Le due torri aragonesi del Castello del Carmine
Ritrovata la porta di accesso di Torre Spinella, la prigione dei condannati a morte che ospitò anche Eleonora Fonseca Pimentel
Napoli, la città dei castelli. Sì, perchè oltre al notissimo Castel Nuovo, emblema della città con Castel dell’Ovo sul lungomare, Castel Sant’Elmo che domina la collina del Vomero e Castel Capuano, oggi sede dei Tribunali, ce n’era un altro, voluto nel 1382 dal sovrano angioino Carlo III di Durazzo che necessitava di un baluardo difensivo, sia marino che terrestre, nella zona sud-orientale della città. Era il Castello del Carmine, detto anche Sperone, demolito nel 1906 per far posto all’ultimo tratto di via Marina, e di cui restano oggi solo le due torri: “Brava e “Spinella”.
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Per anni l’area delle torri aragonesi di via Marina è stata una sorta di discarica a cielo aperto. Grazie al progetto “Monumentando” nei giorni scorsi si è conclusa la prima fase di pulizia dell’area, realizzata da Asia e dalla ditta Edil Cava, che hanno rimosso diverse decine di tonnellate di materiali di ogni genere, e liberato i fossati delle due torri.
“Tra i resti delle antiche mura cittadine abbiamo trovato delle vere e proprie casette costruite alla meglio.” Commenta Alfredo Iannaccone del progetto Monumentando. “Abbiamo impiegato circa dieci giorni soltanto per allontanare le persone che avevano preso possesso dell’area e, successivamente, abbiamo provveduto a rimuovere i rifiuti. Un lavoro durato una settimana con una media di circa 150 quintali al giorno.”
La seconda fase prevede ora la pulizia interna delle due torri, murate da decenni, e il progetto di restauro dei monumenti: oltre alla torre Brava e alla torre Spinella anche il settecentesco Guado del Carmine e la Fontana della Marinella.
Ed è di queste ore la notizia del ritrovamento della porta d’accesso alla torre Spinella, riemersa dopo la radicale operazione di pulizia dei fossati intrapresa nei giorni scorsi. Murata da decenni, la porta immetteva alla cella in cui erano alloggiati i condannati a morte nelle ore che precedevano l’esecuzione in piazza Mercato; come capitò a Eleonora Pimentel Fonseca prima di essere impiccata il 20 agosto 1799. Dalla torre – nota col soprannome di “guardione de’ birri” – i condannati erano condotti lungo le mura del Castello del Carmine (demolito nel 1906) fino al “vicoletto dei sospiri” (oggi scomparso) e quindi accedevano a piazza Mercato passando sotto l’arco di Sant’Eligio. La ricostruzione è raccontata – nel servizio realizzato dalla web tv del Comune di Napoli che riproponiamo – da Antonella Orefice, studiosa e responsabile del Nuovo Monitore Napoletano. (an.fu.)
Il Castello
l Castello del Carmine, detto anche Sperone, si trovava sul mare, nell’area tra Via Nuova Marina e Corso Garibaldi.
Fu costruito nel 1382 per volere di Carlo III di Durazzo, sovrano angioino del tempo, che necessitava di un baluardo difensivo, sia marino che terrestre, nella zona sud-orientale della città.
Il progetto originale prevedeva due grandi torri cilindriche, un torrione più grande e delle mura merlate rinforzate da grossi blocchi di piperno. Inoltre, essendo destinato al solo uso militare, era privo di abbellimenti, affreschi, arazzi, saloni e appartamenti reali.
Dopo aver sopportate la battaglia tra Luigi II d’Angiò e Ladislao di Durazzo (1386) e l’assedio di Alfonso d’Aragona, nel 1484 gli aragonesi, nella persona di Ferdinando I, decisero di apportare alcune modifiche, affidando i lavori all’ingegner Francesco Spinelli, che si concentrò soprattutto sull’ampliamento delle mura e che appose una lapide in memoria del suo intervento. Successivamente, nel 1512, in seguito ad una alluvione, il torrione principale venne danneggiato e fu ricostruito a base quadrata. Altri restauri furono eseguiti nel 1662 per aggiornare la struttura alle nuove esigenze belliche e per ammodernarne, anche abbellendoli, gli interni.
Durante la sua storia, il castello fu teatro di alcuni avvenimenti che hanno segnato il passato della città, come tra il 1647 e il 1648, durante la rivolta di Masaniello, quando vi fu proclamata la Reale Repubblica Napoletana e fu scelto come dimora da Gennaro Annese, diventato punto di riferimento degli insorti dopo la morte dello stesso Masaniello, oppure, come nel 1707, quando i Nobili Napoletani tentarono di prendere il potere ideando la “Congiura di Macchia”. Ma nonostante la sua importanza, non gli fu risparmiata la demolizione nel 1906 per consentire la costruzione dell’ultimo tratto di corso Garibaldi. Al suo posto fu costruita la Caserma Sani, poi ridimensionata a sua volta negli anni ’80 del XX secolo.
Al giorno d’oggi, della struttura sono rimasti visibili due torri e una parte di cinta muraria lungo via Nuova Marina.