RE[(UB)-UNTU
Il Falso calembour ed il Vero RE[(UB)-UNTU]
che guarda all’OuLiPo.
di Francesco Pasca
“…dicono che non è cosa buona(carina) parlare di se-sè. Lo faccio comunque, e, nella consapevolezza di ciò, determino il linguaggio, ne faccio, di un errore, l’opportunità…”
Nello scorrere dell’ultimo atto del 1980, così come avvenne nel 1960 in una cantina parigina dove sette scrittori diedero vita all’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle), a Brescia vi fu chi volle dar continuazione ed impulso alle potenzialità della scrittura. Nacque lì un neologismo, da un manipolo di “irriverenti” e dall’inosservanza voluta verso i padri della poesia visiva. Nei luoghi della Scuola Pubblica si scrisse il Manifesto della Singlossia e si espose presso l’Aula Magna del Liceo “A. Calini”. L’impegno per quell’allora fu di un numero di risorse umane che non andò oltre il segnatosi sulle dita di una mano. A capo era la semiologa Rossana Apicella, a seguire e a curare d’appresso la “follia” linguistica era chi qui scrive e lo scrittore siciliano Ignazio Apolloni con il suo Intergruppo-Antigruppo palermitano. Altri ancora, persino i padri nobili ci affiancarono non così come noi decisi, ma in attesa di aspettative e con caute apparizioni. I pochi presero con convinzione i sentieri già percorsi ed evocarono così i “veri” poeti visivi, gli antesignani, non quelli dell’ultima generazione, ma del gruppo ’63. Ad aleggiare vi erano anche le esperienze dei futuristi, dei dadaisti, di quanto potesse essere utile ad ampliare ed amplificare l’uso delle parole già potenzialmente immerse nelle loro significazioni virtuali, in un nascente fenomeno chiamato poi della cultura multimediale o anche della mass-medialità.
Personalmente, per una predisposizione al razionale, ad aiutarmi, fu l’approccio alla letteratura oulipiana, leggevo Queneau, Calvino, Sanguineti, Apollinaire, Poe, Rimbaud, Verlaine, … , altri ancora che comunque ritenevo utile apprezzarne il linguaggio. Iniziai a fare uso dell’acrostico, del lipogramma, del palindromo e di quanto poteva essere manipolato ed accresciuto. Lettura e decodifica dei linguaggi era anche lo strumento per accostarsi, per definire la propria esercitazione di stile, era non solo curiosità. Mi lasciai accostare dall’opera di Alfred Jarry e della patafisica. Questo era il tutto e il da me definito: “l’appena orecchiabile, il vissuto più che altro come soglia di un probabile attraversamento”. Da ieri a quanto oggi vado ad indicare il passo è e fu breve.
Gli scienziati affermano, sono certi che esistono tanti universi e che, in uno di questi, c‘è un altro me o noi che fa ciò che in questo momento stiamo facendo, cioè scrivere, dar di conto, fare all’amore o quant’altro. Affermano così che, vi è anche un altro me o voi, e che, nel momento in cui leggerete me, (suppongo che lo state facendo) avrete ciò che nello stesso universo io sto subendo a mia volta da un altro me. Se non sapessi che la scienza non è un paradosso, ma se ne serve, penserei che in questo istante sono non soltanto scrittore ma anche scienziato. Azzardo il dire: “sono pluri e universalmente probabile nell’atto di chiudere il cerchio con la mia scrittura e la vostra lettura”. In questa certezza non mi dispiace pensare di aver perso la mia qualità di essere unico e piace il trovarsi in questi leitmotive, nell’essere magari il primo di una catena, il primo di una con-sequenza-seguenza per tanti altri da me e costringerli ad essere come sono, a fare quello che decido di fare da questa parte dei miei universi. Potrei, potremmo addirittura essere “unici”, per questo.
Non disponendo o disponendo di questa certezza, eccomi, quindi, pronto ad affermare l’appena sopra non-se(q)uenziato: “Chi crede di essere unico si sbaglia. Chi crede nel termine unico, è in errore. Chi crede unicamente in qualcosa si troverà nel grande sbadiglio della Storia. Non vi è un unico verso né un unico senso. La logica è l’dea, ed, od entrambi sono: il non senso verso dell’improbabile UNI-VERSO.” Scientificamente e letteralmente la qualità di unico sta ad indicare che è il solo esistente e che lo sia in assoluto e anche in relativo. Sino ad oggi Unica è, parrebbe, la velocità della luce. Nell’aggettivo unico potremmo anche individuare l’esclusivo, ovvero che non vi può essere confronto, che è, e sarà senza uguali. Scrivere ad esempio: “Non sei certo l’unico a crederlo”, implica che a credere ce n’è più d’uno, quindi, che si è perduta la qualità dell’esserlo e del crederlo. (Porre attenzione alla vicinanza del termine “certo”, “unico” affiancato al termine “crederlo”) Avvertenza. Se siete immersi nella lettura del codice legislativo definito Testo Unico, così chiamato, sostanzialmente, perché innovativo della materia, vi sbagliate a pensare che lo sia e che, a sua volta il testo sia innovativo e non indicativo. Ciò detto, l’Unico o l’essere Unico non esiste, è solo l’impossibile attribuzione di un aggettivo, di un sostantivo o di un avverbio. Chi qui scrive non è Unico e, trovandosi nella impossibilità di esserlo, all’uopo, intervenne con lo scrivere e l’esporre e, con la patafisica, aiutarsi a risolvere il suo problema, ad avviarsi alla soluzione dell’enigma. (tredicevolissimevolmente 13×13+13 tra l’immagine e la parola – l’immaginazione – Lecce nov. 1987 e mag.1988 presso la libreria Rinascita) In quella rassegna proposi l’unica possibilità:”Ovviate alla scienza e servitevi della stessa. Statene certi, nel paradosso troverete la soluzione.” Oggi conosco più di ieri ed aggiungo che lo scrittore e il drammaturgo francese Alfred Jarry, definì, per quella possibile attuazione, l’utilizzo della scienza delle soluzioni immaginarie. Nel libro: “Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico”, scritto nel 1898, Alfred Jarry espose i principi e i fini di questa pratica spiegando la possibile manipolazione di un universo supplementare al nostro. Oggigiorno, l’utilizzo di un assioma sembrerebbe l’approvare e risulta altresì il principio assunto come vero ed altrettanto indispensabile come punto di partenza in un quadro teorico di riferimento, consente con la patafisica di affermarsi attraverso l’arte e la letteratura. Altrettanto fa nei confronti delle eccezioni che si affiancano alle teorie e ai metodi detti scientifici, cioè usa espressioni che, nell’accezione dei termini, fondono il reale-concreto con il nonsenso, con il verso-senso, con l’ironia e con l’assurdo, anche letterario. Chi è riuscito a giungere sino all’ultima pagina del mio ultimo libro. “Il Gesto –Giano idea di fili senza spessore per Lupo Editore” si sarà accorto di quell’assioma. L’assioma quindi in patafisica o per la patafisica è l’insieme dei concetti primitivi e di quanto, questi, siano o diventino il fondamento. Il problema diventa tale se, alla patafisica di cui ne conosco solo in parte le opportunità, si interpone un altro linguaggio, ad esempio, comporre la propria scrittura e far sì che intervenga con i divieti di un lipogramma, ossia definisce il proprio componimento letterario omettendo i termini in cui compare una precisa lettera o un determinato gruppo di lettere dell’alfabeto o ancor più impegnativo riuscendo a scucire il racconto e riprenderlo. Diventa interessante tale speculazione letteraria, e, far coincidere la propria organizzazione fantastica con la scientifica, è, il proprio carattere virtuosistico matematico, così come da se stesso ideato e giunto dal lipogramma vocalico progressivo di Italo Calvino. Domanda spontanea: “Come può diventare “punto di partenza” o “dimostrazione”? Questo iter è, e diventa, il compito dello scrittore, cioè stendere il tridimensionale costringerlo alla uni-dimensionalità, far azzerare il diacronico. (in pittura lo fu il cubismo a rendere ugualmente credibile il Reale) Una vera e propria dimostrazione attuabile con ipotesi e tesi. Il mondo a noi parallelo, ricostruito dallo scrittore e pensato dallo scienziato, è così spalmato nel REALE ed è anche essenzialmente fatto dall’APPARENTE, da ciò che è a lui vicino o a ciò che si approssima al suo mondo fisico, alla sua metafisica. Il gioco di parole o un suono simile. Nel gioco di parole, diventa il proprio calembour. Occorre riuscire a fare leva su certi termini che hanno lo stesso suono o che lo enfatizzano sebbene scritti in modo diverso o inverso. Dare luogo, inventare l’equivoco o rafforzare il senso del dialogo proposto è il fine. Costruire è semplice, e, nella scrittura se ne può fare l’uso sovente persino con l’errore. Con un’aggiunta visivo-verbale, si può inseguire anche la singlossia. Costruire, togliere, mettere, posizionare, qualunque operazione è utile all’ottenimento di un fare parole. In una frase è solo indispensabile trovare il dove e il come. Una parola ne insegue sempre un’altra, magari, nell’ultima sillaba, è utile cercare l’unione con la seconda, passare poi dalla seconda alla terza e ottenere via via un risultato significativo nel suono e nell’asserito. Non si ottiene tutto questo solo inseguendo le regole, né inseguendo il classico calembour, né, in poesia, la classica metrica, né ottenendo tanti calembour(s) in cui l’omofono può essere un risultato. La ricerca poetica è solo l’inizio del conseguente ordine geometrico dato dal DO e inseguito dal suo DA’ Re. In quest’ordine meta-singlottico-patafisico il Poeta aspetta solo di essere Re-intro(DO)tto dal DO per diventa(RE) RE(UBU) padre del figlio di un RE(UBUNTO) e a sua volta divenire un (MI)SANtropo da (FA)(RE)-UBuntu, pur (SOL)(LA)zzando(SI) in un DO RE (B)UNTU. Chi vorrà addentrasi nella Patafisica dovrà immergersi dapprima nell’opera postuma di Alfred Jarry: Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisica. L’opera è stata pubblicata per la prima volta nel 1911. Leggendo Gesta e Opinioni vi porterete sulla soglia della realtà sebbene nuoterete sempre nell’astrazione. Ogni buon viaggio merita di essere vissuto sempre tra scienza e pratica filosofica. Ciò sta a stabilire l’assunto del ritrovarsi, leggendo, in dialoghi a prima vista ermetici. Pensate ad un nascosto che ne è caratteristica. La scrittura a volte introdottasi come gioco può proporre una riflessione sulla vastità dei linguaggi e trasportarvi in una visione “Altra” o”Oltre” addirittura “Oltre l’Altra”. Dice Jarry: “si deve vedere al posto del tradizionale”. Meglio, se aggiungiamo: “saper vedere … , leggere, costruirsi il proprio percorso che non necessariamente è quello dell’altro, cioè logico.” Ora state, in questo momento siete ad osservare dalla soglia. Di qua vi è il razionale, al di là vi è il mondo ad esso parallelo. Due aspetti veduti dalla stessa soglia il cui valico non è, né sarà il risultato.
Giano lo sa bene quando costruisce da sé il proprio epitaffio e ne fa soglia (pag. 77) Il Gesto – Giano idea di fili senza spessore – 2012 Lupo Editore). L’Universo come la Letteratura è il Mistero e, l’affermarlo, è come non conoscerne né la forma, né poterlo col¬locare in un Luogo, né affermarne le poten-zialità espresse o ancora da esprimere o da espletare. Letteratura e Universo sembrerebbero il conio ideale della moneta voluta dall’uomo per comprarsi la Vita in un sé-se, che, forse, nemmeno esiste, che, forse, è l’immaginazio¬ne dell’immaginazione, il sogno nel sogno così come descritto da J.L.Borges in Aleph.