Quando Alberto Sordi vestiva i panni del Marchese del Grillo
Per i luoghi del cinema tra i set per rendere omaggio all’attore
Stefano Cambò
romano di cui ricorre il centenario della nascita
Il 2020 è un anno di anniversari importanti nel mondo del cinema italiano.
Due grandi artisti, che spesso hanno lavorato insieme, avrebbero toccato il prestigioso traguardo di quota cento con l’età.
Stiamo parlando naturalmente di due colossi della nostra inesauribile produzione.
Ossia…
L’istrionico Alberto Sordi e il maestro Federico Fellini.
E per omaggiare al meglio questo importante traguardo, nell’articolo che state per leggere e in quello del prossimo mese, vi porterò nei luoghi dei film che più di altri ci hanno fatto conoscere e apprezzare al meglio la loro arte.
Iniziamo, infatti, questo insolito numero doppio con il primo grande nome.
Forse, fra tutti gli attori, quello che attraverso la sua mimica e il suo modo di recitare è riuscito a rappresentare al meglio lo stereotipo dell’italiano nel mondo, soprattutto negli anni d’oro del nostro cinema d’esportazione.
Chi non si ricorda a tal proposito la scena cult del film Un americano a Roma, con il geniale Alberto Sordi che davanti ad un gigantesco piatto di pasta fumante, in un romanesco un po’ storpiato afferma ad alta voce: Maccherone… Tu m’hai provocato ed ora io te magno!
Un momento impresso nei cuori dei tanti spettatori che con i suoi film hanno riso e pianto, si sono commossi o si sono lasciati andare alle lacrime per il divertimento.
E proprio per omaggiare e allo stesso tempo ricordare uno degli attori più importanti del nostro cinema che oggi vi porterò in giro per il set di uno dei film maggiormente conosciuti ed apprezzati.
Stiamo parlando naturalmente de Il Marchese del Grillo diretto dal maestro Mario Monicelli.
Era infatti il 1981, quando nelle sale usciva questa pellicola, forse l’ultima tappa della mitica commedia all’italiana degli anni Settanta.
La storia del film ci porta subito nella Roma dei primi anni del 1800, quando il marchese Onofrio Del Grillo (Alberto Sordi), nobile romano al servizio del Papa Pio VII, vive la sua vita agiata votata completamente all’ozio, al gioco d’azzardo e agli scherzi a volte pesanti.
Il personaggio falsamente conservatore e critico verso l’ordine costituito, prende in giro senza tregua il popolo tanto da riuscire a mettere in scena il suo tranello più riuscito.
Farsi sostituire da un sosia (un povero carbonaio con evidenti problemi di dipendenza dall’alcool), nei momenti celebrativi con la sua famiglia e con l’intero star system della nobiltà romana dell’epoca.
Il tutto avviene, mentre il vero marchese si invaghisce in senso letterale di Napoleone durante la discesa delle sue truppe in terra italica.
Il protagonista tenta addirittura di raggiungere Parigi, convinto che oltre le Alpi il suo modo di vivere agiato sarebbe stato sicuramente apprezzato, ma dovrà ritornarsene con la coda tra le gambe a Roma nel momento in cui Napoleone subisce una tremenda sconfitta militare.
Come si può immaginare dal racconto della trama, gran parte delle scene sono state girate ed ambientate logicamente nel Lazio e nella Capitale, con un occhio particolare per i paesaggi naturali e le zone rurali che meritano di essere visitati da chi avesse voglia di farsi un giro domenicale o una scampagnata fuori programma.
Grande presenza scenica è data dall’Acquedotto Claudio all’interno dell’attuale Parco degli Acquedotti nella campagna romana, che fa da sfondo ai discorsi del Marchese con un ufficiale francese prima che entrambi vengano fermati all’interno della carrozza, da un gruppo di facinorosi briganti.
La scena avviene davanti alle rovine della Chiesa di San Bonaventura a Canale Monterano, un piccolo paese di stampo rurale non distante dal Lago di Bracciano.
Il luogo sacro, diventato con il passare inesorabile del tempo un vero e proprio rudere, merita una visita perché è stato edificato su un progetto originale di Gian Lorenzo Bernini (l’artista che ha ideato il colonnato di San Pietro, le statue di Apollo e Dafne alla Galleria Borghese, l’Estasi di Santa Teresa, la fontana del Tritone in Piazza Barberini e la Barcaccia davanti la famosa scalinata di Piazza di Spagna solo per citarne alcuni).
Dalla campagna laziale ci spostiamo alla Città Eterna per parlare della residenza del marchese nel film.
Nonostante, nella finzione sembra essere situata in una strada residenziale di Roma (considerando naturalmente l’epoca) si tratta del celebre Palazzo Pfanner di Lucca, dimora nobiliare del secolo XVII mentre per le scene esterne si è fatto ricorso alla Casa dei Cavalieri di Rodi nella Capitale.
Altra location simbolo è quella del Teatro Sociale ad Amelia (provincia di Terni).
Qui si esibiva nella pellicola Olimpia, la bella cantante lirica di origini francesi, scandalo in una Roma ancora abituata ad ascoltare solo le voci maschili.
Oltre ai palazzi, si è optato per esigenze di copione anche ai Casali, come quello della Civita nella campagne presso Tarquinia (Viterbo) e quello di via delle Pietrischi a Manziana (provincia di Roma).
Quest’ultimo, per la sua posizione strategica ed isolata sui Monti Sabatini, è stato spesso utilizzato dal cinema italiano per ricreare al meglio l’atmosfera rurale di una certa epoca del lontano Ottocento.
Concludiamo il nostro tour nei luoghi de Il Marchese del Grillo con due tappe fondamentali.
La prima è il Lago di Vico, specchio d’acqua di origine vulcanica, patrimonio dell’omonima riserva naturale e per esigenze di scenografia sfondo ideale dell’incontro tra il protagonista e l’esercito francese in discesa sulla Penisola.
La seconda ha a che fare invece con la scena più famosa del film.
Quella del lancio delle monete bollenti ai poveri mendicanti, con il marchese che si fa beffa di loro dall’alto.
Ebbene, tutto il momento è stato ripreso nella bellissima Villa Grazioli a Grottaferrata.
E con le immagini di questa suggestiva dimora immersa nel verde, lasciamo che il film scorra verso i titoli di coda con la frase che ha caratterizzato da sempre la vita di Alberto Sordi, forse l’attore che più di altri è riuscito a far apprezzare il nostro cinema in tutto il mondo.
“La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico. Perché alla fine si può ridere su quasi tutto!”