto più didattico oltre che una maggior comprensione degli oggetti esposti in mostra. A contribuire al racconto permanente della Colonna è stata anche realizzata una webAPP in lingua italiana e inglese e, grazie al prezioso coinvolgimento e alla collaborazione dell’Ambasciata di Romania, anche in lingua romena.
«Questa mostra – spiega Federica Rinaldi, archeologa responsabile del progetto e co-curatrice del progetto espositivo – ha una duplice valenza: da un lato, grazie all’idea iniziale e al supporto scientifico del Museo Galileo e del Maestro Claudio Capotondi, approfondisce con un forte taglio didattico e un’accessibilità per tutti il tema affascinante delle modalità di costruzione dei monumenti di età romana, esponendo gli strumenti antichi e le macchine usate nei cantieri dell’epoca in un continuo gioco di specchi tra fonti antiche e ricostruzioni contemporanee; dall’altro si colloca all’inizio di un percorso di studio, ricerca e valorizzazione che con Angelica Pujia, co-curatrice del progetto, è stato concepito per leggere la materia e quindi lo stato conservativo del fregio storico attraverso le attività di manutenzione già in programma fino al 2026, ma anche e soprattutto con uno sguardo allargato alla fortuna della Colonna dal XVI secolo in poi grazie alla documentazione storica costituita da calchi, disegni, stampe e riproduzioni».
«La Colonna Traiana – aggiunge Giovanni Di Pasquale, vicedirettore scientifico del Museo Galileo e co-curatore del progetto espositivo – è un’opera di ingegneria di complessità inaudita, che testimonia i vertici elevatissimi raggiunti dalla civiltà romana nell’arte del costruire. La mostra racconta la fatica e l’ingegno di uomini che hanno estratto tonnellate di marmo per poi affrontare con slitte di robusto legno i quasi 700 metri di dislivello per raggiungere la pianura e il porto di Luni, dove enormi navi erano pronte a raggiungere Ostia e Roma. È difficile oggi immaginare l’organizzazione di un cantiere così complesso e la precisione meccanica necessaria per la composizione del monumento, con i suoi blocchi precisamente giustapposti uno sull’altro e i gradini della scala interna a combaciare perfettamente. Se le conoscenze che hanno permesso di portare a compimento tutte le fasi di quest’impresa, mai registrate in forma scritta, sono svanite con la fine delle civiltà che le misero in atto, il dialogo tra fonti letterarie e archeologiche permette di ricomporre questa straordinaria avventura. Per ottenere questo risultato, il percorso di mostra è scandito dalla presenza di reperti archeologici, modelli di macchine, ricostruzioni 3D e approfondimenti multimediali: ne scaturisce una narrazione che permetterà di riflettere sul ruolo fondamentale, e scarsamente noto, recitato dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche nello sviluppo della civiltà romana».
Conferenze a tema e podcast dedicati sono tra le attività previste durante la mostra come pure una giornata di studi in primavera che farà il punto sulle ultime ricerche, sulle problematiche conservative e sul tema dei calchi.
La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo
Colosseo
fino al 30 aprile 2024
colosseo.it/