Napoli per la Palestina. Stop al genocidio

Anche la città partenopea ha espresso il suo dissenso al genocidio che sta decimando la popolazione di Gaza . Un massacro che si sta compiendo dal 2023 sotto gli occhi del mondo. Bombardamenti sui civili, scuole e ospedali, hanno reso la striscia di Gaza un cumulo di detriti, una carestia per la prima volta indotta dall’uomo sta facendo letteralmente morire di fame i bambini quando non vengono uccisi dalle bombe. Bisogna fermare questo orrore e in nome di questo ,da Nord a Sud, l’Italia che non vuole essere dalla parte sbagliata della Storia è scesa in piazza.

Antonietta Fulvio

C’è una storia che ci piace ricordare, quella scritta nei giorni che andarono dal 27 al 30 settembre 1943, i giorni in cui Napoli insorse contro i nazifascisti e con una eroica resistenza liberò la città che non aspettò gli angloamericani, in fondo siamo il popolo di Masaniello, ma quella volta fu la più grande la città europea a muoversi coralmente contro i tedeschi e a scacciarli via.

Oggi Napoli ha mostrato il suo volto di umanità e di dignità nonostante in quel di Pontida si invochi il Vesuvio perché la distrugga, Napoli resiste ed esiste e la montagna dei napoletani contrariamente fa da sfondo alla grande bellezza dei suoi monumenti e dei suoi abitanti. A volte anche la cronaca di una giornata può raccontare la grande bellezza. La bellezza della gente che si è mossa come un fiume in piena per far sentire la propria voce a chi non può farsi sentire perché per una parte del mondo sono “invisibili” . Hanno sfilato per le vie di una Napoli, ancora più bella nella mattinata assolata del 22 settembre 2025, per Gaza al grido di Palestina libera ed erano tantissimi: bambini, studenti, docenti, operai, impiegati, artisti, operatori culturali, medici, sanitari, in una parola la società civile. Una marea umana si è mossa pacificamente, al suono di tamburi per scandire non slogan vuoti ma per chiarire concetti come libertà, solidarietà, cura e pietà.

Avendo, probabilmente, nelle orecchie la voce di Hind Rajab mentre chiede aiuto, uccisa a cinque anni crivellata da 355 pallottole sparate dai carri armati israeliani. È solo una dei ventimila bambini uccisi in 23 mesi secondo il rapporto diffuso lo scorso 6 settembre dall’associazione Save the Children.

O avendo negli occhi le immagini che scorrono quotidianamente sui display dei nostri smartphone: bambini che si abbracciano spaventati dal ronzio delle bombe, il bimbo che fugge piangendo portando sulle spalle la sorellina e ti chiedi perché è solo? avrà più nessuno? e vorresti poterle asciugare quelle lacrime e stringerli e strapparli alla morte…e ti si gela il sangue nel vedere un bambino che bacia per l’ultima volta la sorellina morta…o quelli che piangono disperati perché hanno fame e tendono il piatto vuoto al proprio padre che non può metterci dentro nemmeno un tozzo di pane. E l’elenco è infinito come il dolore. Tutto questo è disumano. A Gaza tutti i diritti sono stati negati. Questa non è guerra è crudeltà, e il primo a dirlo fu Papa Francesco che oggi manca come il pane!

Basta scorrere le fotografie dello splendido reportage di Ferdinando Kaiser per cogliere l’essenza di una giornata commovente che, si spera, non sarà un fatto episodico, Napoli non scende in campo solo per festeggiare i suoi scudetti, Napoli sa scendere in piazza anche per reclamare i suoi diritti e i diritti di un popolo oppresso ingiustamente! «Noi abbiamo il privilegio di scioperare, loro non hanno nemmeno quello di vivere» ;«Homo sum humani nihil a me alienum puto» la frase di Terenzio «Sono un uomo, non ritengo a me estraneo nulla di umano» tra i cartelli dei giovani liceali e universitari assiepati sotto il monumento di Garibaldi. E ancora «definisci bambino: quello che non può essere ucciso» «basta violenza, giù le mani dai bambini» «tutti gli occhi sul genocidio» «insegno per costruire il futuro, a Gaza lo distruggono» Posizioni nette, e assolutamente condivisibili. «uccidere i bambini non è autodifesa» «la scuola che prepara al domani è quella che insegna a restare umani» «come andiamo a scuola sapendo che a Gaza le scuole non ci sono più» Come sentenze scandiscono i passi, i battiti di mani, le voci.

«ci rifiutiamo di restare in silenzio» L’assunto di tutto.

Una disobbedienza civile nonviolenta che ci ricorda il sociologo poeta Danilo Dolci, il Ghandi della Sicilia. E il Sud si muove anche per i propri diritti, tra i cartelli spunta «chi lotta può perdere chi non lotta ha già perso» a sostenerlo gli operai della Whirlpool Beko e un chiarissimo «Abassate le armi alzate i salari. Disarmiamoli» dà il senso di un popolo che sciopera anche per se stesso e per la propria dignità perché un governo che non investe sulla scuola, sulla sanità, per creare occupazione e pensa solo al riarmo e a seguire dictat internazionali non sta pensando al benessere del proprio paese. La violenza genera solo e sempre violenza e un paese che si riarma prima o poi le armi le userà. Una tecnica risaputa del sovranismo è creare nemici da combattere perché con la paura si assoggetta la popolazione.

Napoli non ha paura. Vive da 2500 anni all’ombra di un vulcano che potrebbe esplodere…

Napoli è città d’amore come asseriva Luciano De Crescenzo. E l’amore alla fine vincerà sempre.

E oggi hanno dimostrato di avere cuore e dignità tutte le città che hanno manifestato: Palermo, Lecce, Bari, Brindisi, Taranto, Roma, Bologna, Genova, Torino…anche Milano dove però ci sono stati degli scontri per i soliti facinorosi che non esprimono la posizione dei tanti che oggi erano per manifestare in pace ed esercitare un diritto sancito dalla Costituzione. Pur condannando, come sempre la violenza, l’episodio milanese non può offuscare la bellezza dell’adesione di tutt’Italia allo sciopero generale di oggi.

Dal porto alla stazione centrale oltre trentamila persone a Napoli hanno marciato per esprimere il proprio dissenso per urlare a squarciagola “non in mio nome” per prendere le distanze da chi fomenta odio e vuole la guerra, Napoli è città di pace e accoglienza, lo è sempre stata e il messaggio per il nostro governo è solo uno: bisogna fermare il genocidio, passando dalle parole, finora ancora non espresse (contrariamente a quanto hanno fatto Spagna, Canada, Regno Unito e proprio stasera la Francia) con il riconoscimento dello stato di Palestina, agli atti concreti spezzando la catena di complicità che inizia con il silenzio. Non si può continuare ad armare – e stringere – la mano di chi uccide e fa strage di bambini e di un popolo intero. Il governo criminale di Israele va fermato in nome dell’umanità, la stessa che persero i nazisti quando mandarono proprio gli ebrei nelle camere a gas. Corsi e ricorsi storici, quelli definiti dal filosofo Giambattista Vico non a caso napoletano. Questa volta noi sappiamo e non possiamo restare a guardare. Si è perso già troppo tempo. Free Palestina.

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