scrittura

INCIPIO

quando la poesia si serve dell’immaginario

di Mario Fresa

La scrittura di Rosemily Paticchio è percorsa da una scansione magmatica nella quale la parola cede alla stupefatta rilevazione di un mondo insolito e misterioso, gonfio di sorprese e di trasalimenti. È una poesia che assembla immagini nervose e instabili, sempre in­certe tra il sogno e la concretezza: il suo fondamento è, infatti, l’irrequietezza di una pulsione continuamente metamorfica, pronta al continuo sovvertimento degli ordini e a una registrazione ansio­sa e frantumata degli eventi. La lingua si presenta, perciò, assai mobile e cangiante, restando sempre febbrilmente sospesa su di una dimensione remota e purgatoriale; vi si trovano resti ed echi del proprio vissuto personale, trasmutati, però, in occasioni rinnovate di meravigliata visionarie­tà. Nei versi si riverbera, così, una fittissima elencazione di accadimen­ti e di sensazioni che tende alla costituzione di un immaginario ar­ticolato e complesso, all’interno del quale la scrittura sembra tutta pervasa da un movimento assiduo e frastornante: certo, a volte si ha l’impressione che si sfiorino toni un poco enfatici; ma proprio gli accenti iperbolici e ridondanti di questa poesia sanno produrre un apparato caleidoscopico di incontenibili, energiche accensioni fer­vidamente evocative, segnate da suggestioni di carattere quasi ora­colare, forse prossime al desiderio di un ideale riscatto, liberatorio e trascendente.