l’isola di Rina
S’è Verde è il suo complementare.
di Francesco Pasca
Tempo fa leggevo alcuni versi di una poetessa polacca, Wisława Szymborska, morta a Cracovia il 1^ febbraio del 2012, premiata con il Nobel nel 1996. In Polonia rivaleggiava e i suoi testi lo fanno ancora con i più autorevoli autori di prosa. Mi sono soffermato volentieri per la sottile ironia di quei versi, oggi la riprendo volentieri dopo aver letto di un’isola, di un’adolescenza cercata. Riprendo mentalmente quei versi per questo mio nuovo scritto.
La prosa (lasciatemi nella dolce confusione, nel non distingure, fra prosa e poesia) caduta sotto la mia attenzione è stata: UN’ADOLESCENTE.
«Io – un’adolescente? Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,/dovrei salutarla come una persona cara,/benché mi sia estranea e lontana?/ […] Siamo così dissimili/che forse solo le ossa sono le stesse,/la calotta cranica, le orbite oculari. / […] Siamo così diverse,/i nostri pensieri e parole così differenti./Lei sa poco/ […] Mi mostra delle poesie,/ […] Leggo quelle poesie, le leggo. […] /Sul suo modesto orologio/ il tempo è ancora incerto e costa poco./ Sul mio è molto più caro ed esatto. […]
Per commiato nulla, un sorriso abbozzato/ e nessuna commozione./ Solo quando sparisce/ e nella fretta dimentica la sciarpa/ Una sciarpa di pura lana,/ a righe colorate,/ che nostra madre/ ha fatto per lei all’uncinetto./ La conservo ancora.» (Wisława Szymborska)
Dov’è l’inizio di un libro, di un racconto, di una poesia, di un film da far sostare in immagini da far proseguire, eseguire in loop, in rewind?
Dov’è l’inizio per o di Rina Durante, per o di un’isola? Dov’è l’inizio dal ritorno da un’isola? Dov’è riposta un’adolescenza?
Domande facili da rispondere se, nell’immediatezza temporale, sono utili per inseguire una logica successione. Domande altrettanto facili se indispensabili per leggere su un dorso di diario, su di una copertina oppure fatte scivolare sul titolo o dallo scandire di una narrazione.
Nel verso, meno facilmente individuate, se l’inizio è anche il ritorno, il loop da sospendere per individuare.
Comunque, tre le necessità utili per circondare un’isola con la parola, tre i pilastri individuabili e da contrapporre con il costruire il luogo metafisico, quello geografico e l’indeterminato per una necessità da epistola mentale poi scritta.
In letteratura se ne è sempre fatto ricorso: “nel mezzo del cammin di nostra vita … Quel ramo del lago di Como … M’illumino/D’immenso –MATTINA a Santa Maria la Longa, 26 – 01 – 1917… oppure M’illumino d’immenso con un breve moto di sguardi, il mezzo: in una cartolina postale.
Persino il titolo non sfugge al suo naturale proporsi stato in luogo o temporalità per un inizio.
Ritorniamo alla domanda: l’inizio è da un mare (tutto inizia dal mare). Da una fantasia, qual è l’inizio?
Risposta non facile né scontata se, nell’immediato temporale, il logico supporre scoccato dal domandare è dettato dall’esito di una cartolina postale, da un destinatario assegnato per essere lo stesso mittente, da un’isola che, al di là della sua realtà geografica può ritrovarsi ad essere dirimpettaia abbracciata da mari uguali e diversi, legati da continenti condivisi per altri attraversamenti che non siano occasionali ma legati da altrettanti approdi.
L’operazione di Caterina Gerardi è tutto questo. Nel Libro, nel film, gli autori tutti rigorosamente al femminile sono proiettati per essere Mittenti e Destinatari, sono, devono essere parte di storie diverse per accidentalità e, poi, nell’approdo, ritrovarsi singolari nelle vicende di scrittura, devono essere donne che naufragano nella scrittura e dettano anche il naufragio di altri (alla ricerca continua … in questo mare plurimo … nelle casualità costruite dalla storia che immancabilmente unisce e mai abbandona).
Sono Carla Vestroni, Ada Donno, Rosella Simone, Pia Durante, Diana Chuli, Tatjana Kurtiqi, Luisa Ruggio, Daniela Griffi.
Otto donne + due in una, per una cartolina postale affrancata su un’isola e spedita nella difficoltà di un’andata e di un ritorno.
Il rammarico è che, fisicamente, non tutte approderanno ed alcune di esse vivranno ancora l’eco di Saseno raccontato dalla Rina Durante adolescente.
Diana Chuli è ancora costretta da due visioni, quella di bambina che la vedeva sognatrice di: “immaginavo bestie mitologiche vagare libere tra valli e colline, sulle sabbie bianche e le rocce …” e quella di un’unione ideale fortemente voluta da Rina: “per me Saseno rimarrà-se potrà rimanere- l’isola … che cerca di legare due rive …”
Tatjana Kurtiqi gusta ancora da lontano quel “sapore mediterraneo”: “ Guarda il mare muta nella sua solitudine insulare … Quando si tocca la storia … c’è una porta che conduce all’Antichità e da lì proviene il protagonismo delle donne.”
Luisa Ruggio dà testimonianza giornalistica e narrativa, persegue il filo dell’incontro con la Durante, insegue il suo necessario, l’indispensabile per comprendere l’impotenza di un mondo letterario sommerso e l’incessante bisogno da parte di Rina Durante e suo stesso di far emergere quei mondi ritenuti ingiustamente minori.
La Ruggio in un’intervista: “… Poi cominciò a raccontare con una compostezza inesorabile dei testi rimasti senza ristampa, senza distribuzione, della mancanza di interesse da parte dei muli … degli strozzini … dei pigri intellettuali … e di quelli che dormono nel sottovuoto del silenzio immeritato …”
Daniela Grifi vive il ricordo posposto, ritrova Saseno nei racconti descritti dalla sua famiglia, di suo padre, di sua madre. Saseno per la Grifi è il fascino della fiaba, del sentito dire, degli amori raccontati ed avvenuti sull’isola. Per lei Pia e Rina Durante sono un probabile incontro con suo fratello, sono i disagi compensati da una natura incontaminata, bellissima.
Uniche ad approdare sull’isola sono tre donne, Ada Donno, Caterina Gerardi, Rosella Simone. Pia Durante resta la custode dell’itinerario già consumato con la sorella Rina, partecipa come vestale all’iniziazione della ricerca di un’isola che s’è persa fra Otranto e Valona.
Ada Donno, nel libro, dà ampia descrizione dell’isola, della sua storia, di quali impervie vie è stata ed è ancora costituita, di quali e quanti (veneziani, ottomani, normanni, genovesi, romani, bizantini, goti, “cesari”, “pompei”,”napoleoni” ect, sino a noi) ne hanno condizionato il salpare e quanti altrettanti vecchi e nuovi argonauti desiderano avviarsi.
Il libro nelle su prime 80 pagine è partecipazione corale alla ricerca di Rina sull’isola e fuori di essa. Poi è solo Rina Durante, sono solo “le parole di Rina” per le restanti pagine.
Qui il libro ritorna ad essere l’adolescente di Wisława Szymborska, Rina riporta alla consapevolezza della scrittura che è stata. L’orologio al suo polso segna ore reali così come segna i riconoscimenti dovuti al tempo che non è passato invano.
È l’incipit al film di Caterina a ricordarcelo a farcelo scorrere per attraversarlo:«Fu qui che,/stordita dal profumo,/di troppe ginestre,/ mi sentii (prima volta!)/ poeta»
All’Isola Caterina ha assegnato tre nomi, uno geografico, uno metafisico e un terzo ha nome “avvicinamento”, da far coincidere con lo stesso avvicinamento: Saseno è il luogo, il ricordo, è l’immaginato necessario. Il colore assegnato è il Verde complementare di un rosso che s’è smarrito in un tramonto, avuto dal Giallo delle ginestre e dall’Azzurro del mare.
Quel complementare ha due nomi: è Cate(Rina) e sono entrambi “nel mezzo del …” (da non intendersi come Tempo ma come attraversamento)”, entrambi in “Quel ramo…” e in quel” m’illumino …”
Entrambi sono l’utile premessa per poter far iniziare la storia in una scorza dall’inconfondibile Stile “Moleskine”, per un Nuovo da far raccontare, assemblare.
L’immagine è l’esservi con le cose scritte, per l’approdare e per il ritornare.
Il libro scorre da sé, è pianta ben composta, ha radici robuste e ben scritte.
Ho apprezzato Caterina in altre circostanze, in percorsi segnati da personalità fotografica e serietà nell’intraprendere il difficile da narrare, da evocare non solo con il ricordo che è, può incontrare la facile preda per nostalgie inutili, ma con l’immaginazione di una scaltra Penelope.
In un’estate letteraria, presso la “serrezzula” di Anna Misurale, mi è capitato di ascoltare delle immagini: come vedi ti penso – Dal monumentale di Milano parole e immagini.
La storia raccontata oggi è l’ideale continuazione di ieri. L’Isola di Rina forse esiste davvero ed è, probabilmente, la“sciarpa di pura lana,/ a righe colorate.”