Caruso e Napoli. Il tenore
Materiali e autografi della Bibioteca Nazionale di Napoli in mostra al Museo MEMUS, Museo Memoria e Musica, fino al 15 dicembre 2021
Antonietta Fulvio
NAPOLI. Cento anni fa, il 2 agosto 1921, si spegneva a Napoli, nel Grand Hotel Vesuvio, Enrico Caruso considerato tra i più grandi tenori di tutti i tempi. Le sue spoglie riposano in una cappella situata nel Cimitero di Santa Maria del Pianto a Poggioreale nel cosiddetto “recinto degli uomini illustri”, dove riposano tra gli altri anche Totò, Scarpetta, Nino Taranto e Guglielmo Sanfelice.
Al grande tenore, nell’ambito delle manifestazioni ufficiali del Comitato Nazionale delle Celebrazioni di Caruso (1921-2021), la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, in collaborazione con il Teatro San Carlo, dedica una grande mostra documentaria esponendo per la prima volta al Memus una parte ampiamente rappresentativa della collezione di documenti di e su Caruso, conservati dalla Sezione Lucchesi Palli della Biblioteca (specializzata nella storia dello spettacolo napoletano), acquisiti dallo Stato da un antiquario romano nel 1973.
“Enrico Caruso e Napoli” è il titolo della mostra, curata da Maria Iannotti (vicedirettrice della Biblioteca Nazionale e responsabile della Sezione Lucchesi Palli) e da Dinko Fabris (responsabile scientifico del Dipartimento di ricerca del Teatro di San Carlo), che si potrà visitare fino al prossimo 15 dicembre.
Nato a Napoli nel Quartiere San Carlo all’Arena il 25 febbraio 1873, Enrico Caruso, di origini umilissime, giovanissimo andò a lavorare con suo padre in una fonderia ma fu grazie alla madre che si iscrisse ad una scuola serale dove apprese l’arte del disegno per il quale aveva una predisposizione naturale così come per il canto. I suoi primi maestri furono Schirardi e De Lutio ma fu grazie al baritono Eduardo Missiano, che sentendolo cantare durante un funerale nella chiesa di Sant’Anna alle paludi che volle presentarlo al maestro Guglielmo Vergine. L’esordio arrivò nel 1894 con una parte ne “L’amico Francesco” di Domenico Morelli. Fu l’inizio di una carriera artistica che lo vide conquistare i teatri di Napoli, la Scala di Milano e il Metropolitan di New York con un repertorio vastissimo, da “La bohème” a “Rigoletto”, passando per l'”Aida” e “Pagliacci”. la vita non gli risparmiò grandi dolori, dalla morte della madre quando era ancora giovane al tradimento dell’amore della sua vita, il soprano Ada Botti Giachetti, che fuggì con il loro autista dopo undici anni insieme e due figli. A lei il tenore dedicò la famosa canzone “Core ‘ngrato”.
Nella mostra si ripercorrono gli anni della sua brillante carriera ma anche l’altra faccia del tenore quella dell’uomo ironico, che amava fare scherzi ai suoi compagni e ritraeva se stesso con grande senso di autoironia.
«Lo studio del Caruso disegnatore è tanto più interessante in quanto ci rimanda un’immagine discordante dal cliché dell’uomo incolto che, secondo gli americani, comprava i quadri a metraggio. Anzi esso ci fornisce una prova del suo istinto rivoluzionario che accompagnò e talvolta anticipò i fenomeni d’avamguardia del primo novecento.» Non a caso l’immagine scelta per la locandina della Mostra – Caruso mentre canta “O Paradiso” – è una auto-caricatura, disegnata dallo stesso Enrico Caruso e dedicata nel 1913 a Parigi alla sorella del Conte Lucchesi Palli, fondatore della Biblioteca dove è oggi conservato il fondo. L’aria cantata dal tenore “O Paradiso” è tratta dall’opera L’Africana di Meyerbeer di cui un disco originale [ da collezione privata] interpretato dal grande tenore ed esposto in mostra in copia autografata e fatta ascoltare su un grammofono d’epoca).
In evidenza, dunque, il piccolo ma significativo fondo della Lucchesi Palli, circa 80 documenti che descrivono il rapporto estremamente affettuoso e di fiducia di Caruso con un personaggio misterioso, mai studiato finora dai biografi carusiani, che ritroviamo, però, citato come uno dei suoi migliori amici a Napoli nelle biografie più attendibili scritte immediatamente dopo la morte del tenore. Lettere, cartoline e fotografie con dedica costituiscono gran parte della straordinaria esposizione, si tratta della corrispondenza di Enrico Caruso e dei suoi familiari con Angelo Arachite, e le informazioni fornite da molte lettere si rivelano fondamentali per ricostruire in modo rigoroso la biografia del cantante.
In esposizione anche alcune fotografie con dedica autografa di Caruso a Salvatore Di Giacomo, risalenti al periodo in cui Di Giacomo era direttore della Biblioteca Lucchesi Palli. Caruso aveva cantato come primo interprete la versione operistica eseguita a Salerno il 28 novembre 1896 del poema dialettale A San Francisco di Salvatore Di Giacomo, fresco di edizione (1895-96) musicato da Carlo Sebastiano.
L’esposizione è stata inaugurata da una Giornata di Studi dedicata a “Enrico Caruso da Napoli all’America” che ha visto la partecipazione di studiosi di diverse discipline come Giuliana Muscio (Università di Padova) e Simona Frasca (Università Federico II di Napoli), e Luigi Vicinanza (Presidente del MAV di Ercolano) oltre ai curatori. In occasione della Giornata sono stati proiettati spezzoni di docufilm su Caruso ed è stato proposto l’ascolto guidato di alcuni dischi originali e autografati di Caruso resi disponibili dal collezionista e amico personale del figlio di Caruso, Guido D’Onofrio, su un grammofono “Columbia” del tempo.
E dallo scorso 2 agosto, segnaliamo l’apertura della “Casa Museo Enrico Caruso” nella sua casa natale, a Napoli al numero 7 di via Santi Giovanni e Paolo n. 7 . Ideata e fondata da Gaetano Bonelli (già fondatore, del “Museo di Napoli” che vanta una strepitosa collezione della storia di Napoli), Raffaele Reale e Armando Jossa. La Casa Museo raccoglie l’elegante biancheria di lino con le iniziali di Caruso, uno dei suoi bastoni da passeggio, locandine, programmi di sala e cimeli vari.
Memus
Inaugurato il primo ottobre 2011, “Memus” è il Museo e Archivio Storico del San Carlo. Non pensato come un tradizionale museo, il nuovo spazio del Lirico napoletano ospitato nei locali di Palazzo Reale, si presenta come un vero e proprio centro polifunzionale. Dotato delle più moderne tecnologie, racchiude un’ampia area espositiva di 300 mq, una galleria virtuale in 3D, una sala per eventi di almeno 50 posti, un bookshop, dove è possibile acquistare prodotti realizzati ad hoc dalla sartoria del Teatro e un centro documentazione sulla prestigiosa storia del San Carlo, corredata da documenti e testimonianze multimediali consultabili tramite iPad e condivisibili in rete attraverso e-mail e social network.
è possibile visitare il Memus nei seguenti giorni: Lunedì, Martedì, Giovedì, Venerdì e Sabato dalle ore 10.00 alle ore 17.30
Domenica dalle ore 10.00 alle ore 14.30.
Memus
Teatro San Carlo
Palazzo Reale
Napoli Piazza del Plebiscito
www.memus.org/
081 797 2449
memus@teatrosancarlo.it