Vicini di casa
Prima Visione le recensioni di Massimiliano Manieri
Sarà che siamo a fine anno, e sotto le feste ci necessita quel senso di leggerezza che ci strappi dai troppi pensieri cumulati nei mesi, sarà che ogni tanto anch’io faccio scelte giudicate inusuali dai miei stessi neuroni (i pochi rimasti funzionanti perlomeno), dunque in questo mese dicembrino che di natalizio ormai ha solo le lucette, farò una scelta a dir poco “bizarre”.
Prenderò in esame una pellicola italiana, di taglio leggero, ma che tocca un argomento non proprio facile, e cioè gli equilibri della coppia in ambito sessuale.
Vicini di casa.
Non che fior di registi non ci abbiano provato, ad ogni latitudine, sotto ogni cielo ne avremmo di esempi anche storicizzati sul tema, partendo dai sacri altari bergmaniani, alle ebraiche sponde alleniane, per poi sfociare nel colorito mondo di Almodovar (il primo, soprattutto), per citarne solo alcuni.
Ma in molti, molti di costoro, l’argomento, andando a rimembranza, non è che mi sia sempre parso sia stato affrontato in modo adeguato, tra bisogni autoriali di ridondare nella trama, oppure lasciar tutto sospeso in un dubbio che lo spettatore si porti poi appresso uscendo dalla sala.
Paolo Costella, sceneggiatore e regista di origine genovese, con alle spalle una manciata di film di cassetta, riesce in una impresa quasi epica: parlare di sesso in modo godibile, mostrandoci il lato umano delle nostre quotidiane incertezze.
Quindi prende quattro attori: Claudio Bisio (Giulio), Valentina Lodovini (Laura), Vittoria Puccini (Federica), Vinicio Marchioni (Salvatore) e li sbatte in una commedia da camera, opera assai ardua per chi si intende di cinema, poiché a far recitare quattro figure praticamente in un unico ambiente, pochi vi son riusciti davvero. Campione di questi sforzi narrativi sarebbe stato il caro Polanski, che con Carnage edificò le fondamenta dei film di cotal guisa.
La capacità del regista in questo caso è multistratificata, visto che sceglie di tenere la patata bollente sulle frequenze della commedia dei (mezzi) equivoci, in un gioco delle parti dove le diverse personalità degli attori, si fondono, per nutrire un meltin-pot di sfaccettature, che poi giunge allo spettatore come una ricetta ben orchestrata e ben condotta in porto.
Il film ad onor del vero, altro non è che una trasposizione italianizzata della pellicola spagnola Sentimental, che vide alla regia Cesc Gay.
Cosa accade quando una coppia di partner abbastanza conservatori (e sessualmente annoiati) fa amicizia con una coppia la cui vita sessuale è ben più frizzante? E se li ritrovano come vicini?
Riesce la curiosità a pervadere le mura dei canoni personali? In questo caso a me è parso che il regista sia ben riuscito a tenere la trama su linee emotive che strappano sorrisi agli spettatori, e lasciano il gusto sino al finale, del non sapere come finirà la storia. Anzi, proprio nella seconda parte del film, il Costella offre dei colpi di coda niente male, non buttando in caciara la ricetta, ma offrendo i risvolti dolce/amari della vicenda, con le coppie che cominciano a metter sul tavolo anni ed anni di rinunce, noie personali, ed incompatibilità pregresse, sollecitati al cordolo emotivo dai vicini ben più frizzanti. Ed anche nei momenti spassosi, dove l’imbarazzo dei conservatori va a lamentarsi del baccano orgiastico che giunge dalle mura della coppia più libertina, si libera una ilarità mai grossolana, che anzi lascia ampio spazio al sentirsi proiettate personalmente le medesime domande.
Cosa avremmo fatto noi nella medesima situazione?
Come ci saremmo infine comportati?
Quale tra le due coppie reggerà le intemperie del tempo?
Un film da vedere, in un panorama italiano che raramente emerge in originalità narrativa, questa pellicola svolge sino in fondo il suo compito, con un plauso ai quattro attori in stato di grazia.