I Pasano di Federica Murgia
Le ingiustizie sociali e la disparità di classe sono il perno su cui ruota la storia della famiglia raccontata dalla scrittrice sarda
di Stefano Cambò
Quando si prende in mano il libro I Pasano dell’autrice Federica Murgia (edito da Il Raggio Verde Edizioni di Lecce), l’occhio inevitabilmente cade sulla bella copertina realizzata dall’artista Dax Daniele Paladini che con uno scatto sublime ha impresso perfettamente il senso di quello che la scrittrice di origini sarde, ma residente da anni nel bellissimo borgo di Specchia nel Salento, ha cercato di illustrare e spiegare nelle pagine del suo romanzo per l’appunto intitolato I Pasano.
Infatti, in bella vista, abbiamo un piccolo portone in legno grezzo consumato dagli anni, una sedia leggermente sgarrupata (come direbbero alcuni personaggi del film Io speriamo che me la cavo con il grande e compianto Paolo Villaggio) e alcuni panni stesi probabilmente ad asciugare al sole.
Un contesto semplice e umile, proprio come il quadro rappresentato dall’autrice nella sua storia.
Un’autrice che, con sorprendente grazia e particolare attenzione, è riuscita a rappresentare al meglio il Salento in un periodo storico che va dagli anni venti agli anni cinquanta, con tutti i mutamenti storici, politici e culturali che ne hanno fatto da cornice durante gli accadimenti narrati.
Leggendo le pagine del libro entriamo nella quotidianità di quegli anni, pieni di sacrifici e denti stretti, dove la vita si prendeva a morsi e le scelte erano dettate a volte più dall’istinto di sopravvivenza che dalla ragione.
Le ingiustizie sociali e la disparità di classe sono il perno su cui ruota la storia de I Pasano, in un Meridione per certi versi ancestrale che sembra essere quasi uscito da una pellicola del grande Giuseppe Tornatore (in questo caso più L’uomo delle stelle con Sergio Castellitto che Nuovo Cinema Paradiso che gli valse l’Oscar e la fama mondiale facendoci conoscere il suo quadro personale della Sicilia dei primi anni del dopoguerra).
Per il lettore diventa quasi istantaneo appassionarsi ai protagonisti, simpatizzando inevitabilmente per “i buoni” della storia, nonostante la trama e gli intrecci nascondano una narrazione sempre tesa e bilanciata a non scoprirsi mai e a concedersi di tanto in tanto qualche colpo di scena.
Perché, più che una storia di vita quotidiana, quella di Federica Murgia è una lezione sulle nostre lontane origini che troppo spesso abbiamo dimenticato o peggio ancora rimosso, in un dipinto nostalgico del Salento, oggi ahimé… Buono solo per acchiappare l’occhio del turista.
Stefano Cambò