Dante nell’Arte
Iconografia del Padre della Lingua italiana
di Sara Di Caprio
Il 25 Marzo ci sarà il primo “Dantedì” una giornata nazionale dedicata al poeta della Divina Commedia che tanto ha dato alla letteratura e all’arte. Il 25 marzo secondo gli studiosi iniziò il suo viaggio negli inferi, “nel mezzo del cammin di nostra vita” e con il suo peregrinare ha dato forma non solo all’Inferno, Purgatorio e Paradiso ma anche alla lingua e alla letteratura italiana rendendola immortale. A 700 anni dalla sua morte Dante Alighieri fa riflettere ancora sull’identità culturale del paese, è un simbolo dell’Italia stessa oltre ad essere il padre della lingua italiana.
Ma che aspetto aveva Dante?
Boccaccio, nel “Trattatello in laude di Dante”, ci restituisce una descrizione del suo aspetto fisico. Era di mediocre statura, reso curvo dal passare degli anni, aveva degli occhi grandi e il naso aquilino, un colorito bruno e folti capelli neri e una barba ispida. E proprio quel naso aquilino è diventato l’attributo iconografico che meglio inquadra da subito il sommo poeta. Il ritratto più famoso, infatti, è senz’altro quello di Sandro Botticelli, eseguito nel 1495 e impresso in tutti i libri di scuola. Il pittore rinascimentale lo ritrae di profilo, rendendo ben evidente la curva del naso e, in testa, il lauro poetico, simbolo di gloria, avvolto in una veste rossa. Botticelli aveva una vera passione per il sommo poeta, ha infatti illustrato per anni l’inferno dantesco.
Il ritratto più antico di Dante, invece a sorpresa, non ricalca la descrizione iconografica tradizionale. Si trova nel Palazzo dell’Arte dei Giudici e Notai o del Proconsolo di Firenze e qui non esiste il naso aquilino ma, un semplice naso lungo. Lo stato di conservazione della pittura è molto deteriorato e molti dettagli sono andati perduti come l’autore che ci è ignoto.
Un altro pittore del primo Rinascimento Andrea del Castagno decide di dipingere il sommo poeta nel Cenacolo dell’ ex convento benedettino di S. Apollonia a Firenze nel 1450. L’affresco fa parte di un ciclo dedicato agli uomini e donne illustri e, di certo, Dante Alighieri non poteva mancare all’appello. In gruppi di tre, Andrea Del Castagno raffigura celebri politici e condottieri come Pippo Spano o Farinata degli Uberti, donne profetiche come la Sibilla Cumana e letterati che hanno reso immortale la fama di Firenze. Assieme a Petrarca e Boccaccio, dunque, non poteva mancare il nostro Dante ammantato di rosso, che sembra quasi uscire dalla cornice marmorea in cui è inserito, staccandosi di netto dallo sfondo, con gli immancabili libri stretti nella mano destra.
Probabilmente per celebrare il secondo centenario dalla nascita del sommo poeta, nel 1465, poeta viene commissionato a Domenico di Michelino nel cuore di Firenze, cioè nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, un affresco che si intitola “La Divina commedia illumina Firenze”. L’artista raffigura Dante con il suo poema tra le mani, mentre lo spiega alla città sullo sfondo, ben visibile è la cupola del Brunelleschi e compare anche la visione dei tre regni dell’aldilà e il monte Purgatorio.
Nel pieno Rinascimento l’urbinate Raffaello Sanzio, di cui quest’anno ricorrono i 500 anni dalla morte, ha inserito Dante nel famoso affresco della Disputa del Sacramento, nelle Stanze Vaticane, ricalcando l’iconografia consueta e mettendogli in testa l’alloro. Lo inserisce nella parete dedicata alla teologia, e soprattutto nella parte inferiore dedicata alla chiesa militante tra teologi, dottori, pontefici e Santi a testimonianza della sua reputazione.
Agnolo Bronzino rappresenta, nel 1530, un ritratto molto intimista del poeta fiorentino, avvolto in un’aurea di mistero con il libro aperto verso il fruitore, ma con lo sguardo rivolto altrove, verso il monte del Purgatorio e, forse, anche oltre a ricercare un’altra terzina perfetta.
Non solo Rinascimento, Dante ha influenzato anche l’arte del Romanticismo.
Gustave Dorè, pittore e incisore francese oltre che litografo esperto, si dedica ad illustrare la Divina Commedia di Dante, restituendo in pieno il gusto romantico dato al viaggio, carico di simboli, alla ricerca del virtuosismo tecnico e del pathos.
Anche Eugène Delacroix sarà affascinato dal Sommo Poeta, che rappresenterà sulla Barca assieme a Virgilio e al demonio Flegias mentre superano lo Stige, verso l’infuocata città di Dite. Dante viene rappresentato con sgomento e raccapriccio mentre cerca di proteggersi dai dannati immersi nell’acqua fangosa e che si mordono a vicenda. Virgilio invece cerca di infondere coraggio al discepolo tenendogli salda la mano. Un’opera olio su tela, esposto al Salon del 1822 e oggi visibile al Museo del Louvre di Parigi.
E l’arte contemporanea come ha elogiato il sommo?
Salvador Dalì si dedica nel 1960 alle illustrazioni della Divina Commedia. Le 100 xilografie sono una delle maggiori espressioni del metodo pittorico “paranoico-critico” dell’artista surrealista. Il viaggio di Dante diventa per Salvador Dalì un viaggio nel suo stesso inconscio, lasciando libero spazio ai fenomeni causati dal suo delirio per poi riemergere con contenuti razionalizzati nella fase critica. Ed ecco dunque le molli forme di “Dante in dubbio” nella xilografia a colori dove ben distinguibile rimane l’uso del rosso e l’accenno alla corona d’alloro.