Informare. Partecipare
Fonti e notizie. Come difenderci dalle fake news?
di Giovanni Bruno
Forse è un po’ più di una boutade o forse un po’ meno: la gente più che essere informata vuole sentirsi informata.
Il termine informazione deriva dal sostantivo latino informatio e quindi dal verbo informare, nel significato di dare un costrutto alla mente, una disciplina, una istruzione. Già l’etimologia appena descritta restituisce tutta la rilevanza e il peso che l’informazione riveste nel nostro tempo.
Oggi tuttavia con l’avvento dei social media il rilievo dell’informazione ha assunto connotazioni decisive nell’orientamento dell’opinione pubblica e nella interpretazione della realtà in cui viviamo.
Un dato oggettuale che viene istintivo nel considerare l’informazione è che essa dovrebbe sempre dire la verità. Ma nel contempo ci rendiamo conto di quante versioni può avere la stessa verità, da quanti angoli
visuali la stessa narrazione può essere considerata. L’insegnamento giornalistico che spesso viene ripetuto è quello di separare i fatti dalle opinioni. Espressione facile da enunciare forse problematica da praticare.
Ma quindi in che modo il singolo può accedere a una informazione corretta e il più possibile fondata e indipendente? Forse partendo dalla propria persona ,dalla libertà mentale che ha elaborato e maturato, dai contenuti della sua coscienza che sono gli unici a poterlo guidare nella comprensione e nella valutazione dei fatti. Tutto questo prevede tempi lunghi e una maturità e consapevolezza che nel tempo della velocizzazione in cui viviamo può essere utopistico conseguire.
Forse il singolo dovrebbe procedere a selezionare i dati, vagliando anche sommariamente le fonti, senza disperdersi nel flusso continuo degli annunci, cercando quel particolare che si stacca dallo sfondo e acquista una sua rilevanza che dà al fatto una lettura reale autentica e nuova.
Una certa stampa per esempio procede per nemici, la notizia sempre correlata all’avversario del momento, all’antagonista da screditare o avversare. O ancora è facile riconoscere nella notizia il gusto dell’iperbole ,
dell’eccesso per poter colpire così l’immaginario del lettore o dello spettatore.
Altra modalità spesso presente in certa stampa è il retroscena che soppianta la scena. Il fatto in sé passa in secondo piano, molto più accattivante l’intrigo, la presunta macchinazione che sta dietro al fatto stesso.
Tutto questo per dire che l’informazione necessariamente deve avere un vaglio che può essere solo personale .
E qui si innesta il grande tema delle fake news che mai come in questo periodo proliferano diventando quasi un genere letterario .
Tutti conosciamo questo fenomeno, forse diretta conseguenza dei social media, che ha il solo intento deliberato di disinformare .
Martin Heidegger, il grande filosofo tedesco, in suo scritto, di quelle che noi oggi definiamo notizie false così argomenta: una chiacchiera infondata circola proprio grazie alla sua infondatezza, non importa se è vera o falsa basta che l’enunciato sia ritenuto vero. Mentre lo storico Marc Bloch chiarisce che la falsa notizia è solo apparentemente fortuita, essa è unicamente collegata alla immaginazione che è sempre preparata e in silenzioso fermento.
Tornando dunque all’inizio di questo articolo si potrebbe affermare che gli stimoli che i mass media offrono quotidianamente, minuto dopo minuto, sono così potenti e invasivi che si è portati ,nell’ansia di informarsi ,a non selezionare, a non valutare, così da determinare una bassa mentalizzazione che non aiuta a discernere e a giudicare.
Forse dunque è il caso di rivalutare, in tema di informazione, la “forza normativa del fattuale”, perché la libera determinazione della coscienza si realizza solo con una informazione corretta e veridica che privilegia l’interdipendenza degli avvenimenti e la reciprocità dei problemi.
è da questo tipo di informazione che germina un pluralismo democratico che è la condizione irrinunciabile per una società più giusta che aspiri alla coesistenza e alla inclusione.