Viva il Teatro

Ogni 27 marzo, dal 1962, risuona un unico messaggio nei teatri di tutto il mondo per la Giornata mondiale del Teatro indetta dall’International Theatre Institue dell’Unesco.

È il drammaturgo pakistano Shahid Nadeem l’autore del Messaggio della Giornata Mondiale del Teatro promossa venerdì 27 marzo dall’International Theatre Institute dell’Unesco. Dal 1962 ogni anno risuona un unico Messaggio, affidato a una personalità della cultura mondiale per testimoniare le riflessioni vive sul tema del teatro e della cultura della pace. Purtroppo la grave emergenza sanitaria internazionale provocata dal Coronavirus non consentirà le consuete celebrazioni in Italia e in Europa e in molti paesi nel resto del Mondo.

Sono rinviati anche due appuntamenti organizzati in collaborazione con il Centro italiano dell’ITI-Unesco presieduto da Fabio Tolledi, direttore artistico di Astràgali Teatro. In particolare saltano l’attesa giornata conclusiva di “Scrivere il teatro”, concorso per le scuole indetto dal MIUR e tutte le iniziative della settima Giornata Nazionale di Teatro in Carcere promossa dal Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere, costituito da cinquanta esperienze teatrali diffuse su tutto il territorio italiano, con il sostegno del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.

Il messaggio di Shahid Nadeem

Alla fine di uno spettacolo del Teatro Ajoka (1) sul poeta sufi Bulleh Shah (2), un uomo anziano, accompagnato da un giovane, si avvicinò all’attore che aveva interpretato il ruolo del grande Sufi (3) e gli disse: “Mio nipote non sta bene, per favore, lo benedica”. L’attore rimase sorpreso e gli rispose: “Non sono Bulleh Shah, sono solo un attore che interpreta questo ruolo”. L’uomo anziano gli disse: “Figlio mio, tu non sei un attore, sei una reincarnazione di Bulleh Shah, il suo Avatar (4)”. Improvvisamente si dischiuse davanti a noi un concetto completamente nuovo di teatro, in cui l’attore diventa la reincarnazione del personaggio che sta interpretando. Esplorare storie come quella di Bulleh Shah, e ce ne sono tante in tutte le culture, può diventare un ponte tra noi, persone di teatro, e un pubblico inconsapevole ma entusiasta. Quando siamo sul palcoscenico, a volte veniamo assorbiti dalla nostra filosofia di teatro, dal nostro ruolo di precursori del cambiamento sociale e ci dimentichiamo di gran parte delle masse. Nel nostro impegno con le sfide del presente, ci priviamo della possibilità di un’esperienza spirituale profondamente toccante che il teatro può offrire. Nel mondo di oggi in cui l’intolleranza, l’odio e la violenza aumentano sempre di più, e in cui il nostro pianeta sta precipitando nella catastrofe climatica, abbiamo bisogno di recuperare la nostra forza spirituale. Abbiamo bisogno di combattere l’apatia, l’indolenza, il pessimismo, l’avidità e il disprezzo per il mondo in cui viviamo, per il pianeta in cui viviamo. Il teatro ha un ruolo, un ruolo nobile, nel dare energia e spingere l’umanità a resistere alla sua caduta nell’abisso. Il teatro può trasformare il palcoscenico, lo spazio dello spettacolo, rendendolo qualcosa di sacro. Nell’Asia del sud, gli artisti toccano con riverenza le assi del palcoscenico prima di salirvi sopra, secondo un’antica tradizione che risale a un tempo in cui lo spirituale e il culturale si intrecciavano. È tempo di riguadagnare questa relazione simbiotica tra l’artista e il pubblico, tra il passato e il futuro. Fare teatro può essere un atto sacro e gli attori possono davvero diventare gli avatar dei ruoli che interpretano. Il teatro ha il potenziale per diventare un tempio e il tempio uno spazio dello spettacolo.

Note (1) Teatro Ajoka: fondato nel 1984. In punjabi la parola Ajoka significa “contemporaneo”. Il suo repertorio comprende spettacoli sulla tolleranza religiosa, la pace, la violenza di genere, i diritti umani. (2) Sufismo: la tradizione mistica islamica, la poesia sufi, per lo più in musica, esprime l’unione mistica attraverso le metafore dell’amore profano. (3) Bulleh Shah (1680-1757): un importante poeta sufi punjabi,la cui opera tratta argomenti filosofici complessi con un linguaggio semplice. Fortemente critico dell’ortodossia religiosa fu accusato di eresia e gli fu negata la sepoltura nel cimitero della sua città. Popolare oltre le contrapposizioni religiose. (4) Avatar: secondo la cultura indù reincarnazione o manifestazione sulla terra di un maestro divino

(Traduzione di Roberta Quarta per il Centro Italiano dell’International Theatre Institute)

L’autore
Tra i più importanti drammaturghi del Pakistan, leader del famoso Teatro Ajoka, Shahid Nadeem ha scritto più di 50 opere originali su temi di forte rilevanza sociale in Punjabi e Urdu, tradotte e pubblicate in inglese, oltre a diversi adattamenti delle opere di Brecht. Le sue opere sono state messe in scene in Pakistan, India e nel resto del mondo. Incarcerato tre volte sotto vari governi militari, per la sua attività di opposizione, è stato adottato come prigioniero di coscienza da Amnesty International. Nel carcere pakistano di Mianwali, ha iniziato a scrivere opere teatrali realizzate da e per i prigionieri. Successivamente ha lavorato come Coordinatore delle Campagne Internazionali e Responsabile delle Comunicazioni dell’area Asia-Pacifico per Amnesty International. Membro della rete Theatre Without Borders, è stato tra i componenti del Getty Research Institute, dell’International Pen e dello USA and National Endowment for Democracy. Nadeem ha lavorato per importanti giornali e tv e ha prodotto numerosi documentari. Il drammaturgo affronta con grande capacità temi sociali e politici contemporanei, legandoli a forme tradizionali e al patrimonio popolare, dando vita ad un un teatro brillante e intellettualmente stimolante.

(fonte: comunicato stampa)