Il ritorno del di-segno Montelli, don Chisciotte & C
Intervista al Maestro Giancarlo Montelli. Per i tipi delle
di Antonietta Fulvio
edizioni Odradek è uscito il nuovo progetto editoriale dedicato al Cavaliere della Mancha
Il ritorno del di-segno. Puro. In punta di penna biro. E il ritorno del colore. Quello degli acquerelli della tavolozza montelliana. Unica e inconfondibile nel raccontare storie che affondano le origini nel mito e nella letteratura come nel caso del Don Chisciotte & C, il nuovo progetto dell’artista romano Giancarlo Montelli, fresco di stampa per le edizioni Odradek.
Abbiamo incontrato il Maestro che ci ha anticipato la genesi creativa di questo originalissimo volume ispirato al romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra e non solo. L’illustrazione in copertina, una delicatissima scala di grigio con in evidenza in rosso le iniziali del titolo, pone in primo piano Don Chisciotte pensoso, quasi appollaiato su un’altura: la figura di questo antieroe, i particolari eleganti della sua armatura contrastano con l’aspetto scavato del volto, i capelli arruffati, lo sguardo perso nel vuoto. Il suo profilo in perfetta sintonia con quello del suo destriero Ronzinante, dalla criniera goffamente scapigliata e gli stessi occhi allucinati è rivolto verso un altrove, probabilmente immagina la prossima avventura nel suo mondo fatto di duelli, dame da proteggere e giganti da sconfiggere. Un mondo cavalleresco mistificazione di una mente fragile, ubriaca di libri e persa nei sogni.
Maestro, un nuovo corposo progetto a lungo introiettato ed elaborato nel tempo fino alla scoperta di una “chiave di lettura”. E dalla copertina subito un indizio, inequivocabile, del ritorno al “di-segno”?
Assolutamente sì, perché il segno dà uno spessore e una vibrazione maggiore. Il Barone di Muchhaussen è completamente concepito e realizzato al computer, il segno uniforme e la tavolozza digitale piatta andavano benissimo per questo personaggio che racconta avventure straordinarie. Avevo iniziato al computer anche il Don Chisciotte ma mi sono reso conto che questo personaggio ha uno spessore diverso perciò ho preferito i disegni a penna biro e gli acquerelli.
Torniamo al titolo perché Don Chisciotte & C?
Volevo illustrare Don Chisciotte ma sarebbero serviti oltre dieci anni di lavoro e migliaia di illustrazioni, ho scelto perciò il personaggio come “guida” una sorta di vate per fare un percorso in tutta la storia della cavalleria epica. Partendo da Don Chisciotte ma tornando indietro da Omero a Virgilio, da Boiardo ad Ariosto, passando per i paladini di Carlo Magno, re Artù fino ad arrivare a Calvino che ha ripreso i codici cavallereschi con la sua trilogia, il Barone rampante, Il Cavaliere inesistente e il Visconte dimezzato. Ho incontrato così eroi antichi e moderni, conti e baroni, cavalli veri e di legno, draghi terribili e di latta, nobildonne e guerriere d’acciaio…
Ne è venuto fuori un libro in cui Don Chisciotte è la guida, il personaggio chiave, però è al contempo una scorribanda sulla cavalleria.
Ne è uscita una vera e propria galleria di personaggi che attraversano la storia della letteratura epica accostando anche dei testi, un viaggio tra segni e parole di un mondo che è fatto della stessa sostanza dei sogni dove perciò non c’è un ordine didascalico prestabilito eppure il fil rouge c’è…
Esattamente ho voluto partire da Don Chisciotte della Mancha e farne un libro nel quale questi mitici personaggi sono disegnati e poi messi alla rinfusa, accostati per similitudine o per contrari ma uniti da comuni falsi ideali, da una comune inconsistenza morale.
Questa pubblicazione è il terzo della trilogia dedicata ai bugiardi…
Pinocchio, il primo è il bugiardo che mente per salvare se stesso. Dai giudici, dagli imbroglioni, dagli assassini persino dalla stessa fatina e finisce per omologarsi ai dettami della società borghese.
Poi il Barone di Muchhaussen colui che mente sapendo di mentire. Un bugiardo patentato che mente perché gli altri pensino che lui sia un superuomo. In lui non c’è etica le sue imprese non sono né cattive né buone sono sempre straordinarie e la bugia è un mezzo per sovrastare gli altri, è il peggiore di tutti e la cosa incredibile è che è creduto. Quanti ne abbiamo visti e continuiamo a vederne di Baroni di Munchhaussen….Infine Don Chisciotte che mente a sé stesso perché crede nella realtà mistificata frutto delle sue letture. Ha una biblioteca straordinaria e legge i libri della letteratura epica che narrano di cavalieri erranti e si immedesima nei personaggi creando un mondo immaginario fatto di onore, di dame da adorare e difendere e falsi codici cavallereschi in nome dei quali, chiunque non risponda a tono alle sue domande, o non conosca e adori la sua adorata Dulcinea, deve essere ucciso. Don Chisciotte è però anche il sogno, l’avventura, l’utopia.
A proposito di Dulcinea, nel suo libro ha illustrato e raccontato anche tante dame ed eroine, ne è uscita una bella galleria di donne a cominciare da quelle di don Chisciotte
Ogni cavaliere di gran valore deve avere una dama della quale è perdutamente innamorato e per la quale è disposto a perdere la vita anche se lei spesso è ignara di questa passione. Don Chisciotte quindi procuratosi le armi, il destriero e lo scudiero, pensa ad eleggere una nobildonna da amare. Ovviamente la sceglie tra le contadine del luogo e idealizzata le dà il nome di Dulcinea del Toboso che diventa, a sua insaputa, l’amata del Cavaliere dalla Triste Figura. Don Chisciotte è ossessionato dalla sua immagine ne decanta continuamente le virtù e la invoca all’inizio di ogni avventura. Ma Dulcinea del Toboso altri non è altri che Aldonza Lorenzo una nerboruta contadina.
Il tema dell’amore le ha consentito di sfogliare tra le pagine epiche e dare un volto alle dame più celebrate di tutti i tempi
Non potevo non disegnare l’illusione d’amore del Paladino Orlando e la bella Angelica che fa perdere il senno al paladino di Carlo Magno. Toccherà al povero Astolfo, in groppa all’Ippogrifo, recuperare il senno di Orlando sulla luna dove si raccolgono tutte le cose che si perdono in terra. Orlando ci ricorda anche un altro eroe, Achille e la sua famosa ira per la perdita di Briseide che però era la sua schiava. I Cavalieri antichi perdono la ragione per le amate, spesso non riamati e per loro compiono gesti folli. Però non le uccidono mai, come si usa adesso.
Non solo dame però…
Sì, nel libro ci sono altre figure femminili straordinarie, le guerriere. A loro è dedicato un intero capitolo: Marfisa e Clorinda, Ippolita e Bradamante, Athena e la straordinaria pastora Marcela e il suo orgoglio femminista.
Nella letteratura, nella mitologia e nella storia ci sono state tantissime donne guerriere. Dalle Amazzoni a Giovanna d’Arco. Tra le tante Athena, figlia prediletta di Zeus, è la dea della sapienza delle arti e della guerra nobile. Nel poema di Cervantes c’è una pagina straordinaria dedicata a Marcela che chiamo la guerriera di Don Chisciotte. In realtà è una pastora amata dal pastore Crisostomo che non ricambiato si uccide e per questo Marcela viene accusata di crudeltà e di ingratitudine. Siamo alla fine del 1500 e sono ancora i tempi dell’Inquisizione spagnola eppure il discorso pronunciato da Marcela è una straordinaria dichiarazione di dignità e di libertà della donna. Nel libro è riportato il testo del discorso che è un esempio di autodeterminazione e di affermazione della propria libertà e del diritto alla scelta. Veramente una pagina straordinaria.
E poi ci sono i cavalieri…
I cavalieri erranti che nella letteratura epica vanno in giro per compiere grandi imprese, salvare le dame e i deboli e punire i prepotenti. Quelli che a differenza di Don Chisciotte sono stati insigniti dal re, o dai vescovi. Dai cavalieri di Omero, il feroce Agamennone e i suoi Achei a Carlo Magno e i suoi Paladini, Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, Riccardo Cuor di Leone e i suoi crociati. E Federico Barbarossa con i suoi cavalieri sotto la montagna e Gengis Khan e i suoi terrificanti cavalieri. Il libro ne ripercorre anche brevemente la storia e le gesta fino ad arrivare a Calvino che riprende il filo della letteratura epica con la sua trilogia “i nostri antenati” che ripropongono, in fin dei conti, il problema dell’identità che tormenterà lo scrittore durante tutto il corso della sua vita artistica e professionale. Egli infatti si sentirà sempre diviso tra la necessità dell’impegno politico e l’attrazione per la fiaba e la leggerezza, tra l’essere e il non essere, tra la necessità di vivere una realtà convenzionale e il desiderio di prenderne le distanze.
Non solo personaggi mitici nel poema di Don Chisciotte lo sguardo si sofferma anche su figure minori, i cosiddetti amici di don Chisciotte
In primis il suo scudiero Sancho Panza che in groppa ad un ciuco con la promessa un giorno di diventare governatore di un’isola, lascia la famiglia e la campagna per seguirlo nelle sue disavventure. Una su tutte: la lotta contro i giganti che altri non sono che mulini a vento. Sancho Panza è l’unico vero amico del Cavaliere. C’è poi la governante che vive con lui insieme alla nipote ventenne Antonja Quiana e al domestico. La donna è talmente in ansia per le sorti del cavaliere che convince la nipote, il barbiere e il curato a bruciare i libri di cavalleria considerati causa della sua follia. Oltre al barbiere e il curato ci sono l’oste con la moglie e la figlia che Don Chisciotte scambierà per i castellani dell’osteria/castello dove avverrà l’investitura a cavaliere con una ridicola cerimonia dopo la “veglia delle armi”, infine il prigioniero Ginès de Pasamonte e Sansone Carrasco, il baccelliere, che più volte si scontra con Don Chisciotte costringendolo con la vittoria nel secondo duello a far ritorno al proprio paese.
Un lungo racconto fatto di immagini e parole è il caso di dire per incontrare personaggi mitici ma attraversare in una serie di metafore disegnate il senso più profondo dell’esistenza. E non c’è cavaliere senza cavallo a cominciare da Ronzinante. Nel libro c’è un sottotitolo che lo riguarda ed è il vecchio adagio “La bellezza è negli occhi di chi guarda”…
Infatti Don Chisciotte ha per destriero uno scassatissimo cavallo che lui vede bellissimo e prestante al di sopra per valore e potenza di tutti i più famosi cavalli dei grandi cavalieri della leggenda e della storia.
Poi ci sono i cavalli di legno, da quello più famoso di Troia al fantastico Clavilegno di Cervantes. E tra le pagine che ne ripercorrono la storia, si inseriscono illustrazioni e bozzetti, progetti delle figure articolate da animare…
Come per l’episodio del Clavilegno in cui Don Chisciotte e Sancho Panza vengono presi in giro da certi conti che dopo averli bendati li fanno montare sul cavallo di legno facendo credere che si tratti di un cavallo alato. O nella disavventura contro i mercanti quando Ronzinante cade rovinosamente e giù una serie di disegni un vero e proprio studio come cade un cavallo. C’è un aspetto che si ritrova in tutti i miei disegni ed è la voglia che ho sempre di scomporre i miei personaggi in pezzi e farne delle marionette da mettere nel teatro dei Pupi oppure delle figure meccaniche. Le illustrazioni del libro parlano anche di questo.
In questo volume Maestro hai voluto mettere di nuovo in primo piano il disegno puro. Tu che hai una padronanza assoluta in tutte le tecniche dal disegno in punta di china all’illustrazione digitale. Come è cambiato il mondo dell’illustrazione e quali sono realmente le basi per poter essere un buon illustratore.
Ho sempre lavorato in punta di china e acquerello, ho lavorato molto con testate giornalistiche (La Repubblica, L’Espresso, nda) per illustrare articoli o grandi pagine di dossier. All’epoca non c’era il computer e quindi con tempi ridottissimi bisognava realizzare l’illustrazione, correre in redazione dove venivano fatte le pellicole, montate al tavolo luminoso insieme ai testi e preparate le lastre per la stampa. Adesso fare l’illustrazione direttamente al computer consente di lavorare velocemente e realizzare un file perfettamente compatibile con i moderni sistemi di stampa digitale. Le moderne tavolette grafiche perfezionate consentono di simulare tutti gli strumenti di disegno, dai vari supporti ai pennelli, penne, matite, colori. Quindi per l’illustrazione editoriale il disegno con mezzi tradizionali viene man mano abbandonato a favore del disegno digitale che consente, tra l’altro il copia e incolla, tornare indietro se si sbaglia, cambiare velocemente colore, lavorare su livelli diversi. Nel disegno tradizionale, specie con l’acquerello, se sbagli butti tutto e ricominci da capo. Non voglio dire che un mezzo è superiore all’altro. Si possono fare capolavori con la tavoletta grafica e croste con i mezzi tradizionali e viceversa. Però è proprio il lavorare sulla carta, la tensione di non poter sbagliare, lo stendere con il pennello i colori, aspettare il momento giusto dell’asciugatura per aggiungere altro colore, aggiungere gessi o matite colorate, e ottenere un originale e non un file che quando spegni il computer scompare, mi da quell’emozione che non mi da l’illustrazione digitale. Con il computer ho sempre lavorato tanto e spesso per velocità facevo l’illustrazioni a pezzi e poi le componevo al computer per mandare il file in redazione. Ho sempre lavorato con penne e acquerelli. L’unica esperienza totalmente a computer è stato il Barone di Muchhaussen che è andata benissimo con una bella mostra realizzata al Palazzo Ducale di Cavallino (Lecce) con file stampati in formati giganteschi che farli a mano ci sarebbero voluti mesi, e questo è un altro aspetto che ti consente l’illustrazione digitale. Lavorare su file grandi estremamente versatili. Però il disegno è il disegno.
Grazie Maestro per questo nuovo libro che chiude la trilogia dei bugiardi e riscoprendo i classici ci fa pensare a quanto sosteneva Gustave Flaubert «Ama l’arte; fra tutte le menzogne è ancora quella che mente di meno.»