Nel viaggio al centro di un millennial di Dario Gioè

Il mondo dei giovani la forza di ricominciare #ladevotalettrice

Lucia Accoto

Ricominciare. Il verbo ha la bellezza della speranza, del nuovo, di ciò che si può fare azzerando tutto. Si comincia daccapo per scelta, per necessità, perché costretti. Un altro punto e a capo, un’altra partenza. Certo, il passato c’è, resta e serve. È importante per evitare gli stessi errori, per mettere in chiaro la propria esperienza.

Non è indispensabile essere agè per averne una, anche i giovani hanno il loro crocevia di delusioni, di successi, di felicità, di fallimenti. E non si bollano per età anagrafica. La vita scorre lungo la spina dorsale, sta a noi tenerla dritta ogni giorno. La demenza di un sistema burocrate, nepotico, marchettaro e cieco, coagula le aspettative di un futuro professionale al centro dello stomaco. Perché è lì che pesa facendoti venire l’ulcera. Il lavoro oggi è incerto, precario, inesistente. È il buio più totale. E per chi ce l’ha è come vivere sulle montagne russe, si sale e si scende senza controllo soprattutto quando il tuo posto è nelle mani di qualcuno incompetente. Ci vuole resilienza. Se sei bravo e coraggioso hai bisogno anche di lungimiranza e di fortuna. Apri il paracadute e ti butti in nuove esperienze. Ti lanci per ricominciare, quello che fanno i millennials.
Nel Viaggio al Centro di un Millennial di Dario Gioè cammini, precipiti e voli nel mondo dei giovani del nuovo Millennio. Quelli come Dario Gioè – autore e protagonista del libro – hanno titoli di studio, master, dottorati, permanenze all’estero, ma che sono stati schiacciati da un sistema, accademico prima e professionale poi, miope. Un sistema che promuove pochi, limitante nelle idee e nelle innovazioni, antico nella mentalità, stantio nei comportamenti, fiacco per l’autostima. Bisogna fare a pugni con se stessi, mettersi in discussione, sapere bene quello che non si vuole accettare, per cambiare. Quello che ha fatto Gioè. Ha cambiato mentalità per non finire nelle sabbie mobili. “Il vero lavoro è proprio cambiare l’idea di lavoro”.
Genuino lo stile dell’autore. Va al nocciolo della questione senza perdersi nelle nuvole. Il suo è un racconto asciutto, una sorta di confessione in cui ogni parola ha la misura di ciò che è stato e di quello che doveva essere. Imporsi di cambiare, a volte, è un imperativo a cui non possiamo sottrarci per stare bene, meglio. Per essere felici.