Intervista a Teresa D’Antonio vedova di Paolo Ormi Premio Lù Mière calicidicinema 2024
Un premio alla memoria del grande compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra toscano, icona della musica italiana nel mondo che ha lasciato una traccia indimenticabile nella produzione musicale legata soprattutto ai grandi varietà della televisione. Un sodalizio lunghissimo con Gianni Boncompagni per cui compose musiche di brani di successo in primis per Raffaella Carrà. La manifestazione svoltasi a Lecce domenica 7 luglio 2024 ha visto la proiezione di un video messaggio della vedova Ormi e in apertura una performace di danza a cura di Chiara Barbaro sulle note di Guapa celebre sigla di Discoring.
Antonietta Fulvio
Galetto fu l’inaugurazione del teatro Verdi che avrebbe ospitato una puntata speciale di Domenica in. Un amico, Roberto Guariglia, le aveva promesso dei biglietti ed era arrivata al teatro nel momento in cui Paolo Ormi, Gianni Boncompagni e Irene Fargo avevano finito le prove e stavano aspettando il taxi per andare a cena. «All’epoca non sapevo chi fosse Paolo che mi rivolse subito un invito, lì per lì pensai ad una presa in giro ma poi caso volle che alla guida del taxi ci fosse un altro mio amico che mi incoraggiò ad accettare l’invito».
Così Teresa D’Antonio ricorda il suo primo incontro con il marito, Paolo Ormi, un artista e un uomo d’altri tempi. Ha diretto grandi orchestre come quella di Parigi, Monte Carlo e la Metropolitan di New York, pubblicato alcuni album e scritto alcune colonne sonore per il cinema ma il suo nome è indissolubilmente legato alle musiche dei grandi varietà della Rai.
Dell’artista conosciamo il grande talento e la carriera costellata di tanti successi ma nella vita privata che uomo era Paolo Ormi?
«Paolo era un uomo che amava ascoltare, mite e ironico, paziente e allegro, non l’ho mai visto arrabbiato. Tra di noi si stabilì un rapporto di grande dialogo e seppe conquistarmi con la sua gentilezza. All’inizio ero timorosa per la differenza d’età, tra di noi correvano 32 anni, ma Paolo riuscì a fare breccia nel mio cuore con il suo animo gentile, con la sua capacità di ascoltare e di sdrammatizzare… riusciva a farmi sorridere ed è stato questo suo aspetto, la sua allegria a conquistare il mio cuore.»
Un matrimonio fiabesco in un luogo da favola con illustri testimoni Rita Pavone e Teddy Reno
«Sì due persone meravigliose con cui sono rimasta in contatto, grandi amici di Paolo come Enrica Bonaccorti e l’indimenticabile Raffaella Carrà che quel periodo si trovava in Spagna e non riuscì ad essere presente. Scegliemmo un luogo fiabesco, la badia di Orvieto dove anni prima in occasione di un concerto mi aveva portato a cena, mi aveva così affascinato che gli rivelai che se mai ci fossimo sposati avrei desiderato farlo lì. Ed esaudì il mio desiderio».
Cosa ricorda di quel giorno?
«L’emozione, tanta, da non farmi avvertire il freddo pungente di gennaio…avevo promesso a me stessa di non commuovermi ma poi quando vidi mio marito all’altare in lacrime, la sua emozione fu contagiosa….Ho un ricordo dolcissimo e felicissimo di quel giorno».
Da campana sei amante dei dialetti rispetto a questo qual era il suo pensiero?
«Hai fatto bene a farmi questa domanda perché lui odiava i dialetti, per lui c’era solo la lingua italiana quando stavamo giù a Cava vietava a nostra figlia di parlare in dialetto con in nonni, infatti quando volevo farlo innervosire sapevo cosa fare…parlare in dialetto, appunto. Anche perché non lo capiva e poi lui, da buon toscano, era inflessibile su questo. Ricordo che Gigi D’Alessio gli diceva “Maestro non c’è lingua più bella del napoletano…” ma per lui che aveva girato il mondo e parlava il francese, l’inglese e lo spagnolo, esisteva solo la lingua italiana».
A proposito dei viaggi, Paolo Ormi inizia la sua carriera giovanissimo.
«Sì mi raccontava che dopo aver conseguito il diploma al Conservatorio in pianoforte cominciò a lavorare come arrangiatore a Parigi e agli inizia degli anni Settatanta iniziò a collaborare con grandi artisti del calibro di Frank Sinatra, Aretha Franklin e poi Patty Bravo, Tony Renis, Nada, Gabriella Ferri, Shel Shapiro».
La sua ironia, la leggerezza traspariva anche nel ritmo delle sue musiche… Paolo Ormi con la sua musica ha dettato un’epoca, ha raccontato la spensieratezza di quegli anni in cui la televisione e il varietà erano di altissimo profilo.
«Sì il suo stile era inconfondibile, così come gli arrangiamenti che realizzava, ha infatti musicato un’epoca e un modo di fare televisione che non c’è più. C’era tantissima professionalità lui mi raccontava che provavano ore e ore intere giornate a volte anche trascorreva le notti in Rai per provare finché non ottenevano il massimo risultato. Paolo ha lavorato con grandi autori, un sodalizio lunghissimo con Gianni Boncompagni, ricordo che mi raccontava che spesso li scambiavano per fratelli…e poi con grandi protagonisti della musica e dello spettacolo da Rita Pavone, Claudio Baglioni che ha inciso con lui il suo primo disco, a Raffaella Carrà per lei scrisse il brano Tanti auguri e Fiesta per non parlare delle sigle musicali per Domenica in, Discoring, Pronto Raffaella? Canzonissima, Millemilioni, fino al Festival di Sanremo e le musiche del programma Non è la Rai condotto da una giovane talentuosa Ambra Angiolini che lui stimava tanto. Sul lavoro era molto schietto nel dare giudizi e forse per questo non era molto ben visto nell’ambiente ma lui non era ipocrita ed esigeva professionalità».
C’è un brano che le ha dedicato?
«Sì, la musica della canzone Io non vivo senza te di Raffaella Carrà con i testi di Belfiore e Boncompagni».
Nelle foto che ha condiviso ammiriamo il compositore che ha diretto grandi orchestre, scritto arrangiamenti bellissimi, ricordo anche quella del Padrino, ma queste foto raccontano soprattutto l’uomo nell’intimità con la sua famiglia, nel giorno del matrimonio, in attesa di vostra figlia Roberta. Cosa le manca di più di lui?
«Tutto a dire il vero, i suoi abbracci, Paolo aveva una grande pazienza e comprensione e la sua allegria, aveva sempre la battuta pronta mi diceva sempre “Non ti arrabbiare, non ne vale la pena”, faceva di tutto per rendermi la vita leggera e questa era la cosa che adoravo di più di lui».
Antonietta Fulvio