Santa Croce e il dito di Sant’Irene
Passeggiando nel cuore antico tra vicoli e pagine di storia
Mario Cazzato
Narrano le storie che il secondo marito di Maria d’Enghien, Ladislao d’Angio Durazzo, il 1410 donò alla chiesa di Santa Croce una reliquia di sant’Irene che successivamente sapremo consistere in un dito. Fu donata in un prezioso vaso accompagnata da una iscrizione greca. Il tutto passò nella nuova chiesa di Santa Croce, quella cinquecentesca, dove fu vista dal Beatillo e dall’Infantino.
Il Beatillo la trascrive è ne offre una traduzione in volgare. Sembra che quando si costruì in Santa Croce l’altare delle reliquie quella quattrocentesca di Sant’Irene fu, insieme a moltissime altre, qui collocata. Del prezioso vaso nulla più si seppe. Quindi dalla vecchia Santa Croce nella nuova fu trasportato il sepolcro della contessa e la famosa reliquia, di quella che dopo qualche decennio doveva diventare la protettrice principale di Lecce. Non fu dunque un caso che quando i celestini costruirono il portale principale della loro Chiesa, affidato a Francesco Antonio Zimbalo, vollero fissare in alto, proprio su questo portale, lo stemma della contessa-regina. Una bella storia che lumeggia la particolare mentalità di quei secoli.