DONNE IN… SETTE ‘VIRTÙ’ PER SETTE SERATE

DONNE IN… SETTE ‘VIRTÙ’ PER SETTE SERATE

DONNE, LA SPERANZA COME RISCATTO PER IL FUTURO
“NON MOLLARE MAI, ANCHE QUANDO TUTTO SEMBRA PERDUTO”
La ‘sorellina più piccola’ della Fede e della Carità, in realtà è la più forte delle tre.
Ne parleranno Suor Anna Maria Villa e Luca Lo Presti, moderati da Nicoletta Carbone

Giovedì 19 maggio ore 17.30
Sala Conte Biancamano (Ingresso via Olona 6/bis)
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci


Milano, 19 maggio 2011 – Attese intrise di desideri, fiducie, gioie, piaceri. Anche in ciò consiste la speranza, virtù che conduce a mirare ad esistenze in cui la nostra felicità si tramuta in fiducia e promesse. È così? Ci sono donne che sperano nella disperazione e donne che disperano nella speranza? La speranza riguarda la probabilità di quanto accadrà nel futuro, e le donne s’interrogano spesso sul tempo che verrà. La speranza rafforza, conduce a lottare, dissipa le nostre tristezze. Eppure, citando Elsa Morante, “una speranza, a volte, indebolisce le coscienze, come un vizio”. Chi tra le donne contemporanee vede la speranza come una virtù e chi come un vizio? Chi sogna con speranza e chi invece evita di sperare? Se l’esistenza si connette strettamente alla speranza, dove riesce a situarsi una tipologia femminile esistenziale priva di speranze? Della speranza al femminile si parlerà giovedì 19 maggio alle 17,30, alla Sala Conte Biancamano del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano (ingresso da via Olona 6). All’incontro interverranno, introdotti da Fiorenzo Galli, direttore generale del Museo, e Ilaria Viganò di O.N.Da, Suor Anna Maria Villa, Coordinatrice Responsabile Poliambulatorio Opera San Francesco dei Poveri; Luca Lo Presti Presidente Fondazione Pangea Onlus; Nicoletta Carbone, giornalista di Radio 24 Essere e Benessere.

“La speranza nelle donne – spiega la presidente di ONDa, Francesca Merzagora – deve essere la base per guardare sempre avanti, per vedere, immaginare e costruire un futuro migliore, per spronare ancora di più all’impegno, alla coerenza, alla ricerca di un mondo senza ingiustizie in cui le donne giocano la loro partita alla pari degli uomini. Le speranza è la vera forza senza cui non vi può essere nessun futuro. Le molte speranze di cui parleremo hanno tutte come obiettivo un mondo migliore”.
“La Speranza è descritta da Peguy come la ‘sorellina più piccola’ della Fede e della Carità – racconta suor Anna Maria Villa –: tenendo per mano le due sorelle maggiori le spinge in avanti. Pur sembrando colei che si appoggia, in realtà è lei che le fa correre e muovere verso la meta. Questa è la speranza come la immagino io e che, lavorando in ambiti di ‘confine’, ho visto all’opera. Ci sono diverse tipologie di speranza: la prima è quella che si deve sostenere in chi non ne ha più molta. Siamo abituati a pensare che bastino azioni di cura. In realtà il prendersi cura, in questo caso, vuol dire accogliere il bisogno totale della persona. La seconda è quella di chi opera in un ambito che sembra sempre perdente, ma in realtà… non perde mai. Quando il bene costa ‘una resistenza’ ad oltranza nel difendere una posizione umana che non è condivisa e non sembra acconsentire ‘un passo in più’ o un calo di tensione. L’ultima è la più faticosa: la speranza personale. Chi si occupa degli altri è spesso affascinato dalla propria bravura, fintanto che non viene smascherata la sua fragilità. Cos’è il coraggio della speranza quando la lotta non è fuori ‘dai nostri confini personali’, quando si ‘incontra’ la delusione’ di sé”.
Tanti tipi di speranza dunque, anche personali, si affiancano alle tante speranze per il futuro di donne che la speranza dovrebbero averla persa da sempre ed invece hanno tenuto duro. “La speranza – spiega Luca Lo Presti – è una donna che vive con i suoi bambini in una zona sperduta del Nepal e che mi accoglie nel suo villaggio. Fiera nel portamento, orgogliosa del suo essere rappresentante di un gruppo. Mi si avvicina e declama una poesia di benvenuto. L’ha scritta lei. Quando la incontrammo non sapeva né leggere né scrivere, ora legge libri e scrive poesie. La speranza è una donna poliomielitica che mi offre un tè, sedendo orgogliosa sulla sua sedie a rotelle. Circondata da tutte le donne disabili del suo gruppo, mi dona un sorriso e mostra il negozio sulla via di Calcutta che le dà la possibilità di vivere. La speranza è una ragazza disabile che solo due anni fa era il giocattolo di casa, abusata e stuprata, presa in giro per la strada. Oggi la vedo ergersi con orgoglio, arrabbiarsi per i diritti negati: perché ora è una delle responsabili del progetto a Calcutta. Speranza è una donna di Kabul che alza il suo burqa sprigionando energia e forza e spezza il pane per offrirmene un pezzo. Speranza è il volto mai mostrato di questa donna, il volto di Kabul, di tante donne che oggi, vivono, sviluppano, mandano i figli a scuola. E coltivano rose nei loro giardini, dove prima non c’era neppure una casa, ma solo una tenda fatta di stracci. Speranza è una donna che in Italia ha subito per troppi anni violenze e abusi e ora ha ritrovato una strada per rinascere e ricostruire la sua autostima e la sua vita al sicuro. Sono immagini riportate dalle visite ai progetti che Pangea gestisce nel mondo. Valgono più di molte parole per descrivere cosa significa speranza per queste donne, che prima non sapevano neanche cosa significasse sperare.”

Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna
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