L’Uomo nomade – peregrinazioni, terre lontane, luoghi, etnie, migranti, memorie
A Cosenza, Palazzo Arnone dal 1 al 15 luglio 2015
In anteprima nazionale la Biennale Internazionale d’Arte Fotografica “Riviera dei Cedri”
COSENZA. Le sale di Palazzo Arnone si sono aperte questa mattina per accogliere in anteprima nazionale, la mostra fotografica L’Uomo nomade – peregrinazioni, terre lontane, luoghi, etnie, migranti, memorie a cura di Margherita Eichberg e Piero Di Giuseppe.
L’evento, in programma dal 1 al 15 luglio, è organizzato da Polo Museale della Calabria, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Calabria e Atelier du Faux Semblant che presentano in anteprima nazionale la V edizione della Biennale Internazionale d’Arte Fotografica “Riviera dei Cedri”.
La mostra nasce per promuovere un’attenta riflessione sul tema della migrazione che da sempre ha caratterizzato e accompagnato la civiltà dell’uomo e le grandi trasformazioni, un fenomeno ciclico che genera cambiamenti e richiede nuove risposte in merito ai temi dell’accoglienza e dell’integrazione.
Il percorso espositivo propone le immagini di fotografi che hanno fissato nell’obiettivo situazioni, volti e corpi di uomini, donne, bambini in cerca di un futuro lontano dal proprio paese di origine e da guerre, persecuzioni e povertà. Un racconto di speranze, di illusioni, di solidarietà, di storie personali intrecciate a quelle collettive e che trovano nella fotografia un mezzo per documentare e veicolare conoscenze. Un viaggio interiore alla scoperta del senso di appartenenza, dove le mete non sono solo il luogo fisico-geografico ma i luoghi del sentimento, del cuore, della rinascita, degli incontri tra culture. Un racconto di popoli in viaggio tra passato recente e nuovi nomadismi, un racconto di resistenze, di diritti negati, di percorsi emozionali, di diaspore, di tolleranze. Una mostra dunque che vuole narrare storie di uomini attraverso gli scatti e i reportages fotografici di grandi maestri che danno vita, grazie alla carica creativa e interpretativa, ma anche e soprattutto di conoscenza e di esplorazione dell’immagine, ad un percorso di forte impatto emozionale.
Dopo l’esposizione a Palazzo Arnone la mostra sarà esposta durante il periodo estivo nei più bei centri dell’Alto Tirreno cosentino da Aieta a Verbicaro, Santa Domenica Talao, Maierà e Grisolia, Orsomarso, Scalea e Diamante proponendo una singolare interazione tra proposta culturale e territorio utile alla conoscenza del patrimonio e delle tradizioni di un lembo di Calabria di straordinaria bellezza e di grande memoria storica.
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Fotografi in mostra: Gianluca Checchi, “Italians 2.0”; Renato Corsini,“Made in Brescia”; Ken Damy, “Sulla strada da Kathmandu a Pokhara”; Fabrizio Liuzzi, “Ai margini”; Francesco Malavolta, “Migrants”; Luigi Martinengo, “Gipsy”; Manuela Metelli, “Farda tra i profughi”; N.V.Parekh, “Un indiano a Mombasa”; Anna Peroni, “Profili integrati”; Ennio Rassiotti, “Negozio in Via Garibaldi”; Roberto Ricca, “Kebab amore e fantasia”; Tonino Sica, “Gente in viaggio…”; Giuseppe Torcasio, “Made in Italy…”.
La mostra L’UOMO NOMADE – peregrinazioni, terre lontane, luoghi, etnie, migranti, memorie resterà aperta al pubblico fino al 15 luglio 2015 e potrà essere visitata secondo i seguenti orari: 10.00/18.00 tutti i giorni (escluso lunedì)
red. Arte e Luoghi
Gli autori
Gianluca Checchi
“Italians 2.0”
Il progetto nasce da una volontà di riflessione e osservazione di una realtà cittadina (quella bresciana) che da anni vive conflitti e difficoltà rispetto al tema della multiculturalità.
Gianluca Checchi vuole raccontare, attraverso i suoi ritratti, una società nella quale differenti etnie e culture cercano integrazione e, soprattutto, interazione. Senza giudicare o sentenziare, Checchi lavora con coscienza dall’interno, decidendo di ascoltare prima le storie dei protagonisti e fotografando poi le loro aspirazioni, i loro progetti e la loro quotidianità. Un esempio di fotogiornalismo etico nel quale l’autore si riconosce e viene coinvolto con il suo personale uso del mezzo.
Gianluca Checchi scopre la fotografia come autodidatta, orientandosi verso il reportage. Collabora con alcune agenzie fotogiornalistiche, e le sue fotografie sono state pubblicate su quotidiani locali come Bresciaoggi e Giornale di Brescia, oltre che su testate nazionali quali ilGiorno, il Corriere della Sera, Repubblica e Gazzetta dello Sport.
Renato Corsini
“Made in Brescia”
Renato Corsini, in questo suo lavoro, ha concentrato il suo obiettivo sulla comunità di Sikh così presente sul territorio bresciano: di stanza nelle campagne attorno alla città, si dedicano infatti ad agricoltura e allevamento. Le fotografie sono state scattate durante un raduno della comunità Sikh a Brescia: mettendoli in posa davanti ad un telo, Renato Corsini ha mischiato sapientemente la fotografia di reportage con il ritratto, ottenendo un risultato socialmente ed esteticamente intrigante.
Renato Corsini si interessa di fotografia dal 1970 affiancando alla sua principale attività di architetto quella di fotografo e gallerista. Ha pubblicato 12 libri di reportage ed esposto in diverse gallerie italiane ed estere. Collabora con la rivista “Zoom” e scrive di fotografia e architettura su testate nazionali. Dal 2009 è direttore artistico della galleria “Wave Photogallery” di Brescia.
Ken Damy
“Sulla strada da Kathmandu a Pokhara”
Nei 200 chilometri circa che separano la valle di Kathmandu da Pokhara non c’è solo la religiosità del Nepal con i templi di Swayambhunat e Pashupatinath, c’è il racconto di poesie viaggianti, di incontri indimenticabili, di contrasti:
I sadhu, asceti induisti che dedicano la propria vita all’abbandono, alla rinuncia di ogni bene per vivere una vita di santità, impiegando il loro tempo nella devozione verso la divinità. Non possiedono nulla e passano la vita a spostarsi da un luogo sacro ad un altro, nutrendosi dei doni dei devoti.
I renaioli che estraggono la sabbia e la ghiaia dal fondo dei fiumi nepalesi. Un lavoro senza speranza e senza futuro che coinvolge bambini, uomini e donne, sfruttati da brokers dell’edilizia che ne gestiscono la vita, pagando loro il viaggio per arrivare nella valle, fittando loro le baracche e rendendoli schiavi a vita.
Nato l’11 novembre 1949 a Orzinuovi (Brescia) Ken Damy si diploma all’istituto d’arte, nel 1966 sviluppa la professione di grafico nell’agenzia di pubblicità Studio Saladini. Nel 1969 contribuisce a fondare il gruppo sperimentale Teatro anche con mansioni di scenografo e coregista fondendo immagini e politica. A soli 20 anni decide di mettersi in proprio e nel settembre del 1969 a Brescia nasce il Ken Damy Studio, grafica e fotografia pubblicitaria.
Nel 1974 partecipa all’apertura della Galleria dell’Immagine in seno all’Associazione Artisti Bresciani (AAB), sempre a Brescia, per diventare uno dei due consiglieri. In seguito, l’amicizia con Lanfranco Colombo gli permette di usare il nome di Diaframma Brescia preceduto da AAB. Nel 1979 lo spazio cambia il logo perdendo la sigla AAB, edita portfolios, cartoline e poster d’autore, organizza il primo workshop di Franco Fontana ed i corsi di fotografia annuali. Nel 1982 la galleria diventa Ken Damy Photogallery. Nello stesso anno entra nella redazione di Progresso Fotografico. Nel 1983/1984 accetta l’incarico all’Accademia di Belle Arti ad Urbino; negli anni a seguire insegna anche nelle Accademie di Bologna, Venezia e Milano. Nel 1985 inaugura la Ken Damy Photogallery a Milano e nel 1986 anche a Roma, galleria, quest’ultima, che trasferisce ad Urbino nel 1987; sempre nello stesso anno inizia a collaborare con Zoom Italia.
Nel 1990 apre il Museo Ken Damy di fotografia contemporanea a Brescia. Nel 1992 il Museo diventa associazione culturale con più di 300 iscritti. Nel 1993 organizza l’Accademia Internazionale di Fotografia del Museo Ken Damy che tuttora dirige.
Ha esposto con mostre personali e collettive in numerose gallerie italiane e straniere.
Ha pubblicato numerosi libri e cataloghi, sia come autore che come curatore.
Fabrizio Liuzzi
“Ai margini”
Ai margini delle nostre città, in prossimità di discariche , di grandi strade o di corsi d’acqua pericolosi, ci sono esseri umani che vivono in baracche prive di servizi, del tutto simili alle baraccopoli più povere del terzo mondo. Il reportage descrive per immagini la situazione in cui versava il campo Rom di Cosenza, prima e dopo l’incendio che il 3 giugno 2014 ha distrutto più della metà delle baracche collocate in contrada Vagno Lise.
Fabrizio Liuzzi vive e lavora a Cosenza. Studia Conservazione dei Beni Culturali all’Unical e si laurea nel 2007. Nel 2008 studia Arti Visive e Fotografia, con il fotografo e video maker Luigi Celebre. Negli anni successivi segue diversi corsi e workshop, con il fotografo Luigi Cipparrone, il reporter Francesco Zizola e il fotografo stampatore Antonio Manta. Ha collaborato con le compagnie teatrali “La Baracca” di Cosenza e “Les gens Ordinaires” di Bordeaux, in qualità di fotografo di scena. Realizza in diversi paesi europei (Svezia, Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo e Malta) reportages dai quali nasce e si sviluppa il progetto “Paesaggi Urbani” che viene pubblicato dalla casa editrice Luigi Pellegrini come primo numero della collana di Arte Contemporanea “E-Arte”. Nel 2013 un’opera del progetto viene selezionata tra le cento fotografie più belle del Nikon Club Italia e pubblicata sul catalogo dell’evento. E’ socio dell’Associazione Fotografica “L’Impronta Culture Fotografiche” di Cosenza.
Francesco Malavolta
“Migrants”
Il particolare momento politico che molti paesi dell’Africa tutta e del Medio Oriente stanno vivendo ha creato un pesante esodo umano che ha interessato prima la piccola Isola di Lampedusa con punte di 65 mila arrivi nel 2011 e successivamente l’intera costa della Sicilia sud-orientale, oltre ad altri punti terrestri di esodo come Grecia, Spagna, Turchia, Libano e Giordania. Fenomeno, quello via mare, che interessa maggiormente l’Italia, ad oggi ha visto la sua punta di massima nel 2014 con oltre 160mila arrivi, e nei solo primi quattro mesi del 2015 circa 25 mila , registrando anche un numero imprecisato di tragedie con migliaia di morti, solo pochi giorni fa fra la notte del 18 e del 19 aprile 2015 si è registrata la più grande tragedia via mare dal dopo guerra con oltre 700 morti dai racconti dei pochi superstiti recuperati subito dopo il naufragio. Dopo la tragedia anche le Nazioni Unite oltre la Comunità Europea hanno deciso di rivedere ogni strategia per contrastare la morte di popoli che decidono di scappare da conflitti e persecuzioni via mare.
Francesco Malavolta è un fotogiornalista, iscritto all’ordine dei Giornalisti della Calabria. Si è formato all’Istituto Superiore della Fotografia di Roma e ha poi conseguito un master in Fotografia all’Istituto Europeo di Design di Milano. Dal 1994 collabora con varie agenzie fotografiche nazionali ed internazionali, con organizzazioni umanitarie quali l’UNHCR e l’OIM. Dal 2011 documenta, per conto dell’Agenzia dell’Unione Europea “Frontex”, quel che accade lungo i confini marittimi e terrestri del Continente. Da subito orienta quasi totalmente i suoi lavori sulle frontiere e di conseguenza sul flusso migratorio dei popoli, in particolare su quello proveniente dal mare. Segue le vicende dall’immigrazione fin dall’inizio degli anni Novanta, dai tempi del grande esodo dall’Albania. Semplice e rigoroso il suo metodo di lavoro: studiare, documentarsi, prepararsi a ogni servizio come se fosse il primo. Non dare mai niente per scontato. E “disarticolare” con le immagini l’idea che le migrazioni siano una specie di fenomeno idraulico: un “flusso” dove gli individui, il loro nome, la loro identità, e il loro sguardo, non esistono più.
Luigi Martinengo
“Gipsy”
Il lavoro è stato realizzato ad Arles, Saintes Maries de la mer e nella Camargue, patria dei gipsy camarguesi e per il quale ha ricevuto dal Sindaco di Arles nel luglio 2002 le medaglia della città e della Regione Rhone Alp.
Luigi Martinengo è nato e risiede ad Alessandria dal 1939. Si è diplomato presso la scuola di avviamento industriale. La stradaè stata la sua grande scuola e maestra di vita, da qui lo studio ed il perfezionarsi attraverso letture e viaggi. Da autodidatta ha appreso l’arte della ripresa fotografica, divenendo anche stampatore delle proprie opere.
Molte le collaborazioni con testate giornalistiche: La voce della rotaia, La Provincia di Alessandria, Il Piccolo, Il Monferrato, ed i fotoreportage realizzati in Oceania, nei paesi del Medio ed Estremo Oriente, Sud Africa, America del Nord e del Sud, Europa. Attualmente alterna la sua attività di fotografo con quella di organizzatore di mostre ed eventi.
Manuela Metelli
“Farda tra i profughi”
Farda è una bambina curda, sbarcata in Calabria nell’estate del 2000 con una delle tante carrette del mare, che vive in una roulotte, assistita dai volontari della croce Rossa al Campo Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. Settecento profughi, curdi, afgani, pakistani, senegalese, fuggiti da tutto ma per una vita migliore.
Manuela Metelli è nata a Brescia nel 1965. Ha frequentato fin da giovanissima corsi e workshop con maestri di fama internazionale. E’ stata selezionata al premio Borromeo di Milano ed ha vinto il primo premio sul ritratto nel concorso nazionale organizzato dalla rivista Progresso fotografico. I suoi lavori sul Perù, Messico, Guatemala, Marocco, India, Tibet sono stati esposti in mostre collettive e personali in numerose città. La sua ricerca fotografica si è estesa ai problemi sociali dei profughi in Italia. Nel 1998 pubblica Una visione dell’India, nel 2001 Attraverso il Tibet e Farda tra i profughi.
N.V.Parekh
“Un indiano a Mombasa”
Maestro imbattibile delle fotografie di studio, N.V. Parekh è un fotografo indiano nella città kenyota di Mombasa.
Pose standardizzate, sorrisi statici, fondali fuorvianti e luci studiate sono al centro delle sue immagini tanto quanto i soggetti, committenti più o meno facoltosi, più o meno poveri, che si mettono in posa per cristallizzare la loro vita.
Bambini imbronciati su cavallini a dondolo, sposine indiane o swahili che guardano l’innamorato appoggiandosi ad una colonna, intere famiglie agghindate a festa: qui li troviamo ricolorati a mano, con un fascino tutto loro.
N.V. Parekh nasce a Mombasa, in Kenya, nel 1923 da genitori indiani. Nel 1942 apre il suo studio, in un epoca e in un luogo nei quali i fotografi non esistevano. Da subito si afferma come maestro del ritratto in studio.
Dagli anni Settanta si trasferisce in Inghilterra, e il suo archivio va perduto, finché l’artista Sarenco, nel 2001, lo recupera a Mombasa.
Anna Peroni
“Profili integrati”
La proposta per un lavoro fotografico sull’integrazione ha portato Anna Peroni a guardarsi attorno: senza spostarsi verso luoghi lontani ha posto il suo sguardo e il suo obiettivo di fotografa per diletto sul suo luogo di lavoro. Una casa di riposo, zeppa di personale multietnico, è divenuta luogo ideale per i suoi ritratti (sempre di profilo o di sbieco, mai di fronte, in linea con le sue caratteristiche di fotografa dedita ad un ritratto “diverso”). Undici paesi e undici diverse professioni: dal medico alla badante, dalle addette in cucina al manutentore, fino alle segretarie, i profili lavorativi sono tutti differenti, a testimoniare l’arcobaleno di ruoli.
Non fotografie standardizzate, esteticamente impeccabili; piuttosto un reportage spontaneo dalla macchina fotografica di chi il reportage lo fa attraverso i ritratti.
Anna Peroni vive a Brescia.
Fotografa per diletto, mentre nella vita lavora nell’amministrazione della casa di riposo che ha fotografato.
Ennio Rassiotti
“Negozio in Via Garibaldi”
Il lavoro si presenta come una raccolta di fotografie a colori realizzate in via Garibaldi, storica via del centro di Brescia nella quale il flusso di extracomunitari è estremamente vivace.
Nel suo studio fotografico in via Garibaldi, appunto, i personaggi raffigurati passano per farsi immortalare, da tutte le vie del centro bresciano. Le foto di gruppo o i ritratti in posa, iconici, vengono realizzati allo scopo di inviarli poi ai parenti rimasti in patria. Marocco, India, Pakistan, Russia, Bangladesh: le destinazioni sono molte, ma l’intento solo uno. L’esibizione dello status occidentale ormai raggiunto dai soggetti. Ennio Rassiotti è al servizio di queste persone, e tutte le fotografie esposte sono state scattate nel suo studio.
Fotografo professionista dagli anni Settanta, Ennio Rassiotti si occupa di reportage, moda, fotografia di studio. Viene dalla vecchia scuola dei reportagisti “vintage”, da esperienze consolidate e maturate nell’ambito del “collettivo fotografi” degli anni 70. Nasce fotograficamente analogico e conosce perfettamente il “mestiere”. Da professionista ha fatto degli scatti che sono destinati a raccontare realtà, evoluzioni, aspirazioni, speranze e sogni da ricondurre al mondo dell’immigrazione.
Roberto Ricca
“Kebab amore e fantasia”
La città, nelle immagini di Roberto Ricca, si mostra etnicamente trasformata: dove erano pizzerie, sono ora kebabbari; dove erano le botteghe delle nonne, sono adesso i supermercati “del mondo”.
In questo servizio tra il reportage e il ritratto ambientato nel quale le persone immortalate mostrano tanto le loro origini quanto la proiezione verso l’italianità, i colori dei visi si mischiano ai colori dei nuovi cibi, delle spezie, delle carni allo spiedo, delle confezioni le cui scritte confondono la vista, ma non il gusto.
Tanto i nuovi italiani si integrano nel nostro paese, quanto le papille gustative italiane si abituano piacevolmente alle immigrazioni gastronomiche.
Roberto Ricca è un fotografo con più di dieci anni di esperienza, di base a Brescia. Premiato in diversi concorsi, fa parte dell’Associazione Nazionale dei Fotografi Professionisti (Tau Visual). Si occupa di Reportage di Matrimonio, Portrait ed Eventi.
Tonino Sica
“Gente in viaggio…”
Il racconto di vite che cercano nel lavoro un riscatto ad un passato di povertà, a volte frustrato da condizioni lavorative non sempre umane ma con la speranza nascosta di un futuro migliore.
L’approccio con la fotografia risale ai primi anni ’80. Il curiosare, sempre alla ricerca di qualcosa che faccia provare sensazioni particolari, e i viaggi giovanili hanno fatto esplodere la passione per la fotografia, che con il tempo ha preso forma e carattere, divenendo racconto fotografico.
Giuseppe Torcasio
“Made in Italy...”
Milano, via Paolo Sarpi
Il racconto di un chilometro di passeggiata in Via Paolo Sarpi la via principale della Chinatown di Milano, dove fin dai primi decenni del ‘900 si è sviluppata una forte presenza cinese, e divenuta oggi uno dei luoghi simbolo della migrazione cinese nel nostro paese.
Giuseppe Torcasio (Lamezia Terme 1968) fotografa fin dalla fine degli anni ’80. Dopo una pausa di oltre un decennio riscopre la fotografia quale sistema di comunicazione a lui più congeniale. Le sue immagini, sia a colori che in bianconero, sono realizzate con mezzi analogici e digitali: apparecchi lomografici, usa e getta, telefono cellulare, ecc.
Segue con attenzione varie iniziative fotografiche attraverso web, seminari, workshop, letture portfolio e manifestazioni varie.
È socio FIAF dal 2008 e presidente del Circolo Fotografico Lametino.
È stato proclamato Autore dell’anno FIAF Calabria nell’edizione del 2011 e 2014.
Il campo in cui egli opera è quello della quotidianità che lo circonda, fatta di gesti,azioni, situazioni che ci pongono di fronte ad una regione dello spazio reale e concreta. Una ricerca, uno studio, una documentazione, quasi una dimostrazione dell’esistenza di un mondo che sembra non appartenerci più.
Mostra
L’UOMO NOMADE
peregrinazioni, terre lontane, luoghi, etnie, migranti, memorie
Cosenza – Palazzo Arnone
Mercoledì 1 luglio 2015 – ore 11.00
Cura: Margherita Eichberg e Piero Di Giuseppe
Coordinamento: Nella Mari e Attilio Onofrio