L’amata Tognazza di Gianmarco
Intervista a Gianmarco Tognazzi questa sera a Collepasso ospite di Campagna d’amare, l’iniziativa dell’associazione Up
“Una volta c’era una nonna, una mamma , una campagna, un orto, ricreiamoli!
Dipende da noi!”
Ugo Tognazzi
La continuità di un sogno. E in autunno il Riserva “Conte Nascetti”
di Antonietta Fulvio
Sono le storie e le persone a creare atmosfere magiche in luoghi apparentemente normali. Campagna d’amare, iniziativa promossa dall’associazione Up, ospita questa sera a Collepasso l’attore Gianmarco Tognazzi. Ma non saranno i suoi successi cinematografici il tema dell’incontro, ma la continuità di un sogno. Un sogno che ha un nome. La Tognazza. La Tenuta Tognazzi famosa per le “cene dei dodici apostoli” con la partecipazione di molti attori e registi tra cui, Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Paolo Villaggio, Pupi Avati , Marco Ferreri , Luciano Salce e che nel solco delle felici intuizioni dell’indimenticabile Ugo è oggi una azienda agricola molto particolare. Abbiamo raggiunto telefonicamente Gianmarco Tognazzi e prima dell’incontro con la disponibilità di chi ha sicuramente ereditato non solo il talento ma lo spirito della condivisione propria del grande Ugo ci ha raccontato cosa c’è dietro il suo progetto.
Stasera sei invitato in una veste insolita come produttore di vino e di olio per parlare dell’esperienza de La Tognazza Amata, la tenuta nel cuore di Velletri, il sogno che era stato di tuo padre e che stai portando avanti con grande dedizione. Quali aneddoti racconterai?
Andrò a braccio, rispondendo alle domande e scavando nei ricordi. Sono nato in campagna non tutti lo sanno ma per venti anni ho vissuto a Velletri, dove attualmente vivo con la mia famiglia. Nel 1965 l’idea di trasferirsi nella tenuta fu un’intuizione felice dettata dal suo grande amore per la natura. Era l’isola dove Ugo ha preteso di coltivare i prodotti per la sua cucina. Era la sua grande passione che io ho vissuto in maniera diretta, ricordo le vendemmie, la spremitura delle olive. L’olio e il vino della Tognazza erano il suo oro, il suo orgoglio. Ugo dedicava il 70% del suo tempo alla cucina e il 30% al cinema contrariamente a quanto si possa pensare, aveva per la gastronomia una passione quasi doppia rispetto al cinema, il suo pensiero fisso era la cena o il pranzo che voleva organizzare di ritorno dal set, lasciando delle persone in cucina che dirigevano mentre lui era lontano, fino ad arrivare a cucinare sul set per la troupe nei momenti di pausa.
Tuo padre ti avrebbe voluto agronomo ma hai scelto il cinema e il teatro – regalandoci tante bellissime pellicole e pièce – ma poi ha ripreso il sogno di tuo padre, allora Ugo aveva visto lungo?
Figurati se mi sarei messo a fare l’agronomo in una casa come la mia dove c’era una presenza di cinema talmente forte, era difficile non farsi contaminare come poi è accaduto a tutti noi. Chi cresce in campagna ad un certo punto si sente un po’ prigioniero perché vive in isolamento, io non ho mai vissuto un’adolescenza normale come chi esce con una comitiva di amici, per certi versi sono stato un bambino privilegiato perché era più il mondo che veniva da me che io ad andare incontro al mondo.
Ti riferisci alle mitiche cene di tuo padre con i grandi nomi del cinema che erano di casa al punto che la Tognazza era diventata la Hollywood del Tirreno e sede anche di un famoso torneo al cui vincitore andava in palio non a caso Lo scolapasta d’oro, segno tangibile della sua irrefrenabile passione gastronomica…
Sì, decine e decine di buffet (oltre 1.500 ricette “autografe”, scrupolosamente scritte a mano, n.d.a) dove è nato il mito del bravo cuoco perché mio padre azzardava come nel cinema aveva delle intuizioni che a volte potevano anche non essere valide ma amava rischiare aprendo percorsi gastronomici sempre nuovi e in tempi non sospetti.
Anche tu ami cucinare?
Mi piace cucinare e ho un rapporto morboso con la terra ma in realtà avendo scelto la sua stessa strada, il cinema e il teatro, mi sono autolimitato in questa passione. Oltretutto i tempi sono cambiati, oggi il mestiere dell’attore è molto più frenetico Ugo aveva molto più tempo per il suo hobby ed era molto più tranquillo. Contrariamente oggi io non ho l’adeguata calma e serenità tanto è vero che per dedicarmi e dare priorità alla terra sono fermo da otto mesi e in questo momento il mestiere di attore è passato in secondo piano. La Tognazza non è solo un sogno ma un progetto condiviso con un grande chef Fabio Campoli, presidente del Circolo dei Buongustai, e con il mio socio Alessandro Capria. Uniti dal grande amore per mio padre ci siamo ritrovati a vivere insieme in affinità un percorso che molto mi ricorda l’attenzione, la cura e anche il rischio che Ugo metteva nelle cose. Con la morte di mio padre abbiamo avuto l’onere e l’onore di gestire la tenuta non avendo più gli stessi introiti e c’è stato un periodo in cui ho trascurato molto Velletri poi ho ritrovato la mia stabilità affettiva sono ritornato e devo dire grazie al papà di mia moglie, Valeria, che è sardo ed è un amante della vigna, lui mi ha stimolato a prendere in mano e reimpiantare il vigneto e a riprendermi cura dell’olio e del vino.
Così è cominciata la rinascita della Tognazza.
Farla rinascere è stata un’esigenza: salvaguardare il patrimonio, il luogo che ha visto l’esperienza culturale e gastronomica di mio padre e dove sono nate la gran parte delle cose viste sullo schermo. Una questione di giustizia. Assurdo che non ci sia la sua traccia in giro su quello che oggi sono dei must per tutti. Ugo è stato il primo direttore di una rivista mensile “La nuova cucina”, il primo a parlare di biologico e di un ritorno all’orto e al prodotto controllato in tempi in cui ancora si dovevano scoprire i supermercati e veniva quasi deriso come se fosse un po’ matto e invece le sue intuizioni, racchiuse nella frase “Una volta c’era una nonna, una mamma , una campagna, un orto, ricreiamoli! Dipende da noi!”, si sono rivelate profetiche: oggi tutti stiamo tornando al prodotto di qualità, al biologico. E con la Tognazza abbiamo una mission, già sperimentata qui in Puglia lo scorso anno, andare in giro alla ricerca di aziende piccole come noi, che non hanno un brand ma una produzione di qualità e che noi selezioniamo e cerchiamo di veicolare per aiutarle a mantenersi.
E la chiave del successo e della crescita esponenziale dell’azienda in questi ultimi anni?
La sincerità, il grado di fiducia che la gente ha ancora in Ugo perché dietro i nostri vini c’è una storia, la suggestione del condividere i piaceri della tavola che era la cosa che amava più mio padre e la qualità, la sola molla che spinge il compratore ad acquistare di nuovo, anche se solo tramite internet. Sul bianco e il rosso, Antani e Papioco alla supercazzola, ci sono le etichette disegnate a mano da lui e in autunno al nostro bouquet si aggiungerà il vino Riserva “Conte Mascetti” un altro omaggio al film “Amici miei”.
Se qualche produttore volesse girare un film sulla storia della Tognazza? Che ruolo ti piacerebbe interpretare tuo padre ieri o tu oggi? O entrambi?
Cercherei indegnamente di interpretare mio padre, mi prenderei il rischio anche se sarebbe una lontana interpretazione ma lo farei perché non vorrei vederlo interpretare da nessun altro, Ugo è inimitabile.
E insuperabile. Lo è stato sui set come sui palcoscenici.
E sono le persone come Ugo Tognazzi e oggi suo figlio Gianmarco con le loro storie a creare atmosfere magiche in luoghi apparentemente normali.